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Frasi e citazioni di Paolo Legrenzi

Selezione di frasi e citazioni di Paolo Legrenzi (Venezia, 1942), psicologo italiano, tra i maggiori esperti a livello internazionale nel campo della psicologia cognitiva, professore emerito di Psicologia all'Università Ca' Foscari di Venezia.
Bisogna essere indulgenti con se stessi e compiacersi
dei propri successi. Spesso siamo noi i giudici
più implacabili di noi stessi. (Paolo Legrenzi)
Manuale di psicologia generale
© Il Mulino, 1994

La psicologia è oggi una scienza della natura, una scienza empirica (in contrapposizione non alle scienze dello spirito, ma alle scienze cosiddette formali, come la matematica o la logica). Da questo punto di vista, la psicologia utilizza il metodo scientifico, proprio di tutte le scienze naturali. Ma all'adozione di questo metodo generale, fa riscontro l'uso di metodi particolari, in parte dovuti ai settori specifici di indagine che vengono affrontati, in parte alle opzioni teoriche dei vari ricercatori.

La felicità
© Il Mulino, 1998

Chi è veramente felice non sa di esserlo. È l'infelice che riesce a vedere i limiti del suo mondo, i limiti tracciati dalla sua insoddisfazione.

Bisogna essere indulgenti con se stessi e compiacersi dei propri successi. Spesso siamo noi i giudici più implacabili di noi stessi.

Prima lezione di Scienze Cognitive
© Laterza, 2002

Per un curioso contrasto, mai gli uomini sono stati circondati da così tanti oggetti ed eventi che sono stati costruiti da loro e, mai prima d'ora, gli uomini si erano resi conto che la loro storia è il prodotto di vincoli naturali al di fuori del loro control o. Sopravvalutare la cultura, il mondo come «interpretato» e non come «dato» o «imposto», esprime forse l'ultima speranza dell'uomo di essere al centro dell'universo.

Come la sorte determina le nostre vite, il caso ha forgiato la storia della specie.

I vincoli biologici, prodotti dall'evoluzione della specie, si riflettono nei vincoli cognitivi della mente umana. Ne emerge l'immagine di una razionalità fragile, fortemente vincolata dai limiti biologici del corpo e comunque assai meno plasmabile di quanto non si sia voluto credere (o sperare?) per buona parte del secolo scorso.

L'uomo, a differenza delle altre specie, ha creato più artefatti per adattare l'ambiente a se stesso oltre che se stesso all'ambiente.

Le scienze cognitive ci hanno mostrato come i saperi scientifici, in generale, non possano gloriarsi della scoperta di verità definitive. Non abbiamo costruito una montagna di splendide certezze, ma soltanto cumuli di rifiuti, costituiti dal progressivo incremento delle ipotesi sul funzionamento del mondo che sappiamo essere false.

Se accettiamo che la mente e il corpo umani siano il prodotto dell'evoluzione naturale, la firma ultima delle nostre capacità creative non è una divinità o la storia ma il «caso».

Creatività e innovazione
© Il Mulino, 2007

Non ci sono ricette certe per la creatività e l’innovazione. Ci si può tuttavia allenare, come un atleta, e cercare di essere preparati. La preparazione inizia con una presa d’atto degli ostacoli cognitivi, di tutto ciò che ci blocca nei tentativi di imboccare strade nuove.

A me sembra che il problema della creatività ricordi, per molti aspetti, quello della felicità. Chi è felice non si pone il problema della felicità.

Non c’è creatività senza libertà. Libertà di fare in altro modo. 

I soldi in testa
Psicoeconomia della vita quotidiana © Laterza, 2012

La specie umana combatte da millenni l’incertezza caratterizzata dalla necessità di sopravvivenza in ambienti ostili. Questa lotta secolare ha innescato tutti i progressi della tecnologia e della scienza. Oggi la battaglia è stata vinta. Anzi stravinta, al punto che è l’uomo a minacciare la natura e non viceversa. Eppure l’uomo non si è fermato. Ha incominciato a produrre egli stesso incertezza, creando organizzazioni complesse come i mercati finanziari.

Il tema generale dell’educazione finanziaria consiste nel cercare di dominare l’incertezza del futuro. 

Ogni problema della vita oggi ha un esperto: avvocati, commercialisti, notai, psicologi clinici, medici, allenatori ginnici, dietisti, vari esperti per la bellezza, e così via. Da ultimi, sono arrivati i consulenti finanziari. Forse è giunto il momento, per ogni individuo, di riappropriarsi dei problemi in modo unitario, problemi della persona umana e non di uno dei suoi pezzi, scorporato e affidato a terzi.

