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Frasi e citazioni di Gino Strada

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Gino Strada (Sesto San Giovanni 1948-2021), medico, attivista e filantropo italiano, fondatore, nel 1994, assieme alla moglie Teresa Sarti (1946-2009), dell'ONG italiana Emergency. Gli obiettivi di Emergency sono offrire cure mediche e chirurgiche gratuite alle vittime della guerra, delle mine antiuomo e della povertà; inoltre, promuovere attivamente i valori di pace, solidarietà e rispetto dei diritti umani.
Ha affermato Gino Strada: "Uno dei principi della nostra organizzazione, che spieghiamo al personale medico e paramedico disposto a partire con noi, è semplicissimo: 'Non si va nei paesi del cosiddetto 'Terzo mondo a portare una sanità da Terzo mondo. Un ospedale va bene quando tu saresti disposto, senza esitazione, a ricoverarci tuo figlio, tua madre, tua moglie'".
Le guerre appaiono inevitabili, lo appaiono sempre
quando per anni non si è fatto nulla per evitarle. (Gino Strada)
Pappagalli verdi
Cronache di un chirurgo di guerra © Feltrinelli, 1999 - Selezione Aforismario

“Chirurgo di guerra? E che vuol dire?” è la domanda inevitabile che mi viene fatta da molti. E allora comincio con lo spiegare che faccio sì il chirurgo, ma che non sono un militare, ché anzi li detesto, e che non sono neppure al loro servizio.

Il mio mestiere può sembrare insolito. Ma parlando di quel che succede in giro per il mondo, e che riempie comunque buona parte dei giornali e dei tiggì, si riesce il più delle volte a far capire che non è poi così strampalato, o quantomeno che serve a qualcosa, vista la quantità di guerre grandi e piccole che ogni anno funestano il pianeta, e la quantità di poveri disgraziati che ci vanno di mezzo.

Questo mestiere mi piace, anzi non riesco a immaginarne un altro che possa piacermi di più. Potrei perfino dire che mi diverte, se non rischiasse di suonare offensivo per tutti quegli sfortunati cui tocca di avere a che fare con il mio lavoro. Mi piace trovarmi spesso di fronte a nuove difficoltà, a problemi inaspettati, mi piace lavorare in condizioni e situazioni così diverse, spesso complesse e anche rischiose, ma sempre stimolanti.

La chirurgia di guerra non è terreno di avventura o improvvisazione Qui non basta la voglia, splendida e generosa, di essere utili, per essere utili davvero. È un lavoro faticoso, quello del chirurgo di guerra, da imparare sul campo giorno per giorno, esercitando l’umiltà di ascoltare e la disponibilità a non avere certezze.

In zone di guerra, non può valere il principio “prima il più grave”. Non ti puoi permettere di spendere tre ore a operare qualcuno con poche probabilità di sopravvivere. Consumi inutilmente energie e materiali, e, soprattutto, altre persone moriranno nel frattempo, mentre si sarebbero salvate se operate prima. E allora devi cercare di fare “il meglio per la maggioranza” di quei feriti.

Come può un’organizzazione che si occupa delle vittime di guerra andarsene via, quando la guerra si fa più vicina e più violenta? E cosa diciamo al nostro staff e ai nostri pazienti: è stato bello, ma in fondo era un gioco, arrivederci e grazie, e scusate il disturbo?

Si parla tanto di “diritti umani”. E quel diritto elementare di essere curati quando si è feriti o malati, che viene calpestato con regolarità impressionante?

Promettere costa poco, si dice, se poi non si mantiene l'impegno. E non farlo? Costa ancor meno, praticamente niente, basta girarsi dall'altra parte. Una promessa è un impegno, è il mettersi ancora in corsa, è il non sedersi su quel che si è fatto. Dà nuove responsabilità, obbliga a cercare, a trovare nuove energie. 

Tutte le guerre sono un orrore.

In guerra si uccide, perché la guerra la si fa contro qualcuno. Contro il nemico, per quel che rappresenta o per quel che possiede, si usano i cannoni e si bombarda. Ma quella del cecchino è una guerra strana. Il suo lavoro non produce centinaia di vittime, la sua arma è semplice, un fucile di precisione: un colpo, un morto. C’è qualcosa, nella guerra del cecchino, che fa più orrore delle bombe.

