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Frasi e citazioni di Massimo Recalcati

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Massimo Recalcati (Milano 1959), psicoanalista, saggista e accademico italiano. La maggior parte delle seguenti riflessioni di Massimo Recalcati sono tratte dai libri: Il complesso di Telemaco (2013), L'ora di lezione (2014), Non è più come prima (2014), Le mani della madre (2015), Il segreto del figlio (2017).
I genitori sono più preoccupati di farsi amare dai loro figli che di educarli.
Più ansiosi di proteggerli dai fallimenti che di sopportarne il conflitto.
(Massimo Recalcati)
Il complesso di Telemaco
Genitori e figli dopo il tramonto del padre © Feltrinelli, 2013 - Selezione Aforismario

Ciascun genitore è chiamato a educare i suoi figli solo a partire dalla propria insufficienza, esponendosi al rischio dell’errore e del fallimento. Per questa ragione i migliori non sono quelli che si offrono ai loro figli come esemplari, ma come consapevoli del carattere impossibile del loro mestiere.

Cos'è fede? È il dono più profondo della genitorialità. È credere senza riserve e senza interesse nel desiderio dei propri figli. Avere fede nei figli è sostenere la potenza generativa del desiderio dell’Altro. È credere con fiducia nelle visioni, nei progetti, nella forza dei propri figli.

Emanciparsi davvero dal padre non significa rigettarne l'esistenza. Per fare a meno del padre [...] bisogna sapersene servire. Il rifiuto del padre in quanto tale incatena per sempre al padre; l'odio non libera, ma vincola per l'eternità, genera solo mostri, ostruisce il dispiegamento della vita.

I genitori peggiori – quelli che fanno più danni ai loro figli – non sono solo quelli che abbandonano le loro responsabilità evadendo il compito educativo che spetta loro, ma anche quelli che misconoscono la loro insufficienza, quelli che anziché sottomettersi alla Legge della parola – come chiedono ai loro figli di fare – pensano presuntuosamente di incarnarla. Sono i genitori educatori, quelli che usano il loro sapere come fosse un potere e viceversa.

I genitori sembrano essersi smarriti nello stesso mare dove ogni giorno si perdono i loro figli. In primo piano non è più la differenza generazionale ma la confusione tra le generazioni.

Il nostro tempo è il tempo della crisi simbolica della funzione dell’autorità genitoriale. Questo non vuol dire solo che i padri e i genitori sono in crisi, ma che la Legge della parola sembra aver smarrito il suo fondamento simbolico.

La retorica del divenire genitori di se stessi di cui il nostro tempo è uno sponsor allucinato trascura che nessuna vita umana si costituisce da sé.

Non va dimenticato che ogni azione educativa – anche quella più giusta e amorevole – non può mai pretendere di salvare la vita dei propri figli dall'incontro con il reale senza senso dell'esistenza, dalla sua contingenza illimitata, dalla sua ingovernabilità assoluta. Cosa vuol dire? Vuol dire che possiamo arare il campo, gettarvi la semente più buona, riparare i primi germogli dalle asperità del tempo cattivo, curarne le malattie, non fare mancare il giusto apporto di luce e acqua, ma tutto questo, e altro ancora che potremmo fare, non potrà mai assicurarci la qualità del risultato che otterremo. Possiamo contribuire a preparare un campo fertile, ma nulla ci garantirà dell'effettiva realizzazione di questa fertilità. La vita è esposta senza protezione al rischio irreparabile della contingenza. 

Se il compito di un genitore è quello di escludere dall'esperienza dei propri figli l’incontro con l’ostacolo, con l’inassimilabile, con l’ingiustizia, se la sua preoccupazione è relativa a come spianare il terreno da ogni sporgenza per evitare l’incontro col reale, l’adulto finisce per allevare un figlio-Narciso che resterà imprigionato in una versione solo speculare del mondo.

Se il luogo dell’adulto resta vuoto, disertato, ripudiato, sarà difficile per le nuove generazioni sentirsi riconosciute, sarà difficile potersi sentire davvero figli. Figli di chi? Di quale genitore, di quale adulto? Di quale testimonianza di vita?

L'ora di lezione
Per un'erotica dell'insegnamento © Einaudi, 2014 - Selezione Aforismario

Di fronte alla liquefazione della Scuola c’è qualcosa che resiste: sono gli insegnanti.

È quello che più conta nella formazione di un bambino o di un giovane. Non il contenuto del sapere, ma la trasmissione dell’amore per il sapere.

Gli insegnanti che non abbiamo dimenticato e di cui ricordiamo bene i nomi, i volti, il timbro della voce, la figura, coi quali abbiamo una relazione di debito e di riconoscenza, sono quelli che ci hanno insegnato innanzitutto che non si può sapere senza amore per il sapere, che il sapere raggiunto senza desiderio è sapere morto, sapere separato dalla verità, sapere falso.

