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Frasi e citazioni di Maurizio Ferraris

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Maurizio Ferraris (Torino 1956), filosofo e accademico italiano, professore ordinario di filosofia teoretica presso il Dipartimento di Filosofia e Scienze dell'Educazione dell'Università degli Studi di Torino.
L'umanità deve salvarsi, e certo mai e poi mai potrà farlo un
Dio. Occorrono il sapere, la verità e la realtà. (Maurizio Ferraris)
La fidanzata automatica
© Bompiani, 2007

L’idea che qualunque cosa, con un po’ di buona volontà, possa diventare un’opera, contrasta proprio con il senso comune, che viceversa si scontra quotidianamente con cibi troppo o troppo poco salati, con case male illuminate, con giacche che cadono male, e che poi, di colpo, sarebbe costretto a confrontarsi con un reame, quello dell’arte, in cui tutto va bene (o va male) perché qualcuno ha deciso così. 

Anima e iPad
© Guanda, 2011

L’evoluzione tecnologica non ha comportato la scomparsa della scrittura e il trionfo dell’oralità ma, proprio al contrario, si è caratterizzata per una esplosione della scrittura. 

L’iPad ratifica come meglio non si potrebbe la controtendenza: leggere e scrivere sono ben più importanti che telefonare.

L’iPad rivela appieno il fatto che la società della comunicazione è, nel suo profondo, una società della registrazione, in cui tutto deve lasciar traccia ed essere archiviato.

Accanto alle esigenze propriamente sociali, di relazione e di contatto, le scritture che proliferano nel web rivestono una funzione di confessionale pubblico, spesso involontario e inconsapevole.

Quante volte ci chiariamo con noi stessi mettendo per iscritto il nostro stato d’animo, o almeno parlandone con altri. È questa la ragione profonda di tutte le confessioni sul web che ingorgano i social network e i blog? A mio parere, sì.

Manifesto del nuovo realismo
© Laterza, 2012

Forse il futuro è già qui, ed è la somma di tutti i passati, abbiamo un grande avvenire dietro le spalle.

Il postmoderno segna l’ingresso delle virgolette in filosofia: la realtà diventa “realtà”, la verità “verità”, l’oggettività “oggettività”.

Diversamente dagli scettici antichi, i costruzionisti postmoderni non mettono in dubbio l’esistenza del mondo; sostengono che è costruito dagli schemi concettuali, e che dunque è in se stesso amorfo e indeterminato. 

L'ambito in cui lo scetticismo e l'addio alla verità hanno mostrato il loro volto più aggressivo è stata la politica.

Il realismo è la premessa della critica, mentre all'irrealismo è connaturata l'acquiescenza, la favola che si racconta ai bambini perché prendano sonno.

Ben lungi dall'essere fluida, la modernità è l'epoca in cui le parole sono pietre, e in cui si attua l'incubo del verba manent

Se il sapere è potere, l'istanza che deve produrre emancipazione, cioè il sapere, è al tempo stesso l'istanza che produce subordinazione e dominio. 

Dire addio alla verità è non solo un dono senza controdono che si fa al "Potere", ma soprattutto la revoca della sola chance di emancipazione che sia data all'umanità, il realismo, contro l'illusione e il sortilegio.

Se l’Illuminismo collegava il sapere alla emancipazione, nel postmoderno è prevalsa la visione nietzschiana secondo cui il sapere è uno strumento di dominio e una manifestazione della volontà di potenza.

Mobilitazione Totale
© Laterza, 2015

Il fatto di avere uno smartphone in tasca significa certo avere il mondo in mano, ma anche, e automaticamente, essere in mano al mondo.

Siamo sottoposti non a un flusso di informazioni (che poteva anche essere seguito con una attenzione distratta), ma a un bombardamento di chiamate, vincolanti perché scritte e individualizzanti, cioè rivolte solo a noi, che ci spingono all’azione (minimalmente, alla reazione: il messaggio richiede risposta, e nel farlo genera responsabilità).

È sacrosanto lamentarsi per la mancanza di privacy, ma al tempo stesso bisogna sapere che la stragrande maggioranza della popolazione mondiale manca totalmente di discrezione nei propri confronti e pubblica, alienandoli a proprietari ignoti, le proprie (e altrui) foto in costume da bagno, le proprie feste, la bottiglia di birra preferita, il piatto del giorno, le proprie simpatie e antipatie.

Le parole volano, gli scritti rimangono, non si cancellano, non si può far finta (come avveniva nel mondo pre-web, con uno stratagemma che spesso riusciva e riportava pace) di non averlo detto, di non averlo sentito, o di esserselo dimenticato.

L'imbecillità è una cosa seria
© il Mulino, 2016 - Selezione Aforismario

C’è un rischio enorme, propriamente da imbecilli, che ci si assume parlando di imbecillità. In effetti, è molto difficile dare dell’imbecille a qualcuno senza che qualcun altro ci inchiodi, e con validi motivi, alla nostra imbecillità.

