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Frasi e citazioni di Diego Fusaro

Selezione di frasi e citazioni di Diego Fusaro (Torino 1983), filosofo e saggista italiano. Nel 2005, Diego Fusaro si laurea in Filosofia della storia, e nel 2007 in filosofia e storia delle idee, presso l'Università degli Studi di Torino. Oggi, Diego Fusaro insegna filosofia all'Università San Raffaele di Milano e allo IASSP (Istituto Alti Studi Strategici e Politici) della stessa città, e collabora con i quotidiani La Stampa e Il Fatto quotidiano. 

Al grande pubblico, Diego Fusaro è noto soprattutto per la partecipazione come commentatore a vari programmi televisivi, in cui si fa notare non soltanto per le posizioni critiche nei confronti dell'assetto politico ed economico della società attuale (e in particolar modo della società capitalistica occidentale), ma anche per il linguaggio aulico e ricco di riferimenti filosofici e culturali con il quale esprime le proprie idee.

Tra i libri di Fusaro, cui sono tratte le citazioni seguenti, ricordiamo: Bentornato Marx! Rinascita di un pensiero rivoluzionario (Bompiani 2009); Essere senza tempo. Accelerazione della storia e della vita (Bompiani, 2010); Minima mercatalia. Filosofia e capitalismo (Bompiani, 2012); Antonio Gramsci. La passione di essere nel mondo (Feltrinelli 2015); Pensare altrimenti. Filosofia del dissenso (Einaudi, 2017); Golpe globale. Capitalismo terapeutico e Grande Reset (Rizzoli, 2021).
Il solo futuro che il nostro mondo sembra potersi permettere è quello
misurato tramite gli indici di incremento positivi della produzione,
dell’economia e del PIL globale. (Diego Fusaro)
Bentornato Marx!
Rinascita di un pensiero rivoluzionario © Bompiani, 2009

Uno spettro si aggira per il mondo: lo spettro di Karl Marx. 

Non è possibile tornare a Marx, proprio perché non esiste alcun «vero Marx», unitario e coerente: tuttavia si può, e forse si deve, ripartire da lui.

Il pensiero di Marx continua a rappresentare la più seducente promessa di felicità di cui la modernità sia stata capace, non cessando di rivelare la sua natura di impareggiabile «segnalatore» delle contraddizioni in cui è sospeso il nostro mondo.

Essere senza tempo
Accelerazione della storia e della vita © Bompiani, 2010

Internet ha definitivamente rimosso le forme residue di «tempi morti», rendendo possibili attività in real time che azzerano ogni possibile pianificazione e, insieme, ogni possibile progettualità rivolta al futuro. Quest'ultimo infatti sopraggiunge sempre troppo in fretta per poter essere programmato.

Minima mercatalia
Filosofia e capitalismo © Bompiani, 2012

Il capitale satura capillarmente ogni cellula dell’esistenza, della produzione e dell’immaginario, rendendo impossibile, su larga scala, la coscienza delle contraddizioni da esso ininterrottamente prodotte e la progettazione di un mondo diverso e migliore.

Nel momento in cui la sinistra smette di interessarsi a Marx, occorre smettere di interessarsi alla sinistra: il paradosso sta nel fatto che essa, che è il problema, continui ad autointerpretarsi come la soluzione.

Il solo futuro che il nostro mondo sembra potersi permettere è quello misurato tramite gli indici di incremento positivi della produzione, dell’economia e del PIL globale.

Il Futuro è nostro
Filosofia dell'azione © Bompiani, 2014

L’odierno mondo capillarmente pervaso dalla forma merce non pretende di essere perfetto. Semplicemente nega l’esistenza di alternative, convincendo le menti non delle proprie qualità, ma del proprio carattere fatale, intrascendibile e destinale.

La polverizzazione individualistica della società trasforma i cittadini associati in consumatori individualizzati e uniti solo dal credo consumistico.

L’uguaglianza dell’omologazione forzata e la disuguaglianza causata dalla sempre più iniqua distribuzione dei beni coesistono dialetticamente nel paesaggio reificato della contemporaneità.

A differenza delle tradizionali formazioni comunitarie, il mercato che oggi ha occupato il posto vacante di Dio non favorisce il costituirsi di identità stabili e di un io forte. Deve anzi destrutturarli, in modo che l’io sia di volta in volta plasmato dalle correnti e dalle offerte del mercato stesso.

Anziché coalizzarsi per rovesciare il potere che determina la loro miseria, gli uomini in balia del capitalismo speculativo si contrappongono gli uni agli altri in forme conflittuali per salvarsi individualmente e, per questa via, assecondano il regime che li rende tutti ugualmente prigionieri.

Pensare altrimenti
Filosofia del dissenso © Einaudi, 2017 - Selezione Aforismario

La storia dell’umanità è storia di dissensi. Da sempre, sia pure in forme, con esiti e presupposti reciprocamente irriducibili, gli uomini si rivoltano.

Non vi sarà mai un dominio a tal punto pervasivo e capillare da estirpare in forma definitiva la capacità dell’uomo di resistere e di opporsi, di protestare e di ribellarsi.

