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Frasi e citazioni di Daria Bignardi

Selezione di frasi e citazioni di Daria Bignardi (Ferrara, 1961), giornalista, conduttrice televisiva e scrittrice italiana. Ha detto di sé Daria Bignardi: 
"Era da quando ero piccola che volevo fare la romanziera, ma la vita mi aveva portata prima a fare la giornalista e poi l’autrice, e persino la conduttrice, televisiva: cosa che ai miei occhi provinciali e insicuri rendeva inconcepibile il pubblicare libri, perché temevo di «fare la figura di quella che pubblica perché va in tv»".
"Vorrei che dicessero di me, quando sarò morta, che nella vita ero simpatica e ironica e non seriosa come nei miei libri. Sono seriosa nei libri? Forse un po’. Sicuramente lo sono sui social, non mi vengono quasi mai le battute spiritose, mentre vado forte col pathos".
Più il cuore si dilata nel mistero dell’Amore e più c’è spazio:
spazio di accoglienza degli altri e anche di accoglienza del dolore.
Più c’è dolore, accolto, ascoltato, combattuto, e più si dilata
il cuore per accogliere l’Amore e farne poi dono. (Daria Bignardi)
Non vi lascerò orfani
© Mondadori, 2009 - Selezione Aforismario

Questo è la morte, oltre alla mancanza di chi non c’è più: è la vita, con tutti i suoi ricordi. E amore. Tutto l’amore che chi se ne va ci ha dato, buono o cattivo che sia stato.

Per quello soffriamo tanto quando ci muoiono i genitori: sappiamo bene che nessuno ci amerà mai più così.

Se [i nostri genitori] muoiono di malattia è un’agonia. Se muoiono improvvisamente una sciabolata nel cuore. Ti manca un pezzo e non ci puoi credere che potrai vivere senza il loro sguardo addosso. Senza la possibilità di far felice qualcuno solo perché hai telefonato, hai sorriso, ti sei ricordato, hai fatto un gesto piccolo che non ti è costato niente, solo perché sei contenta. Solo perché esisti.

Perdere un genitore a quarant’anni fa più male che a venti. A venti è uno strazio, ma sei in corsa e corri. A quaranta è un dolore che non passa più.

Non avevo avvisato nessuno del funerale e non avevo idea di chi sarebbe venuto: ogni volto caro era una sorpresa ed ero piena di gratitudine per tutti quelli che avevano fatto un viaggio così lungo, un giovedì lavorativo, per esser lì a salutare la mamma. Ricordo che mi sono vergognata per tutte le volte che non sono andata a un funerale pensando che la presenza non fosse importante. Invece lo è.

Una bella risata ci vuole, perché un funerale riesca bene.

La morte fa più paura quando non si è più bambini ma non si ha ancora una famiglia propria, quando della morte non s’è ancora nemmeno intuito il senso. Più avanti è una sofferenza diversa, legata alla mancanza di chi se ne è andato, e alla consapevolezza che il prossimo sarai tu.

Per morire con dignità serve una vita sensata e una fine autorevole: una malattia, un incidente fatale, una decisione drammatica.

L’unica cosa che conta nella vita è l’amore che puoi dare a chi te lo chiede, che siano i figli, i nonni o la prima persona che incontri per strada. 

L’amore è amore. È quando non c’è più che capisci quanto ti manca, anche se è faticoso da sopportare.

Essere gentili e pazienti conviene, perché quello che non abbiamo dato pesa più di qualunque cosa possiamo aver perso: tempo, divertimento, riposo.

Non ci sarà posto al ristorante, Non troveremo mai un parcheggio, Se andiamo al mare sarà brutto tempo: il primo pensiero della mamma su qualunque cosa era sempre nero. Questo la teneva al riparo dalla delusione, se doveva venire.

Ogni bambino dovrebbe avere dei nonni da andare a trovare in campagna la domenica e durante le vacanze, dei cugini con cui giocare a nascondino in giardino e litigare, una capanna dove calarsi le mutande e mostrarsi la pia e il pistolino.

Ogni volta che dovevo decidere tra il nuovo e il vecchio ho sempre scelto il nuovo.

Credo di avere avuto la peggiore educazione possibile: apprensiva, irrazionale e conservatrice. Un comportamento tipico della mamma era fare una sfuriata, magari darmi una sberla e poi, pentita, portarmi a spasso e comprarmi un regalo. Sono cresciuta con la convinzione che amore e dolore siano inscindibili l’uno dall’altro: un’impronta impossibile da cancellare.

Mi piace dare un senso a tutto, e immaginare un lieto fine per ogni cosa. 