Quel che facciamo, noi e tanti altri, quel che possiamo fare con le nostre forze e risorse limitate, è forse meno di una gocciolina nell’oceano, come si usa dire. Lo sappiamo bene, ci è davanti agli occhi ogni giorno l’inadeguatezza delle nostre azioni, l’enorme sproporzione rispetto ai bisogni. Spesso ci sentiamo depressi e frustrati, qualche volta abbiamo voglia di piantare tutto. Ma poi basta poco per riprendere, una stretta di mano, una madre che ritrova il sorriso, un bambino che riprende a giocare, o più semplicemente perché ci sentiamo stanchi la sera ma convinti che il giorno non sia passato inutilmente.

Buskashì
Viaggio dentro la guerra © Feltrinelli, 2002 - Selezione Aforismario

Se uno di noi, uno qualsiasi di noi esseri umani, sta in questo momento soffrendo come un cane, è malato o ha fame, è cosa che ci riguarda tutti. Ci deve riguardare tutti, perché ignorare la sofferenza di un uomo è sempre un atto di violenza, e tra i più vigliacchi.

Si parla della guerra: la facciamo o non la facciamo, con chi stiamo, che posizione prendiamo, come la combattiamo. Parlare, discutere, litigare sulla guerra. E viverla? Come si sta a viverla? Che cosa si pensa, quando la si vive? Che cosa si prova, dentro la guerra? Quali miserie, quali angosce, come si trema durante la guerra? Proviamo a guardare alla realtà di chi ne viene coinvolto, proviamo a passare il confine. Proviamoci. Non dico a sperimentare la guerra sulla nostra pelle – non sono così masochista -, ma almeno a cercare di capire la guerra.

Adesso ci sono i soldi della guerra. Quella che promette aiuti. È diventata buona la guerra, umana, generosa, compassionevole, umanitaria? No, ma deve farlo credere. È fondamentale creare consenso alla guerra, far vedere che belle cose produce.

Il terrorismo, cioè la guerra di oggi, è il vero mostro da eliminare.

Il terrorismo è la nuova forma della guerra, è il modo di fare la guerra degli ultimi sessant'anni: contro le popolazioni, prima ancora che tra eserciti o combattenti. La guerra che si può fare con migliaia di tonnellate di bombe o con l'embargo, con lo strangolamento economico o con i kamikaze sugli aerei o sugli autobus. La guerra che genera guerra, un terrorismo contro l'altro, tanto a pagare saranno poi civili inermi.

Nella macchina della guerra, c'è posto anche per il mondo umanitario. Anzi, un posto importante, una specie di nuovo reparto Cosmesi della guerra. Far vedere quanti aiuti arrivano con la guerra, quante belle cose si possono fare per questa povera gente. Per i sopravvissuti, naturalmente.

Quando si decide di bombardare, di ammazzare, conviene garantire che dopo arriveranno gli aiuti. Certo si tratta di molto danaro, ma in fondo costa quanto un giorno o due di guerra, è un costo aggiuntivo che vale la spesa: è pubblicità, è comunicazione. 

La guerra non farà mai finire alcuna guerra, nel migliore dei casi sarà stata una guerra in più.

Non si incontrano mai, nei paesi in guerra, folle di gente ben pasciuta o sovrappeso, anzi la gente ha fame, tanta, arretrata. La fame è stata usata come arma, da molti, per distruggere il nemico. La fame – che non si voglia garantire da mangiare a tutti gli uomini è un'altra delle vergogne della specie umana – accompagna sempre la guerra, vanno a braccetto.

Quanta gente muore per la malattia-guerra? Quali sono gli effetti della guerra sulla salute degli esseri umani? La guerra è la più devastante delle tragedie sanitarie.

Quanti bambini sono distrutti dalla guerra, morti o mutilati, orfani o bambini-soldato, mendicanti o schiavi, o più semplicemente senza una scuola né un posto dove giocare? Un'enormità. In ogni guerra, i bambini sono ancora più a rischio degli adulti.

Orgogliosi della guerra, nostalgici della prima linea, non li sfiora neppure il dubbio che la guerra sia la più grande vergogna della specie umana, una specie talmente poco sviluppata da non riuscire ancora a trovare, dopo millenni di storia, un modo per risolvere i propri problemi che non sia l'autodistruzione.

Una specie violenta, che benedice la violenza individuale e di stato, che pratica la violenza come deterrente psicologico, che gode del proprio essere violenta. Una specie capace di dare dignità di pensiero a bestialità quali “alla violenza si risponde con la violenza”.

