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Aforismi e pensieri di Francesco Algarotti

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Francesco Algarotti (Venezia 1712 - Pisa 1765), scrittore, saggista e aforista italiano. Le seguenti riflessioni di Francesco Algarotti sono tratte da Pensieri diversi, pubblicato postumo nel 1765.
Ritratto di Francesco Algarotti
Buona parte della felicità nostra sta nella distrazione da noi medesimi.
(Francesco Algarotti)

Pensieri diversi
Sopra materie filosofiche e filologiche, 1765 (postumo) - Selezione Aforismario

Alcuni credono, che i Francesi siano quelli che corrotto abbiano in Italia il gusto delle buone arti; quasi che gl'Italiani non avessero tanto ingegno essi medesimi da corromperle.

Avviene assai volte, che moltiplicando i mezzi per arrivare ad un medesimo fine ci si arrivi più difficilmente.

Buona parte della felicità nostra sta nella distrazione da noi medesimi.

Chi non sa viver solo morirà in compagnia.

Col proprio naturale convien fare come col cavallo che hai sotto, dare e togliere, secondarlo e correggerlo.

Coloro che nulla vogliono mai dire di semplice, il cui stile è sempre ricercato e pieno di adornamenti, fanno come quell'Aristosseno di Cirene, il quale annaffiava la lattuga non con acqua, ma con vino o con mele.

È stato detto, che il più pazzo popolo del mondo sarebbe un popolo di savi, come il più cattivo esercito sarebbe un esercito di capitani.

Gli epigrammisti in poesia sono come i fioristi in pittura.

Gli uomini mediocri fanno ragione del merito delle persone dalle pulitezze che ne ricevono: gli uomini superiori dovrebbero far ragione del proprio merito dalle impulitezze, che non sono altro che la misura dell'altrui invidia.

I filosofi non sono meno fastidiosi, e niente meno da temere dei gelosi; con quel loro volere guardare le cose tanto per sottile, gli uni cercano di distruggere la virtù, e gli altri la bellezza.

I più strepitosi avvenimenti della storia, che si credono prodotti da cagioni peregrine grandissime, hanno il più sovente origine in cose ordinarie e piccole; se per cose ordinarie e piccole si vogliano intendere le generali passioni dell'uomo, che pur entrano negli affari dei principi come di ogni altra persona

Il cuore dell'uomo non è capace che di una certa quantità di piaceri; lo spirito di una certa quantità di cognizioni, e non più: come l'acqua, che non può disciogliere che una. certa dose di sale.

Il gusto non si potrebbe egli definire il risultato della dottrina delle proporzioni nella geometria dello spirito?

Il mondo è una scena che i filosofi ne fanno vedere di giorno, e si suol vederla illuminata di notte.

Il solo frutto che gli uomini cavano dalla ignoranza è che possono essere superbi.

In ogni tempo amò l'uomo le citazioni anche le più inutili, come se assai più che dello ingegno si pregiasse della memoria.

La critica è venefica e benefica.

La donna non pone tanto studio nel vestirsi se non perché l'uomo viemeglio desideri di vederla spogliata.

La eloquenza sta principalmente nella proprietà e collocazione delle parole; è contenta di certa naturale bellezza; non va dietro alle strane figure e ai troppo ricercati ornamenti.

La facilità grandissima che hanno gl'Italiani ad apprender la lingua spagnuola è cagione che non la sanno.

La falsa letteratura è peggiore assai dell'ignoranza. Meglio è non si muover di luogo che far cammino e aver smarrito la via.

La gelosia ha da entrar nell'amore, come nelle vivande la noce moscata. Ci ha da essere, ma non si ha da sentire.

La ignoranza dell'uno è la misura della scienza dell'altro.

Le donne settentrionali sono come le loro aurore boreali: risplendono, e non riscaldano.

Lo imperio dell'ingegno è sottoposto più che qualunque altro a sedizione a partito a guerra e a divisioni; né ci è mappa, dova si trovi la capitale della repubblica delle lettere.

Lo stile più semplice, e che conviene più comunemente usare, è di tutti il più difficile; come tra tutte le biade la più delicata è quella, che richiede dall'uomo il più di fatica e di studio.

L'uomo non pensa mai all'avvenire, se non quando gli dà noia il presente.

Molti vanno a Parigi e pochi ci sono stati.

Non ci è cosa assurda, che positivamente asserita da qualcuno, che fatto abbiasi un qualche concetto, non se la beva il popolo: e tra il popolo conviene anche riporre una gran parte del senato.

Perché una pianta venga a bene, giova assai più sbriciolare il terreno che le è dattorno, ond'essa possa stendere le barbe, e ire a cercarsi il succo che la nutrisce, che non giova letaminare esso terreno e ingrassamelo. Nello stesso modo, perché l'ingegno dell'uomo faccia la miglior prova, piuttosto che aggiungergli forza e dargli aiuti, giova torgli dattorno quegli impedimenti che nel dispiegarsi potrebbe incontrar per via.

Quel denaro che da noi si spende in tabacchiere e in astucci gli antichi lo spendevano in busti e statue; e dove per una vittoria si fa ora giuocare un fuoco di artifizio, essi muravano un arco di trionfo.

Quanti uomini non si hanno in pregio, quante donne non si dicon belle, per quello che non è loro?

Sfogliato un albero, se non muore, intisichisce ed ammala. Gli ornamenti nel discorso hanno da essere come nell'albero le foglie.

Togli via gli accompagnamenti dalle ariette di musica; e vedrai quello che sono.

Sotto alle più belle azioni ci è la vanità, come sotto a' più bei ricami ci è lo spago.

Un uomo ricco e superbo sicuramente è uno sciocco; un uomo superbo e povero d'ordinario è un uomo di spirito.

Libro di Algarotti consigliato
Libro di Francesco Algarotti
Pensieri diversi
Sopra materie filosofiche e filologiche
Editore: Franco Angeli, 1986

Pubblicati postumi nel 1765, i "Pensieri diversi" furono molto probabilmente l'ultima opera di Francesco Algarotti, morto a Pisa, poco più che cinquantenne, nel 1764. Il libro, al cui allestimento lo scrittore pensava già intorno alla metà degli anni '40, costituisce uno dei nodi, in parte misconosciuto, della cultura illuministica italiana ed europea. L'opera è composta di 383 "pensieri" alcuni della misura di una sola frase, altri di più ampio respiro, che vertono su aspetti e problemi dell'arte, della letteratura, della scienza, della politica, dell'economia e del costume settecenteschi. Nella scrittura rapida e frizzante, erudita e ironica, si avverte la presenza di vaste e aggiornate letture e il riflesso delle molteplici conversazioni avute dall'Algarotti nelle accademie, nei salotti e nelle corti del Settecento colto e illuminato, di cui il letterato e viaggiatore veneziano fu, almeno per due decenni, uno degli interpreti più rappresentativi.

Note
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