L’epoca in cui viviamo è infatti il risultato di un fragoroso fallimento delle ideologie come regola di comportamento collettivo, e di una esplosione di tecnologie che semplificano l’accesso alla cultura e favoriscono la presa di posizione individuale, ed è dunque a giusto titolo più portata a valorizzare, in ogni fascia d’età, il nesso tra cultura ed esempio individuale. 

Non c’è grandezza umana che non sia travagliata dalla imbecillità.

Se c’è un momento in cui una persona intelligente appare irrimediabilmente stupida è quando – d’accordo con il detto napoletano – fa il gallo sull’immondizia.

Scoprire l’imbecillità dell’uomo di genio è una tappa evolutiva di un cammino che ha avuto inizio nell’infanzia, quando crollò il mito dell’onnipotenza paterna.

Dell’imbecille si ride, e questa è la titanica grandezza della imbecillità, il fatto di essere l’unica disgrazia di cui si può ridere

La nostra imbecillità, che è poi, non dimentichiamo, la caratteristica propria dell’umano – l’intelligenza e l’abnegazione essendo notoriamente virtù rare e acclamate proprio per la loro anormalità.

La repressione aguzza l’ingegno, mentre l’esortazione a essere creativi è paralizzante.

Si sbaglia ad associare il genio alla sregolatezza; il genio non ha meno regole degli altri, ne ha molte di più.

La tecnica, quale che sia, non ci aliena né instupidisce. Semplicemente, potenzia vertiginosamente le occasioni in cui possiamo farci conoscere per quelli che siamo: quanta più tecnica, tanto maggiore imbecillità percepita.

L’imbecillità è il proprio della modernità perché con le potenzialità espressive offerte dal moderno lo stupido si rivela meglio che in qualunque altra epoca più raccolta e silenziosa.

Conoscere l’attrito del reale, la difficoltà dei mutamenti, e soprattutto la strepitosa imbecillità umana, è la sola maniera per poter trasformare il mondo. Dire invece «Yes, we can» è un modo per mettersi l’anima in pace, o meglio per convincere gli altri di qualcosa di cui non siamo convinti noi stessi.

È tipico dell’imbecille sentirsi più furbo degli altri.

Come un uomo comune, o persino un imbecille, può avere un colpo di genio, così anche un genio può essere vittima di colpi di imbecillità.

L’imbecillità assicura il basso continuo dell’esistenza umana, delle élite intellettuali così come delle masse.

L’occasione fa l’uomo ladro, l’ambizione fa l’uomo fesso. 

All’imbecille va a pennello la definizione che François Mitterrand ha appioppato a un avversario politico: «Sa tutto ma non capisce niente».

Il tratto caratteristico dell’umano non è la riflessione intelligente, bensì la reazione, imbecille e immediata, cioè il retaggio della caverna e della savana.

Dimentichiamo Rousseau, l’uomo non è caduto, è strutturalmente imperfetto e bisognoso. Imbecillità, stupidità, sono il suo stato ordinario.

Il tentativo di fuggire all’imbecillità che grava come un peccato originale sulla condizione umana è l’origine, sia pure fallibile e rischiosa, della intelligenza, della civiltà, di tutto ciò che di buono può aver fatto l’essere umano

L’imbecillità è il fardello della civiltà.

Non l’ignoranza, come pretende Socrate, ma l’imbecillità è l’origine del male, tanto è vero che non viene superato semplicemente dal sapere.

L’imbecillità come rivelazione del nulla, che dalla mancanza di sale in zucca risale su su fino all’assoluto e alla questione dell’essere.

La cultura è una grande diga costruita per tamponare quel mare immenso di imbecillità che è il genere umano.

L’autocoscienza ha un punto di partenza che ha a che fare con lo shock, e consiste spesso in una brevissima frase: «Imbecille sarai tu». Da dirsi non a un altro, ma a sé, nel silenzioso monologo dell’anima con se stessa.

Presto o tardi (talora mai) si fanno avanti due evidenze difficilmente aggirabili, sebbene nascoste dal nostro senso di onnipotenza: non solo siamo mortali esattamente come tutti gli altri, ma siamo anche imbecilli quanto o più di loro.

Chi è consapevole di essere imbecille è a priori meno imbecille di chi non lo sa.

Ogni epoca ha i suoi tromboni di ogni sesso ed età, così come ha i suoi bugiardi, i suoi furfanti, e ovviamente i suoi imbecilli.

Documanità
Filosofia del mondo nuovo © Laterza, 2021

Chi accede al web ha l’impressione di guardare la televisione, ma in realtà tra il guardare un video su un medium analogico e su uno digitale ha luogo una rivoluzione copernicana. Nel primo caso, siamo noi che guardiamo il video, passivamente, tanto è vero che prima o poi ci addormentiamo. Nel secondo, per così dire, è il video che guarda noi, tenendo traccia delle nostre abitudini e preferenze, dei commenti che facciamo, delle persone a cui inviamo il link, della frequenza con cui ci ritorniamo, e stimolandoci ad azioni, tanto è vero che non credo che nessuno si sia addormentato davanti al telefonino, a meno che lo usasse come televisore.

Note
Vedi anche frasi e citazioni di: Dario Antiseri - Eugenio LecaldanoFranco Volpi