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Frasi e citazioni di Margaret Mazzantini

Selezione di frasi più belle e delle citazioni più significative di Margaret Mazzantini (Dublino, 1961), scrittrice, drammaturga, attrice e sceneggiatrice italiana. Le seguenti citazioni di Margaret Mazzantini sono tratte dai libri: Il catino di zinco (Marsilio, 1994), Manola (Mondadori, 1998), Non ti muovere (Mondadori, 2001), Zorro. Un eremita sul marciapiede (Mondadori, 2004), Venuto al mondo (Mondadori, 2008), Nessuno si salva da solo (Mondadori, 2011), Mare al mattino (Einaudi, 2011), Splendore (Mondadori, 2013).
È inutile indagare le occasioni mancate. Non sai mai se ti sei
salvato dalla morte, o ti sei perso la vita vera.
(Margaret Mazzantini)
Il catino di zinco
© Marsilio, 1994

Guardavo le stelle nella notte, ancora punteggiata da qualche brace, e smarrivo i confini di me stessa.

No, la vita è un pensiero che bisognerebbe non avere.

Non credo nel tempo e lo considero un'invenzione, una menzogna per scandire il transito sulla terra. Si sta dove non c'è inizio, dove non c'è fine. In quel mezzo c'è la vita. E tutto gira, gira, gira... Le cose? Le cose tornano.

Tutta la vita ad annaspare, a cercare nel buio, e mai una volta che ti basti quello che c'è intorno. Tutta la vita a scappare...

I soldi c'è chi li fa, chi li mantiene, e chi se li gode!

Manola
© Mondadori, 1998 - Selezione Aforismario

A volte penso che sarebbe stato meglio essere un cerino, una cosetta che brucia in fretta, in questo mondo di accendini senza ricarica.

Detesto i ritardatari, detesto quelli che si approfittano del mio tempo, come se fosse meno prezioso del loro. 

Io detesto il passato, mi piace la roba di giornata. Se una sta sempre a guardarsi indietro trova una carrettata di cose storte per le quali crucciarsi. 

Il futuro non lo so cos'è. Di sicuro dura poco, come tutto.

Ogni volta che mi cade sul collo una preoccupazione, io penso subito che comunque sia finirà, e che presto arriverà un altro presente bello pulito. Allora mi siedo ad aspettarlo, ed evito inutili sofferenze.

Non ho autocontrollo. In compenso possiedo molta autostima, un bene prezioso, perché il mondo intorno tenta continuamente d'abbacchiarti.

Quanti progetti un bambino ha su se stesso! Mi domando perché gli adulti non facciano uno sforzo, e non provino a mettersi carponi. Il mondo visto da sottinsù è colossale, mostruoso. Un indice puntato dall'alto ha la stessa onda d'urto d'una trivella, sulla tremula interiorità d'un bambino.

Anche se nessuno mi tende una mano, io vado avanti nella mia missione. Non posso fare altrimenti, non posso ignorare il dolore degli altri, devo occuparmi dei più fragili, di quelli che si staccano dalla
schiera dei vincenti e restano indietro.

Vorrei essere meno sensibile, [...], e non vedere quello che gli altri non vedono.

Ma perché ogni cosa, dentro di me, acquista dimensioni spropositate? Ho la capacità di dilatare ogni piccola sensazione, fino a diventare io stessa quella sensazione.

Mi ferisce persino vedere una foglia che cade da un albero. Io sono quella foglia, [...]. Vago tremebonda nell'aria, nel terrore di perdermi in un tappeto di foglie marcescenti, calpestata dai passi.

Una volta c'era più ignoranza, certo, ma anche più clemenza. Ogni paese aveva il suo tonto appeso a un muricciolo, e tutti gli volevano bene, tutti se lo trastullavano un poco. Oggi siamo più colti, abbiamo la posta elettronica, possiamo inviare telematicamente dall'altra parte del pianeta le nostre parole senza neppure aver finito di pensarle. Ma non sappiamo chi è quel viso che ogni mattina s'affaccia, accanto al nostro, sul davanzale confinante.

Anche i vecchi è bene lasciarli lassù ai piani alti, prossimi al cielo che li sta aspettando, questa zazzera di smog senza neppure una stella di consolo. Chi si accorgerà di loro? I coinquilini che al ritorno dalle vacanze, con i sandali gracchianti di sabbia e le buste di telline, sentiranno puzza di carogna venire loro in contro nella tromba delle scale.