I veri insegnanti non sono quelli che ci hanno riempito la testa con un sapere già costituito, dunque già morto, ma quelli che vi hanno fatto dei buchi al fine di animare un nuovo desiderio di sapere. Sono quelli che hanno fatto nascere domande senza offrire risposte precostituite.

Il lavoro degli insegnanti è diventato un lavoro di frontiera: supplire a famiglie inesistenti o angosciate, rompere la tendenza all'isolamento e all'adattamento ebete e conformistico di molti giovani, contrastare il mondo morto degli oggetti gadget e il potere seduttivo della televisione e delle nuove tecnologie.

L’essenziale dell’insegnamento consiste nel mobilitare il desiderio di sapere, nel rendere corpo erotico l’oggetto teorico, si tratti di una poesia di Pascoli o della successione di Fibonacci.

La Scuola apre mondi. La sua funzione resta quella di aprire mondi. Non è solo il luogo istituzionale dove si ricicla il sapere dello Stesso, ma è anche potere dell'incontro che trasporta, muove, anima, risveglia il desiderio. 

Le parole sono vive, entrano nel corpo, bucano la pancia: possono essere pietre o bolle di sapone, foglie miracolose. Possono fare innamorare o ferire. Le parole non sono solo mezzi per comunicare, le parole non sono solo il veicolo dell'informazione, come la pedagogia cognitivizzata del nostro tempo vorrebbe farci credere, ma sono corpo, carne, vita, desiderio. Noi non usiamo semplicemente le parole, ma siamo fatti di parole, viviamo e respiriamo nelle parole.

Non sapremo mai abbastanza dare il giusto peso a come l’incontro con un insegnante possa davvero cambiare una vita.

Ricordiamo gli insegnanti che sono stati per noi degli inciampi, che ci hanno sottratti alle nostre abitudini mentali e ci hanno fatto pensare in modo nuovo.

Un insegnamento degno di questo nome non inquadra, non uniforma, non produce scolari, ma sa animare il desiderio di sapere.

La forza del desiderio
© Edizioni Qiqajon, 2014

Il desiderio è qualcosa di mio, di mio proprio, ma al tempo stesso è una forza che io non governo, che mi oltrepassa, è una trascendenza; abita me, ma è oltre me; abita me, abita il mio io, ma il mio io non è in grado di governare questa esperienza.

Il desiderio è una forza che ci attraversa, qualcosa che troviamo in tutti gli uomini di desiderio, per esempio quando parlano: quello che si vede quando parla un uomo di desiderio è che c’è una forza che lo attraversa, che è diversa, che non è la forza dell’io semplicemente, ma che è qualcosa di ulteriore rispetto all'io.

Noi non siamo proprietari del desiderio, non siamo i cavalieri del desiderio, siamo portati dal desiderio; non abbiamo la proprietà del desiderio, siamo posseduti dal desiderio

Non è più come prima
Elogio del perdono nella vita amorosa © Raffaello Cortina, 2014

L'amore della promessa non viene dal cielo, non è scritto nelle stelle, non è un destino. Potrà venire dal cielo, essere scritto nelle stelle, essere un destino solo retroattivamente, solo al futuro anteriore, se sarà stato, se si sarà rivelato come l'amore della promessa.

L'amore, anche quello più assoluto, è sempre esposto alla contingenza, altrettanto assoluta, dell'incontro.

L'incontro d'amore coincide con la nascita del mondo perché è un rapporto che fa esistere in modo nuovo il mondo.

Prima dell'incontro d'amore non esiste l'amore. E solo l'incontro che fa esistere l'amato e l'amante come avessero una seconda vita, o un'altra vita, rispetto a quella che precedeva l'evento dell'incontro.

Quello che amiamo nell'Altro non può essere mai ridotto a una qualità circoscritta del suo essere. Questa è una verità dell'amore: amiamo l'Altro non per qualcosa che possiede, ma per tutto il suo essere.

Le mani della madre
Desiderio, fantasmi ed eredità del materno © Feltrinelli, 2015 - Selezione Aforismario

Bisognerebbe sottrarre la maternità a ogni sua rappresentazione naturalistica: madre non è il nome della genitrice, ma, al di là della Natura, al di là del sesso e della stirpe, è il nome di quell'Altro che offre le proprie mani alla vita che viene al mondo, che risponde alla sua invocazione, che la sostiene con il proprio desiderio.

È il dono più grande che possano fare un padre e una madre: donare la libertà, saper lasciare andare i propri figli, sacrificare ogni proprietà su di loro. Nel tempo in cui la vita cresce e vuole essere libera al di là dei confini angusti della famiglia, il compito di una madre e di un padre è lasciar andare i propri figli, saperli perdere, riuscire ad abbandonarli.

