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Frasi e citazioni di Philippe Daverio

Selezione di frasi e citazioni di Philippe Daverio (Mulhouse, 1949 - Milano, 2020), storico e critico d'arte francese con cittadinanza italiana. Oltre a essere stato professore ordinario alla facoltà di Architettura dell’Università di Palermo, Philippe Daverio ha insegnato alla facoltà di Design del Politecnico di Milano ed è stato direttore della nota rivista Art e Dossier. Così Philippe Daverio ha descritto, in poche parole, la vita e la morte:
"La vita è come un quadro, pieno di pennellate che vanno nel verso giusto, ma ce n'è sempre una che, nonostante l'attenzione del pittore, esce dai confini, macchia il pavimento: ecco, quella è la morte, ineluttabile, fatale, uno strascico blu nell'infinito magniloquente e fantasmagorico, un'esplosione oltre la cornice che tutti vivremo (o moriremo), polvere barbaramente bistrattata quantunque paventasse un volo pindarico".
Foto di Philippe Daverio
Non è la bellezza che salverà il mondo, o salverà noi: è proprio l’opposto.
Il nostro compito è tentare di salvare la bellezza. (Philippe Daverio)

Il museo immaginato
© Rizzoli, 2011

Pochi spettacoli generano un senso di disagio umano maggiore di quelli che si ripetono quotidianamente nei musei. Intere truppe di esseri umani vengono spinte da un mito ignoto a percorrerne le sale a velocità da maratoneta per vedere da lontano opere celate dagli altri visitatori che si trovano davanti a loro. Lo potete vedere al Louvre come agli Uffizi.

C’è un modo per uscire dal consumismo dell’arte visiva. Ridare tempo al tempo. Andare nel museo e guardare un quadro solo. Non è facile, è veramente roba da iniziati. 

Il secolo lungo della modernità
Il museo immaginato © Rizzoli, 2012

A che cosa serve la pittura? Ai commercianti d’arte serve innegabilmente a campare. Ai molti musei d’oggi serve ad avere materiali alle pareti in modo da giustificare il coffee shop e il bookshop, quindi gli stipendi degli addetti. A tanti collezionisti serve a stimolare la vanità e ad appagare il complesso di Alì Babà offrendo loro la più cara delle merci raccoglibili.

L'arte di guardare l'arte
© Giunti, 2012 - Selezione Aforismario

La curiosità sarà anche un difetto e l’ozio un vizio, ma i due elementi, combinati insieme, sono un utile strumento di sopravvivenza. Per guardare le opere d’arte.

La critica nasce dal distinguere, dal giudicare dopo avere distinto. E dal verbo krino nasce anche il crinale, la linea alta del monte che ha due lati discendenti diversi, inesorabilmente condannati ad allontanarsi l’uno dall’altro. I criteri sono gli strumenti del sapere che consentono la distinzione, quindi il giudizio e infine il pensiero critico.

La metodologia della critica è la medesima di quella del pettegolezzo. Stesso percorso: criterio-giudizio-pensiero. Stessa necessità di non lasciare correre la questione solo nella propria testa, ma di guardare fuori dalla finestra, con curiosità e ozio ovviamente.

Il mondo delle arti è intimamente ambiguo. Anzi solo ciò che è ambiguo può essere considerato arte.

Il mondo delle arti consente letture in direzioni diverse: è quindi etimologicamente ambiguo (va per ambo i lati del crinale) e triviale (porta a tre vie almeno).

L’opera d’arte può generare stimoli stilistici, può suscitare voglie interpretative, può segnare la strada evolutiva delle tecniche della percezione e della restituzione di questa percezione, può limitarsi all’evoluzione delle pratiche materiali della sua realizzazione, oppure può riassumere tutte le contraddizioni o tutte le combinazioni di questi vari percorsi per diventare il più attraente campo d’indagine per chi abbia interesse nei suoi simili, gli altri uomini, o addirittura la specie che governa il nostro permanere sulla terra.

Che c’è di più bello che l’interessarsi agli esseri umani? 

Per quanto da oltre cinquant’anni la maggioranza degli italiani si stia con determinazione quotidiana impegnando a cancellare le tracce del suo glorioso passato, una piccola e talvolta casualmente aggregata minoranza di persone di buona volontà si oppone al destino tracciato. Si tratta di parecchi eroi sottopagati nelle soprintendenze.