La vecchiaia non riguarda più nessuno, [...]. Eppure, dietro ognuno di noi c'è un vecchio in attesa seduto su una seggiolina. Un giorno saremo destinati a prendere, il suo posto. Nessun chirurgo plastico potrà rimpannucciarci l'anima.

Mi piacciono gli anziani. Mi piace il loro fiatino antico, i ricordi sempre reiterati, l'incapacità di riconoscere il presente.

Nei vecchi l'energia terrena più bassa viene rimpiazzata da energie più alte e sottili, che hanno a che fare con il mondo spirituale, nel quale l'anima si prepara a far ritorno.

Non c'è più tempo per il dolore. La morte è solo virtuale, quella vera − scabrosa, appestante, iettatoria − bisogna tenerla nascosta.

Eppure i greci ci avevano insegnato a vivere fino in fondo la tragedia di essere mortali. Ma siamo così impreparati, così idioti. Io no, per me, la morte è una signora discreta che mi vive accanto, una promessa piena di incognite.

La psicanalisi elenca più di quattrocento fobie: io ce le ho tutte. È una evolutissima strategia per scaraventare all'esterno l'ansia, verso zone di noi stessi che ci spaventano.

Ormai mi rendo conto che questa porzione di carne indisponente che abbiamo tra le gambe ci crea una frastagliata gamma di problemi, e quindi, dopo anni e anni di analisi freudiana, ho preso atto che l'inguine ha un peso nella nostra testa incredibilmente gravoso. Anche se trovo disdicevole mescolare quell'aristocratica polpa grigio cenere che abbiamo nel cranio con quei lembi rossi, accattoni, terzomondisti, rintanati nelle mutande.

Ognuno di noi è in cerca della propria metà recisa: non può che essere una. Io, la mia metà, lo immagino alto, biondo, australiano. Oppure, piccolo, ingrufato, meridionale. Per me l'aspetto non ha importanza, e neppure il carattere. Basta che mi voglia bene. Basta che mi voglia.

Il mondo è pieno di coppie di bruttoní, di ciccione con le gambe a X abbracciate a certi seccardini a banana, che se ne vanno tutti felici a mangiare il gelato con il golfino sulle spalle nelle sere d'estate. Basta sapersi accontentare. 

Se uno gode dentro un bell'anfratto di camina calda, poi non ha più voglia di menarsela con le baggianate esistenziali, ti entra in circolo tanto sangue nuovo, spurghi tossine. Il sesso è una sorta di peeling, di bagno turco dell'anima. 

Non ti muovere
© Mondadori, 2001

Io non mi sono mai sentito "naturale", mi sono impegnato per esserlo, tentativi striduli, perché impegnarsi per essere naturali e già una sconfitta.

Il vento trascina lontano tutto ciò che credevo di volere. Sono un disgraziato a spasso nella vita.

Mi sono accanito contro il mio destino, ho lottato a piene mani contro di lui che mi scacciava dai miei sogni, mi buttava in un altro verso.

Il coraggio, [...], appartiene agli amori nuovi, gli amori vecchi sono sempre un po' vili.

La fedeltà non è un valore degli anni ragionati. L'infedeltà sì, perché richiede precauzione, parsimonia, discrezione, e ogni sorta di qualità senili.

L'indulgenza è un frutto che cade a terra già cariato.

I suoi occhi si muovono sotto le lacrime come due pesci in un mare troppo stretto.

La vita è un deposito di scatole vuote, mancate. Siamo quello che resta, quello che abbiamo arraffato.

Ero felice, non ci si accorge mai di esserlo, [...], e mi chiesi perché l'assimilazione di un sentimento così benevolo ci trovi sempre impreparati, sbadati, tanto che conosciamo solo la nostalgia della felicità, o la sua perenne attesa. 

Zorro
Un eremita sul marciapiede © Mondadori, 2004 - Selezione Aforismario

Scrivere è un lavoro da sfaccendati, ogni motivo è buono per mollare, per uscire dalla clausura. Esci con la scusa di una cartuccia d'inchiostro per la stampante e ti perdi a zonzo. E questo bighellonare certe volte ti premia, fai l'incontro giusto, qualcuno o qualcosa che ti porterai dietro.

Ogni tanto viene voglia di stendersi sul guanciale dell'abbandono, di dire: ma sì, voglio essere molle e cagionevole, stupido e disdicevole. Voglio sputtanarmi, non ce la faccio più a tenere il punto fermo, la bussola orientata sulla rotta della decenza.