Sono quindici anni che vedo atrocità e carneficine compiute da vari signori della guerra, chi si diceva di "destra" e chi di "sinistra", e non ci ho mai trovato grandi differenze. Ho visto, ovunque, la stessa schifezza, il macello di esseri umani. Ho visto la brutalità e la violenza, il godimento nell'uccidere un nemico indifeso.

Frasi da interviste
Selezione Aforismario

Credo che la guerra sia una cosa che rappresenta la più grande vergogna dell'umanità. E penso che il cervello umano debba svilupparsi al punto da rifiutare questo strumento sempre e comunque in quanto strumento disumano.

Io non credo nella guerra come strumento. C'è un dato inoppugnabile: che la guerra è uno strumento ma non funziona, semplicemente non funziona.

Io non sono pacifista. Io sono contro la guerra perché la guerra non si può umanizzare, si può solo abolire. E non mi piace la parola "utopia"; preferisco parlare di "progetto non ancora realizzato".

Se la guerra non viene buttata fuori dalla storia dagli uomini, sarà la guerra a buttare fuori gli uomini dalla storia.

Le guerre appaiono inevitabili, lo appaiono sempre quando per anni non si è fatto nulla per evitarle.

Io sono convinto che la guerra non sia mai un modo per risolvere i problemi ma sia un modo per ingrandirli.

La scelta della pace per me è una scelta etica e politica. Si basa sui valori e sul buonsenso, sulla pratica, cioè sulle cose che ho visto nella mia vita. 

La pace non è un valore di sinistra o di destra, è di tutti gli uomini. 

La pace, secondo me, non è solo un dovere, un imperativo morale: la pace è una necessità. Se non riusciamo ad affermare un cultura di pace e una politica di pace, sono convinto che andiamo verso un’avventura il cui punto finale è l’autodistruzione. 

 L’autodistruzione è la conclusione logica della cultura della guerra. 

Il dramma di oggi è che di fronte a qualsiasi problema si pensa solo ed esclusivamente in termini di «che risposta militare diamo», cioè «quanti uomini mandiamo, dove, chi li comanda». Il problema di per sé non lo si affronta mai.

La sanità italiana era tra le migliori ma adesso è in crisi per colpa della politica che ha inserito il profitto. Gli ospedali sono diventati delle aziende. Oggi il medico viene rimborsato a prestazione, che è una follia razionale, scientifica ed etica. Si mette il medico in condizioni di dover fare o di ambire a fare più prestazioni perché così si guadagna e quindi si inventano nuove malattie e cure, oppure si fanno interventi chirurgici inutili.

I cittadini devono organizzare una resistenza di fronte a questa nuova barbarie, a questo nuovo fascismo misto a incompetenza e a bullismo che sta dilagando. Credo che gli italiani non siano questi mostri che vengono dipinti, ma siano sempre stato un popolo molto solidale e aperto. Sarebbe ora di farsi sentire. Mi rifiuto di credere che in Italia ci sia stato questo cambiamento antropologico in pochi anni.

Quest'idea imbecille d'una società violenta e rancorosa, che ti spinge a trovare chi sta peggio di te e a dargli la colpa dei tuoi guai. Mai uno di loro che punti il dito su quelli che stanno meglio, eh?

Siamo abituati a chiamare “Opinione Pubblica” l’opinione di un gruppetto di governati e commentatori, siamo abituati a chiamare “Legalità Internazionale” la prepotenza degli stati più forti, e a chiamare “diritti umani” i nostri privilegi.

I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi.

Noi viviamo in una parte del mondo che ospita il 20 per cento della popolazione e consuma l’85 per cento della ricchezza, e siamo convinti che i diritti umani siano i diritti di questo 20 per cento di mantenere o aumentare le proprie ricchezze a danno degli altri.

Come si evita che i cosiddetti “mostri” - diciamo i dittatori - salgano al potere e poi diventino potentissimi? Io credo che la risposta sia molto semplice: si evita di costruirli. Una volta che sono stati costruiti, appoggiati, coperti, foraggiati, e che questi dittatori sono diventati molto forti, certo, a quel punto è difficile liberarsene con mezzi pacifici. L’occidente, in genere, non si preoccupa di questo. Crea mostri e poi si indigna per il fatto che ci sono. 

La politica oggi, in molti paesi, è nelle mani di gruppi di gangster.

Quando alla fine si è governati da una banda dove una metà sono fascisti e l'altra metà sono coglioni non c'è una grande prospettiva per il Paese.

Alle nuove generazioni suggerisco di non essere disinteressati, di abbandonare l’egoismo: perché ne vale la pena e perché è giusto.

Note
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