L’uomo ha prodotto talmente tante incertezze e complicazioni che ormai è necessario un tecnico per districarle.

I soldi sono soldi. Concepirli come sostituto di qualcosa d’altro è malsano. Esempio: se due persone stanno bene una con l’altra, e decidono di passare la vita insieme, è inutile che dichiarino di unire per sempre i loro risparmi presenti e futuri. Questo non agevolerà l’eternità del loro amore; renderà invece più penosa la separazione nella malaugurata ipotesi che questa avvenga.

Non siamo bravi nel programmarci sui tempi lunghi. Al di là di un certo intervallo, il futuro per noi non esiste o, per lo meno, non influenza le nostre scelte.

Le persone “sane” lavorano molto perché, a loro avviso, quella è l’attività che sanno fare meglio, le gratifica, e le tiene occupate conferendo senso alla loro vita.

La psicologia è un sapere ramificato, e gli psicologi fanno di tutto. Alcuni contribuiscono a costruire un mondo che altri criticano. E talvolta sono le stesse persone.

Di fronte a un fenomeno complesso come una crisi globale, non si tratta soltanto di conoscere i rudimenti di economia. Sarebbe altrettanto importante interessarsi al funzionamento della mente, e cioè a quello strano strumento che dovrebbe incamerare queste conoscenze economiche per fare scelte più ponderate.

Frugalità
© Il Mulino, 2014 - Selezione Aforismario

Le aziende ti costringono a vedere le cose dal punto di vista altrui, e cioè dal punto di vista dei clienti finali, nel tentativo continuo di renderli antifrugali, e di convincerli ad acquistare il superfluo. O meglio: il superfluo che gli proponi tu, e non quello della concorrenza.

Lo strumento principe per imboccare la strada della frugalità: i libri.

La frugalità costituisce una sorta di assicurazione contro l'incertezza del futuro e, spesso, è la premessa per il risparmio. Si può essere poveri in modi diversi, ma difficilmente un povero riesce a essere frugale.

La frugalità è l'esito di un rifiuto dell'abbondanza e del superfluo. Spesso è una decisione che riesce facile dopo che il superfluo è stato praticato. 

L'avarizia, come la povertà, non è una vera e propria scelta: alla povertà siamo costretti dalle circostanze esterne, all'avarizia dalle nostre ossessioni mentali.

A differenza delle decisioni collegate al risparmio, e finalizzate all'acquisto di beni, o a sconfiggere l'incertezza del futuro, la frugalità non ha altro scopo se non se stessa. 

Una volta, chi faceva scelte frugali spesso non si accorgeva di farle, semplicemente perché gli sembravano ovvie: si viveva così.

Il risparmio ci rende robusti, meno vulnerabili, perché la riserva costituita dal risparmio ci permette di affrontare avversità future, oggi non prevedibili. Inoltre il risparmio lascia un margine di manovra nelle scelte di vita, una sorta di cuscino di sicurezza. La frugalità, invece, produce risparmi solo come effetto collaterale: l'abitudine al poco è una difesa preventiva che ci rende invulnerabili ai rovesci della sorte.

La frugalità ha come effetto collaterale il benessere, non la ricchezza ma la tranquillità d'animo.

La frugalità non ha nulla a che fare con la povertà: essa discende da una scelta, mentre la povertà è una costrizione.

L'educazione alla frugalità, intesa come capacità di resistere alle tentazioni, è l'architrave di una buona educazione. I bambini più frugali, nel senso che resistono alle tentazioni in attesa di ricompense maggiori, sono quelli più coscienziosi e diligenti. Sono proprio coloro che più probabilmente diventeranno adulti di successo.

La costruzione dei piaceri che ci portano lontani dalla retta via della frugalità, per funzionare bene, deve essere ignota, nascosta agli occhi di chi verrà sedotto. Il prodotto non deve presentarsi come costruito a tale scopo dall'ingegno umano. Al contrario, deve presentarsi a noi come autonomo, e di per sé attraente. Solo così il fascino degli oggetti di consumo riesce a suscitare le nostre passioni, quasi si trattasse di divinità terrene.

Un'esistenza frugale può essere non solo il rifiuto del consumismo, ma la conseguenza di una scelta consapevole che facciamo per selezionare le cose importanti, illuminarle, farle risaltare, in modo da chiarire a noi stessi gli obiettivi fondamentali della nostra vita.