Io volevo andare fino in fondo, in fondo a tutto. Avevo capito che quella era la mia strada, andare in fondo alle cose, specialmente se mi facevano paura. 

Un karma pesante
© Mondadori, 2010 - Selezione Aforismario

Nessuno sopporta il tuo dolore, la tua tristezza, nemmeno chi ti ama di più. Soprattutto chi ti ama di più. È più facile che a darti una mano sia il primo che passa, che quelli che ti vogliono bene.

Ho sempre dovuto fare, fare, fare, per salvarmi da me.

Mi piace il "tutto o niente". Fosse per me vivrei così. Ma tutto o niente vale soltanto nei sogni degli adolescenti, dei mistici e dei pazzi.

Probabilmente mi hanno amata troppo e male, e sono diventata una persona viziata, che non riesce a vivere se non rischia di morire almeno una volta all'anno, se non stringe tra le mani ogni giorno le prove che la vita è reale: il dolore, i conflitti, la malattia.

Che generazione, la mia: a quarant'anni siamo ancora lì a pensare al male che abbiamo fatto o ci hanno fatto mamma e papà. 

Vivere per cosa? Per il piacere? Che noia. Il male sarebbe già un poco più interessante, un sentimento meno effimero, ma l'unico male accettabile è quello che possiamo fare a noi stessi, e non è un progetto vincente. La sola possibilità che abbiamo, quaggiù, è vivere per gli altri.

A volte pensi che per cominciare a vivere davvero devi prima capire chi sei, fare le scelte giuste, mettere tutto in ordine: ma alla fine la tua vita sarà il modo in cui hai vissuto. Il modo in cui stai vivendo adesso.

L'acustica perfetta
© Mondadori, 2012

Più il cuore si dilata nel mistero dell’Amore e più c’è spazio: spazio di accoglienza degli altri e anche di accoglienza del dolore. Più c’è dolore, accolto, ascoltato, combattuto, e più si dilata il cuore per accogliere l’Amore e farne poi dono. 

L'amore che ti meriti
© Mondadori, 2014 - Selezione Aforismario

La mia strategia, nella vita, è dire sempre la verità. È la soluzione più sorprendente ed efficace che ci sia. Le persone reagiscono bene alla verità: accorcia tempi e distanze, crea intimità.

La paura di soffrire è persino peggio del dolore. Quando soffri annaspi, lotti con gli incubi di notte e con la morsa allo stomaco di giorno, ma puoi sperare che passi. Mentre la paura di soffrire è un’infezione cronica che non sviluppa anticorpi e non può guarire. 

Io non ho un centro, non ho certezze, non ho equilibrio, non so difendermi, ho solo la forza che mi viene da tutto quello a cui sono sopravvissuta. E la paura, costante.

Gli uomini non migliorano, invecchiando, inutile illudersi che accada. Al contrario, peggiorano. Diventano ancora più chiusi, pigri e pignoli. 

Mi rendo conto che non riesco a smettere di elaborare le cose che vivo come se le stessi scrivendo, nemmeno nei momenti più significativi. Soprattutto nei momenti più significativi. Come se fosse un modo per proteggermi, per raffreddare la realtà. Forse scrivere mi serve proprio a questo, ad allontanare la realtà, a contenerla. Prendere le distanze per raccontare aiuta a non farsi ferire o spaventare da quel che accade.

Storia della mia ansia
© Mondadori, 2018

Ho sempre lavorato troppo. Non era l’ambizione a spingermi a strafare: era l’ansia di fare tutto e farlo il meglio possibile. 

Il buono di una malattia è che capisci cosa viene prima. Lo senti senza più incertezza, ed esci dalla ruota del criceto. 

Per piena che sia, ogni vita, prima o poi, diventa una bolla in cui fai sempre le stesse cose. Quando ti ammali la bolla esplode. Fai esperienze nuove, conosci nuove persone: medici, infermieri, altri malati. Altri mondi.

Oggi faccio azzurro
© Mondadori, 2020

Le donne a letto sono diverse da come sono nella vita. Le prepotenti amano farsi sottomettere, le razionali sono fantasiose, le strafighe distratte, le ansiose imprevedibili, le timide vulcaniche: solo facendoci sesso capisci la vera natura di una donna.

So esattamente cosa vogliono sentirsi dire le donne: che sono belle e che mi fanno sentire come non mi ero mai sentito prima. E io glielo dico.

Libri che mi hanno rovinato la vita
e altri amori malinconici © Einaudi, 2022 - Selezione Aforismario

L’importante è che siano belli, i libri, e onesti, che non siano sciatti o furbi o pretenziosi, se no diventano irritanti o inutili, e fanno perdere tempo, e il nostro tempo sulla Terra è poco, e bisognerebbe vivere per sempre solo per leggere, che è cosí furiosamente bello. Quasi come andare in bici senza mani.