Il sogno è bello in solitudine, stretto nelle mani nude.

Gli attori hanno questa possibilità di sbracare, di prendersi una vacanza dalla normalità. E di essere ben pagati e applauditi per questo. Hai la possibilità di vergognarti senza che nessuno se ne accorga. Di piangerti qualcosa di solo tuo in mezzo a un cumulo di bugie.

Gli artisti, spesso e volentieri, sono barboni fortunati. Ce l'hanno fatta a non finire all'addiaccio, ma conservano i tratti disturbati e l'inquietudine dell'erranza, vagano con gli occhi, sentenziano sul mondo, hanno ossessioni, riti. Ogni giorno corrono il rischio di perdersi, di non trovare più la strada del ritorno.

I barboni sono randagi scappati dalle nostre case, odorano dei nostri armadi, puzzano di ciò che non hanno, ma anche di tutto ciò che ci manca.

Chi di noi non ha sentito il desiderio di accasciarsi per strada, come marionetta, gambe larghe sull'asfalto, testa reclinata sul guanciale di un muro? E lasciare al fiume il suo grande impegnativo corso. Venirne fuori, venirne in pace.

Dentro di ognuno di noi, inconfessata, incappucciata, c'è questa estrema possibilità: perdere improvvisamente i fili, le zavorre che ci tengono ancorati al mondo regolare.

Con l'igiene non bisogna troppo strafare. Se hai paura del tuo sapore, c'è qualcosa che ti va storto dentro.

Non ti fidare mai di una donna, che se ti fidi sei fregato!

La dignità non è una tessera che te la dà la società civile, e se non ci stai dentro alla società civile perdi la tessera, te la ritirano come il bancomat. No, la dignità è un seme che t'ha messo dentro il Creatore.

Un uomo gentile non è mai debole.

Normale è una parola storta. Parliamo di frequenza e infrequenza, così mi sta meglio. 

Mi fa pena tutta quella gente che si ferma per strada a rispondere, che ci casca pure dal motorino. Tutti con la telefonia mobile, tutti in contatto. Pronto? Pronto, che succede? Niente, non succede niente, regolare. 

Venuto al mondo
© Mondadori, 2008

Gli amori che sembrano assurdi certe volte sono i migliori.

Dove mi porterà questo pazzo? In quale inferno? In quale paradiso? Intanto non voglio scollarmi dalle sue labbra.

Pesci, pensai, non siamo altro che pesci... branchie che si gonfiano e si chiudono... poi viene un gabbiano che dall'alto ci prende e mentre ci smembra ci fa volare, forse questo è l'amore.

I poeti sono stupidi come mosche contro un vetro! Sbattono contro l'invisibile per arraffare un po' di cielo.

Perché nella vita capita di rinunciare alle persone migliori a favore di altre che non ci interessano, che non ci fanno del bene, semplicemente ci capitano tra i passi, ci corrompono con le loro menzogne, ci abituano a diventare conigli?

Tieni un capo del filo, con l'altro capo in mano io correrò nel mondo. E se dovessi perdermi, tu, mammina mia, tira.

Nessuno si salva da solo
© Mondadori, 2011

La psiche come un mare chiuso, fa i suoi viaggi interni. Propone sempre nuove soluzioni, per salvaguardare i tuoi inganni.

Nessuno si salva da solo. Possono sentire l'eco di quelle parole cadere davanti ai loro passi. Una condanna o un conforto.

È uno sbaglio andare a istinto. Ti porta fino a un certo punto, poi ti molla. Quando cominci a indurirti non hai più nulla, l'istinto muore giovane. Si trasforma in sospetto. E tu resti un semplice ignorante in balia delle tue menomazioni.

Non ha senso andare nella direzione opposta del tuo stato d'animo.

Forse è quello che serve per andare avanti. Una sorta di impianto di depurazione, che disintegra il sedimentario, non fa scendere niente di duro. Si resta più lievi, persino più puri.

Come gli manca uno sguardo così. Se non lo conosci vivacchi e non ti manca. Ma se una stronza ti ha posato addosso quelle ali lì, ti ha fatto sentire l'eroe di una sceneggiatura temeraria, rimani tutta la vita un mendicante che va in giro a cercare quelle palpebre che si aprono solo per guardarti e si chiudono per imprigionarti.

Questo è il momento clou. Quando vi siete uccisi e continuate a vivere.