Gli imperi non muoiono, e certamente non evaporano. Gli imperi implodono. Troppa è la forza di tenuta richiesta per farli vivere nella loro forma poliedrica per ipotizzare un banale crollo. Quando questa forza viene a mancare, gli imperi non crollano su loro stessi, collassano verso il loro centro facendo di questo centro un luogo di eterne nostalgie.

Gli imperi vivono decadimenti che assomigliano al calar del vento prima dello scoppio del temporale e assumono quindi l’eleganza crepuscolare breve della decadenza.

Guardar lontano veder vicino
Esercizi di curiosità e storie dell'arte © Rizzoli, 2013

L’arte non vuole razionale deduzione ma mutazione degli intuiti.

Credo che le opere che il passato ci tramanda richiedano sempre una sommatoria di punti di vista per evitare di vederle solo nella lontananza di un cannocchiale rovesciato. 

Il gioco della pittura
Storie, intrecci, invenzioni © Rizzoli, 2015

In fondo molto spesso i dipinti sono romanzi concentrati in una sola scena, ma richiedono, proprio come i romanzi, una lettura attenta e appassionata.

Ogni quadro guardato a lungo apre la strada a narrazioni complesse e infinite.

Il dipinto è cosa vera che esce dalla psiche e dall’abilità tecnica e poetica dell’artista e che offre a chi lo guarda un triplice percorso visivo. Il primo è quello che entra nell’opera e tenta di capirla, di decifrarla e, perché no, di gustarla. Il secondo è riflessivo nel senso ottico della parola, in quanto funziona come uno specchio: noi vediamo nella superficie dipinta una parte della nostra densità mentale, della nostra identità esistenziale e culturale, e finanche dei nostri sentimenti. Il terzo è trasversale e pone l’opera in connessione con altre creazioni del medesimo autore o con medesimi lavori di altri autori, vicini nel tempo e talvolta invece lontani.

La pittura, come la musica, non richiede traduzioni ma conoscenza delle tradizioni. La musica esige però d’essere suonata e quindi interpretata. La pittura è.

Che cos’è la bellezza
Una lezione di storia dell’arte © Solferino, 2022 - Selezione Aforismario

È molto difficile parlare di bellezza. È un concetto troppo denso, dai significati troppo divergenti.

La parola «arte» non esiste in greco, il concetto unico usato dai greci era la techne, che non è la tecnica ma è la capacità di capire come si fa a fare una cosa in modo che sia agathòs, cioè renderla utilizzabile, utile. Agathòs è buono in quanto serve al suo scopo nella maniera migliore, come il soldato valoroso in battaglia. In italiano ancora oggi noi diciamo «un bel piatto di spaghetti», per intendere non che è bello ma che è buono, che è la migliore espressione della ricetta. Gli italiani sono i filosofi più attenti del mondo, ma ne sono inconsapevoli.

Nell’immagine della bellezza femminile si registra una notevole fluttuazione. Di volta in volta gli uomini trovavano bella prima la magra, poi la cicciona, in seguito la cellulitica e poi l’emaciata. Non è diverso nella nostra epoca. 

Mentre sul bello si fatica a trovare un parametro congiunto, sul brutto sembra essere meno problematico trovare un terreno comune.

Noi non abbiamo natura in Italia, tutta la nostra natura è lavorata. A mio parere questo è anche il bello dell’Italia, perché non sono poi così convinto che la natura selvaggia sia bella, piena di formiche, di piante velenose, di animalacci, in ogni caso possiamo dire che la nostra campagna è una non-natura.

Non è la bellezza che salverà il mondo, o salverà noi: è proprio l’opposto. Il nostro compito è tentare di salvare la bellezza. 

Le società vivono quando un’élite consapevole, quasi inevitabilmente di persone più ricche, riesce a influenzare l’opinione degli altri. Perché se non c’è qualcuno che influenza gli altri, tutto si fa più difficile. La democrazia basata solo sull’alzata di mano della maggioranza porta, si sa, a catastrofi terribili.

Note
Leggi anche le citazioni dei critici d'arte italiani: Gillo DorflesVittorio Sgarbi - Federico Zeri

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