La buona frugalità deve essere qualcosa di più di una rinuncia alle tentazioni. I piaceri derivanti da una vita consumistica devono essere sostituiti da altri piaceri.

La buona logica 
Imparare a pensare (con Armando Massarenti) © Raffaello Cortina, 2015

Saper pensare ha conseguenze importantissime per la nostra vita. Saper pensare correttamente significa saper argomentare e parlare bene, portare avanti in modo convincente le proprie opinioni, risolvere problemi più o meno complessi e controintuitivi, riuscire nella scuola e sul lavoro. 

Il pensiero critico allena quello che, con una metafora, abbiamo chiamato “l’occhio della mente” a esaminare con cura ciò che appare a prima vista, spazzando via ombre, nebbie e miraggi.

Combattere i pregiudizi, che sono spesso condivisi dalla maggioranza, richiede sforzo e a volte genera situazioni di conflitto: non è quasi mai una scelta “conveniente” in senso stretto. 

È solo con una visione e con strumenti teorici in grado di rintracciare le origini di pregiudizi e stereotipi che possiamo efficacemente smontarli.

Il pensiero critico, fondamentale cassetta di strumenti teorici, è assente come disciplina nelle scuole e, talvolta, anche come pratica nelle famiglie, oltre che nelle aule.

È grazie al pensiero critico che si forma quel “capitale umano” che è il patrimonio più rilevante delle società tecnologicamente avanzate.

[Parliamo] di un’altra “buona scuola”, dove non si insegnano solo i “buoni sentimenti” ma anche la “logica buona”, che è sempre una forma di pensiero critico, una vittoria sulla pigrizia mentale e l’inerzia, uno strumento di analisi e di rifiuto della superficialità spesso imperante, espressa dai media tradizionali e dai social media.

Di frequente, nelle trasmissioni televisive, gli interlocutori s’interrompono l’un l’altro e qualcuno finisce per reagire esclamando: “Mi lasci terminare il ragionamento!”. E tuttavia, a ben vedere, più che con ragionamenti abbiamo a che fare con opinioni: la struttura del ragionamento non è rilevante, oscurata com’è dall’insistere su un punto di vista, spesso ribadito più volte nell’insano – e poco logico – obiettivo di farlo diventare, a furia di ripetizioni, più vero.

La mente
© Il Mulino, 2016

È falso che la mente sia un prodotto esclusivo della cultura, cioè delle riflessioni dell’uomo su se stesso, e non il risultato dell’evoluzione naturale di una specie tra le tante del nostro pianeta.

È fuorviante concepire la mente come una entità (un’anima) che ci differenzia dal resto del mondo vivente.

È falso che sia possibile conoscere il funzionamento della mente semplicemente osservando noi stessi e gli altri, dato che i meccanismi sono in larga parte inconsci.

È infondata la dicotomia tra razionalità ed emozioni. Queste ultime hanno un forte valore adattivo in quanto segnalano e modulano l’attività cognitiva. Solo in casi limite le emozioni assumono modalità di blocco o sospensione di azioni altrimenti guidate da razionalità.

Molti inconsci per un cervello
Perché crediamo di sapere quello che non sappiamo
(con Carlo Umiltà) © Il Mulino, 2018 - Selezione Aforismario

Un tempo si credeva che la «normalità» fossero i processi mentali di cui siamo consci e che il «sorprendente» fosse l’inconscio. Oggi gli esperimenti mostrano che le cose funzionano all’opposto, come in un’isola in cui l’inconscio è prevalente.

Per adattarsi a scenari in cambiamento la coscienza è importante tanto quanto quello che facciamo automaticamente, senza rendercene conto.

Probabilmente la coscienza è servita proprio per disinnescare gli automatismi se questi stavano diventando disadattivi.

Negli ultimi secoli siamo stati in grado di adattarci non solo a mondi «incontrati», come i nostri antenati, ma anche a quelli da noi stessi inventati, per esempio gli scenari offerti dalle nuove tecnologie. 

Molti credono di sapere e vengono manipolati, senza che se ne accorgano. Pochi sanno di non sapere, e quindi conoscono anche i confini del sapere. Possono così influenzare gli sprovveduti grazie a quel poco che sanno veramente.

La coscienza non è necessaria per lo svolgersi dei processi percettivi, e, forse, ciò non è tanto sorprendente, ma neppure è necessaria per lo svolgersi dei processi decisionali di ordine più elevato, e, probabilmente, ciò è sorprendente.

Note
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