È inutile indagare le occasioni mancate. Non sai mai se ti sei salvato dalla morte, o ti sei perso la vita vera.

Mare al mattino 
© Einaudi, 2011

La storia è un millepiedi e ogni piede tira l'altro, e in mezzo c'è il corpo nostro.

La gente privata di se stessa perde i confini, messa al muro può confessare un omicidio che non ha commesso.

Ogni vera gioia ha una paura dentro.

Vane diventano le parole ripetute troppe volte. I pensieri sono un gas cattivo.

Splendore
© Mondadori, 2013 

La nostra era una famiglia di adulti rigidi e stravaganti e di infiniti vecchi. Solitario bambino, ero guardato con timore come una sorta di insetto kafkiano che avrebbe potuto, ingigantendosi, divorarli.

C’è qualcosa che non sapevo di me, che scopersi quel giorno di violento apprendimento. Ho coraggio, un coraggio che attraversa la follia e torna. Il coraggio dei masochisti. Dei violenti fermi.

Avevo sedici anni ma ero già in grado d’interrogarmi sul senso profondo della mia vita. Mi guardavo allo specchio e accettavo la condanna, guardavo il mio cadavere da vivo, il lungo fiume delle cose che mi aspettavano e che mai avrei raggiunto. Non avrei mai avuto una famiglia, una casa mia, non avrei mai gettato il mio progetto nel mondo. In pochi mesi ero cresciuto violentemente. La testa mozza del mio destino rotolava alle mie spalle, nel deserto di visi e di luoghi. 

Non esistono scorciatoie per i viaggi importanti. I tornanti sono sfere del destino.

Chi di noi avrebbe retto alla vita? Il mare che sbatteva sotto la finestra ripeteva all’infinito la malinconia di quella vacanza finita, quando le cose, tutte le cose paiono salutarti e dirti mai più sarai qui così, con queste sculture umane intorno, questo sentimento nel cuore.

Non ero adatto alla normalità, lo sentivo, ero troppo cerebrale. Guardavo i miei gesti come sotto un vetro.

Tutte le relazioni d’amore nascono da una mancanza, ci immoliamo a qualcuno che semplicemente sa accomodarsi in questo spazio aperto e dolorante per farne quello che vuole: farci del bene oppure distruggerci.

La parte migliore della vita è quella che non possiamo vivere.

Spiate da dietro le persone portano il peso del loro destino, come se nella parte che non possono vedere di se stesse si addensassero tutte le sofferenze, i pensieri, le speranze individuali e quelle di tutte le generazioni precedenti che paiono accanirsi contro l’ultimo testimone, lo spingono in avanti ma intanto sembrano ridere di lui, della sconfitta che egli ripeterà.

Ogni uomo è se stesso solo nel momento in cui smette di ragionare.

Ero triste e non avrei saputo dire perché. Ormai sapevo di appartenere a quel tipo di persone che scivolano facilmente oltre la forza gravitazionale e nulla e nessuno riesce a trattenerle. Staccano la spina e basta.

Nessuno dovrebbe giudicarmi senza prima passare qualche minuto con me, in compagnia del mio stesso stupore.

Mi seguirà fino alla fine dei miei giorni il languido rumore dell’attesa, e il suo diritto negato, sbarrato. Passi che sembrano avvicinarsi e poi si allontanano inesorabilmente, s’infilano in un altro luogo, in un’altra famiglia.

Così fa l’amore, alza la gamba e piscia come i cani, sempre nello stesso punto, circoscrive i luoghi, li segna della sua sostanza.

Mi ritrovai a pensare a me stesso con affetto, come un capolavoro venuto male

Pensai alle anime, a come tutti ce ne andiamo dopo aver lottato. A come per alcuni è più facile raggiungere il proprio scopo sulla terra, e a coloro i quali vivono nell’incertezza e nel rimpianto muoiono... opachi passaggi di un progetto che ha bisogno di una lunga filiera creaturale prima di trovare il suo fulgore, di applaudire la propria esperienza. 

Una giornata di totale felicità, di quelle che quando finiscono capisci che ne avrai nostalgia fino alla fine dei tuoi giorni.

Avremo mai il diritto di essere noi stessi, nient’altro che noi stessi.

Avevo assaggiato la vita, la sua pienezza, il suo scompiglio. Adesso avevo un parametro, una vetta raggiunta, avrei dato tutto me stesso per tornare davanti a quella vertigine.

Note
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