Se si è lettori bulimici, si legge tutto quello che si trova stampato, come binge eaters che negli attacchi di fame nervosa divorano tutto quel che trovano in casa, compresi i surgelati ancora congelati e la pasta cruda.

Oltre ai romanzi, che rileggevo piú volte, ingurgitavo fumetti, etichette dell’acqua minerale, bugiardini, regole condominiali, cartelloni pubblicitari, il vocabolario Zingarelli, l’enciclopedia Motta, «il Resto del Carlino» di mio padre, la rivista «Stop» di mia nonna: qualunque cosa, purché avesse delle parole scritte sopra.

Chiudevo il libro e lo baciavo sulla copertina: tre volte se mi era piaciuto moltissimo, due se mi era piaciuto molto, una se mi era piaciuto abbastanza. Che non meritassero nemmeno un bacio non succedeva mai, o forse li abbandonavo prima, non me lo ricordo.

Mia madre Giannarosa soffriva cosí tanto di ansia che per lei ogni mio pomeriggio sul divano era un pomeriggio in cui mi veniva risparmiata una brutta fine: uscire di casa comportava il rischio – anzi, l’alta probabilità – che avessi un incidente o buscassi il micidiale mal di gola che sarebbe degenerato nel febbrone che mi avrebbe uccisa.

La nostra anima si sceglie i genitori che le sconvolgeranno la vita nel modo in cui era necessario venisse sconvolta perché diventassimo noi stessi e trovassimo la nostra vocazione.

La mia malattia – della quale allora non ero consapevole – era che mi piaceva soffrire. Mi piacevano i posti squallidi, le periferie, le persone nevrotiche, dipendenti, tossiche. Ero affascinata dalle disgrazie e dai disgraziati. Le situazioni pericolose, tristi, luttuose mi facevano vibrare come se solo nel dramma la vita si mostrasse davvero: nuda, integra, commovente.

Capire che l’agitazione, la preoccupazione che sentivo si chiamava ansia è stato liberatorio. L’ho guardata da fuori, e ora so piú o meno conviverci. Farci amicizia è chiedere troppo, sapere che c’è e non prenderla sempre sul serio aiuta a disinnescarla. 

Sentirsi giú e non limitarsi ad aspettare che passi, ma caricare di misticismo e assolutismo la sensazione di inutilità e mancanza di futuro che si prova quando si è malinconici, godere di quella sofferenza a volte autodistruttiva peggiora le cose, perché se ci esaltiamo non vediamo piú ciò che abbiamo davanti.

Forse anche la malinconia, come l’ansia, può avere un lato buono, portare a qualcosa di utile, di umano, se non si fugge ma si impara a osservarla, addomesticarla, a non prenderla sul serio.

Fa paura pensare di non potersi fidare di sé stessi, dei propri desideri e pensieri, delle proprie decisioni: come se fossero viziati e compromessi. Fa sentire insicuri, indecisi, soli, perduti.

Bisogna essere adulti, per saper affrontare il dolore. Ma se senza dolore non si cresce, come si fa?

Chi sta sempre bene non sarà in comunione col dolore del mondo, né troppo sensibile ed empatico, ma vuoi mettere come vive piacevolmente?

A noialtri che abbiamo qualche scompenso chimico o psicologico o sociale, o un po’ di tutto questo, tocca invece impegnarci parecchio per stare bene, o almeno discretamente. A volte serve una vita intera.

I libri – a parte i classici che se ne stanno immoti e gloriosi là sulle vette e da qualunque parte li guardi e in qualunque periodo li leggi mostrano sempre la loro immortale grandezza – ci toccano piú o meno profondamente a seconda delle congiunzioni di pianeti nel nostro firmamento psichico del momento in cui li leggiamo.

Mi sembra di aver capito tutto: perché sono triste quando sono triste (la risposta è che sono stanca, come i neonati che piangono se hanno fame o sonno), perché sono allegra quando sono allegra (mi sento in sintonia con l’universo o contenta di qualcosa che sto facendo) e soprattutto ho capito che dopo il buio torna la luce.

Quando si sta male si pensa che si starà sempre male e che si è sempre stati male, anche se non è vero. Quando si sta bene si sa che si è stati a tratti bene e a tratti male e che si starà sempre a tratti bene e a tratti male, ma si pensa e si spera che andrà sempre meglio.

Non c’è niente di peggio che far qualcosa controvoglia, a meno di non essere sereni e riposati. La generosità richiede buona salute.

Note
Leggi anche le citazioni delle scrittrici italiane: Margaret MazzantiniMichela Murgia - Susanna Tamaro