La nascita di un figlio non è solo la venuta al mondo di qualcuno di cui attendevamo di vedere il volto, di qualcuno che attendevamo di accogliere fra le nostre braccia. Insieme alla vita del figlio viene nuovamente alla vita anche il mondo. L'attesa della madre apre alla possibilità della venuta alla luce di un altro mondo che trova la sua espressione incarnata nella vita nuova del figlio. In questo senso il dono della vita è un dono che fa ricominciare il mondo.

I tabù del mondo
© Einaudi, 2017

Il nostro tempo non sa né pensare, né vivere l’erotica del legame perché contrappone perversamente l’erotica al legame.

L’esperienza della fedeltà, vissuta non in opposizione alla libertà, ma come la sua massima realizzazione, offre alla vita possibilità di gioia e di apertura rare.

Il segreto del figlio
Da Edipo al figlio ritrovato © Feltrinelli, 2017 - Selezione Aforismario

La condizione del figlio coincide con quella dell’uomo: in una vita possiamo non diventare padri o madri, mariti o mogli, possiamo anche non avere sorelle o fratelli, ma nessun essere che abita il linguaggio, nessun essere umano, può non essere figlio.

La vita del figlio è vita propria, vita separata, distinta, dalla vita dell’Altro, ma è al tempo stesso vita che, non potendo mai scegliere la sua provenienza, porta con sé tutte le impronte dell’Altro che l’hanno prodotta.

Dipingere d'oro le fratture del vaso significa fare in modo che la memoria dell'offesa non sia semplicemente cancellata – dimenticata -, ma possa segnare un nuovo inizio [...] In gioco non c'è un semplice restauro – far esistere il vaso come era prima della sua rottura – ma una vera e propria conversione, l'apparizione di una nuova forma. La stessa in causa nel perdono: si tratta di trasformare le cicatrici in poesia. La cicatrice non è, infatti, solo la memoria di quanto già è avvenuto, ma diventa un nuovo possibile inizio, una nuova lingua, una lingua altra. Al centro del gesto del perdono è infatti la possibilità del ritrovamento come ricominciamento, ripartenza, resurrezione della vita che pareva morta.

L'amore non è empatico, non si fonda sulla comprensione reciproca, sulla condivisione, ma è rispetto per il segreto assoluto dell'Altro, della sua solitudine; l'amore si fonda sulla lontananza della differenza, sull'incondivisibile, sul reale inassimilabile del Due.

La pratica del colloquio clinico
Una prospettiva lacaniana © Raffaello Cortina, 2017

Il male peggiore o, se si preferisce, l’unica vera versione del male in psicoanalisi è la rinuncia al nostro desiderio. La sofferenza nevrotica è data dal fatto che il soggetto non si impegna a realizzare il proprio desiderio, ma quello degli altri, sacrificandosi al loro altare.

Articoli
Selezione Aforismario

Generare un figlio non significa già essere madri o padri. Ci vuole sempre un supplemento ultra- biologico, estraneo alla natura, un atto simbolico, una decisione, un'assunzione etica di responsabilità. Un padre e una madre biologica possono generare figli disinteressandosi completamente del loro destino. Meritano davvero di essere definiti padri e madri? E quanti genitori adottivi hanno invece realizzato pienamente il senso dell'essere padre e dell'essere madre pur non avendo alcuna relazione biologico-naturale coi loro figli?

I genitori sono più preoccupati di farsi amare dai loro figli che di educarli. Più ansiosi di proteggerli dai fallimenti che di sopportarne il conflitto, e dunque meno capaci di rappresentare ancora la differenza generazionale.

Libro di Massimo Recalcati consigliato
Il complesso di Telemaco
Genitori e figli dopo il tramonto del padre
Editore: Feltrinelli, 2013

Quello che qui nomino come “complesso di Telemaco” vuole essere un modo per accostare il nuovo disagio della giovinezza provando a dare una chiave di lettura inedita alla relazione tra genitori e figli in un tempo – quale è il nostro – in cui l’autorità simbolica del padre ha perso peso, si è eclissata, è irreversibilmente tramontata. La difficoltà dei padri a sostenere la propria funzione educativa e il conflitto tra le generazioni che ne deriva sono noti da tempo e non solo agli psicoanalisti. I padri latitano, si sono eclissati o sono divenuti compagni di giochi dei loro figli. Tuttavia, nuovi segnali, sempre più insistenti, giungono dalla società civile, dal mondo della politica e della cultura, a rilanciare una inedita e pressante domanda di padre.

Note
Vedi anche aforismi, frasi e citazioni di: Jacques Lacan - Paolo Crepet - Raffaele Morelli