A differenza del consenso, che può essere passivo e strutturarsi nella forma dell’inerte accettazione, ricevendo piú propriamente il nome di assenso, il dissenso si dà solo come attivo e affermativo. Ed è quanto piú manca nel nostro tempo del consenso di massa e dell’omologazione generalizzata, ove tutti pensano e sentono il medesimo.

Il vero dissenziente, oggi, pare poter essere identificato in chi è eretico e non allineato rispetto al monoteismo idolatrico del mercato, al fanatismo economico-finanziario: e, dunque, a quella sacra teologia che, con i suoi dogmi imperscrutabili («ce lo chiede il mercato»), ci rende tutti adepti di un culto intimamente irrazionale, con la sua trinità composta dalla crescita fine a se stessa, dal nichilismo classista del profitto e dalla mercificazione integrale a detrimento della vita umana e del pianeta.

Si potrebbe definire, in termini ideal-tipici, la democrazia come il governo che non solo accetta e non reprime il dissenso, ma che trova in esso la sua forza e non la sua debolezza.

Il dissenso risulta coessenziale a una vera comunità fondata sull'orizzontalità dei rapporti democratici tra individui liberi, eguali e solidali.

Nel quadro dell’odierna civiltà della tecnica, in cui le masse sono sempre piú palesemente ridotte a cassa di risonanza dell’ideologia e usate per costruire un consenso passivo, la capacità di dissentire è fisiologicamente indebolita.

Tutti sentono, pensano e vogliono lo stesso: l’umanità è frazionata in una molteplicità caleidoscopica di atomi seriali, qualitativamente uguali e interscambiabili, senza identità e senza personalità, e, insieme, sempre piú differenti tra loro per il diverso «valore di scambio» del quale dispongono.

Schiavi che non sanno di esserlo, ignari cultori del rito del consumo e della mercificazione dei corpi e delle anime su cui esso si regge, sono dominati sia materialmente, sia simbolicamente.

L’uomo senza identità diventa il nuovo profilo antropologico egemonico, coerente con la norma della valorizzazione illimitata, del consumismo assoluto e dell’omologazione planetaria.

Non vi è piú bisogno, per il potere, di punire e perseguitare i dissenzienti quando l’umanità intera è ridotta a gregge amorfo di atomi senza qualità e senza spessore culturale, incapaci di pensare diversamente e, dunque, di dissentire in forme che non siano quelle preordinate dal potere stesso.

L’apparente trionfo della libera individualità e della «personalizzazione» (dal personal computer al personal trainer, dal personal shopper al personal life coach) coesiste con il costituirsi dell’inedito eremitismo di massa della folla solitaria.

Dissentire, nel tempo della tirannia dell’idem sentire planetario e della sincronizzazione globale delle coscienze, significa rovesciare il consenso universale di massa, mostrandone la falsità e compiendo una secessione anzitutto individuale a partire dalla propria «coscienza infelice», di modo che poi l’opposizione possa strutturarsi nelle forme corali dell’agire politico.

Golpe globale
Capitalismo terapeutico e Grande Reset © Rizzoli, 2021 - Selezione Aforismario

Al soggetto non è oggi autoritariamente imposto di agire in un determinato modo. Semplicemente, le leggi dell’economia lo pongono nella condizione di non poter fare altrimenti.

Quanto più è grave la crisi, tanto più si fa inaggirabile quel decisionismo politico che non può permettersi inutili perdite di tempo, sterili polemiche partitiche, lungaggini parlamentari e discussioni democratiche che vaglino le differenti soluzioni possibili.

Come la crisi terroristica, anche l’emergenza epidemica, quale che sia la sua reale origine, permette al blocco oligarchico neoliberale di vincere tre volte. L’emergenza, infatti: a) sospende la normale vita democratico-parlamentare; b) limita le libertà e i diritti, riorganizzando il modo di governare cose e persone; c) permette ai gruppi dominanti di imporre d’imperio le proprie scelte di classe, presentate ideologicamente come super partes, come la sola via possibile per sopravvivere all’emergenza potenzialmente mortifera.

L’inaccettabile viene accettato, se ad esso è connessa l’idea di una salvezza della vita che null’altro, se non l’inaccettabile stesso, potrebbe garantire.

La condizione nella quale tutti – omnes et singulatim – si trovano a vivere nello stato di natura pandemico è, in effetti, quella descritta da Hobbes: un cielo nuvoloso da cui potrebbe in ogni momento scoppiare un temporale (un “focolaio”). Il solo modo per salvarsi è, appunto, una limitazione generale della libertà.

Per garantire la securitas della mera vita, minacciata dallo stato di natura pandemico, tutti – in quanto potenziali assassini e potenziali assassinati – rinunziano a quote sempre crescenti di libertà, sottomettendosi al potere disciplinare e di controllo del Leviatano sanitario.

Note
Vedi anche frasi e citazioni dei filosofi italiani: Giorgio Agamben - Leonardo CaffoEmanuele Severino

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