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Aforismi, frasi e pensieri di Alberto Asor Rosa

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Alberto Asor Rosa (Roma 1933-2022), scrittore e critico letterario italiano. La maggior parte delle seguenti riflessioni di Alberto Asor Rosa sono tratte dai libri: L'ultimo paradosso (1985), Fuori dall'Occidente (1992), Letteratura Italiana (1982-2000), L'alba di un mondo nuovo (2002).
Il potere si assuefà alla propria voce. Quando l'assuefazione
è completa, la scambia per la voce di Dio. (Alberto Asor Rosa)
L'ultimo paradosso
© Einaudi 1985 - Selezione Aforismario

Chi non ha mestiere non è nessuno, ma se si è solo mestiere, si è nessuno lo stesso. Cambiare mestiere è necessario almeno una volta nella vita. 

È quasi più difficile essere un vecchio dignitoso che un giovane di buon senso. 

La famiglia è una caduta a grappolo verso la morte: invece di precipitare da soli, si precipita in compagnia, stringendosi reciprocamente le mani − per consolazione. 

Le carte ci hanno insegnato che non si gioca per divertirsi ma per vincere. 

Ogni grande libro è stato scritto dall'autore per se stesso. 

La forza del grande giocatore consiste nella capacità di rimettere in gioco ogni volta tutto.

Il potere si assuefà alla propria voce. Quando l'assuefazione è completa, la scambia per la voce di Dio.

L'uomo vecchio ha solo convinzioni (possibile variante: L'uomo è vecchio quando ha solo convinzioni). 

Mi preme soltanto rammentare che l'ipocrisia dei governanti non ha basi oggettive e che quando essi difendono le loro buone ragioni, in realtà difendono in primo luogo se stessi, cioè il loro potere.

Non c'è mai una sola strada per arrivare nel medesimo luogo.

Non è facile essere normali.

Le tecnologie hanno allungato i tempi della vita e ne hanno accorciato la durata. Al dunque, si vive meno oggi che in passato.

Una grandissima parte dell'uomo non può essere detta. La poesia cerca di dire quello che non si può dire. È una scommessa rischiosa, che nessun sistema dell'informazione potrebbe accettare: se lo facesse, verrebbe subito messo in liquidazione. Così, la poesia è mettere in parole quello che, a rigore, non può essere messo in parole, quello che non ha nemmeno «forma di parole».

Fuori dall'Occidente
© Einaudi, 1992

Non importa ciò per cui si combatte, ma se si vince o si perde. Questo è veramente un principio imperiale.

Se un soldato non può che vincere, non è un buon soldato, è un buon macellaio.

Tra il conoscere e l'essere persuasi prevarrà sempre, nella generalità delle persone, la seconda tendenza.

Letteratura Italiana 
© Einaudi 1982-2000

I grandi classici, sono sempre degli scrittori "radicali", nel senso più proprio del termine, in quanto, appunto, "vanno alla radice delle cose", esplorano, sommuovono le profondità dell'essere, come un aratro che rovescia le zolle e ne mostra il lato a lungo nascosto. 

In ogni grande classico l'elemento barbarico, primitivo, è almeno altrettanto forte di quello che esprime la civiltà e la cultura. Dioniso sta dietro ad Apollo.

Grande classico è l'artista che, per costruire un ordine, deve necessariamente spazzarne via molti altri. Di conseguenza, ciò che lui fa è talmente specifico e peculiare da non poter essere mai veramente ripetuto.

Solo gli scrittori mediocri sono tranquillizzanti.

Io penso che la nozione di classico – ordine, regolarità, imitabilità – sia stata "inventata" allo scopo di tranquillizzare i lettori, perché in realtà le grandi opere, se lette con abbandono, incutono timore, suscitano paura, e perciò gli uomini o allontanano da loro lo sguardo oppure trovano il modo di sistemarle dentro nicchie rassicuranti. 

L'alba di un mondo nuovo
© Einaudi 2002

La memoria è la facoltà piú singolare della mente umana. «Capire» e «fare» («intelligenza» e «azione»), per quanto complicati da difficoltà d’ogni genere, sono contraddistinti da uno svolgimento sostanzialmente lineare e da una quasi totale subalternità al compito o all'obbiettivo che ognuno dei due, di volta in volta, si propone di assolvere o di raggiungere. Ma la memoria è molto meno prevedibile e molto meno motivata da una necessità di tipo razionale. Non si ricorda solo in funzione di qualcosa: assai spesso si ricorda solo per ricordare; e si ricorda non solo quello che si vuole ricordare, ma anche ciò che non si avrebbe nessuna intenzione di ricordare, anche ciò, persino, che non si prevedeva di poter ricordare, perché fino a un momento prima non lo si ricordava affatto, anzi, era, nel senso letterale del termine, scomparso del tutto nell'abisso della memoria e dunque non se ne poteva neanche sospettare l’esistenza, anzi la preesistenza e la persistenza.

Mentre «capire» e «fare» dipendono dall'uomo, l’uomo dipende dalla memoria, la quale non ci sarebbe, ovviamente, se lui non ci fosse, ma, una volta che lui c’è, si governa da sé, va dove vuole, e quasi sempre senza che si riesca a capire perché.

La memoria è una produzione di immagini e di storie, attraverso le quali l’uomo non fa che costruire, decostruire e ricostruire se stesso.

La memoria non è un contenitore rigido, non è un classificatore, con tutte le sue caselle disposte secondo un certo ordine una volta per sempre, non è una forma della conoscenza regolata da procedure scientifiche, esatte: è un campo mobile di tensioni, modificato in ogni suo singolo punto dal suo stesso autoriprodursi complessivo.

Storie di animali e altri viventi
© Einaudi 2005

Il meglio e il peggio della vita vengono sempre da dentro, chi vi racconta il contrario non sa di che parla.

Articoli
Una lingua è uno strumento d'informazione, - serve a sapere quanto più si può; ma è anche uno strumento di comunicazione, - serve a trasmettere quanto più si può. Ma è anche uno strumento identitario, anzi lo strumento identitario più possente che esista. Ossia: uno è la lingua che parla. Se non la parla, non la legge e non la scrive più, l'identità va a farsi benedire.

Note
Vedi anche frasi e citazioni di: Alberto Arbasino - Piergiorgio BellocchioEugenio Scalfari