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Frasi e citazioni di Vittorio Foa

Selezione di frasi e citazioni di Vittorio Foa (Torino, 1910 - Formia, 2008), politico, sindacalista, giornalista, storico e saggista italiano. È considerato uno dei padri fondatori della Repubblica italiana. Imprigionato oltre otto anni per antifascismo, dopo la Resistenza è stato deputato alla Costituente per il Partito d’azione. Dirigente della Cgil, è stato parlamentare socialista e poi senatore del Pds.
Non si possono insegnare i valori politici:
è necessario viverli. (Vittorio Foa)
Lettere della giovinezza
Dal carcere, 1935-1943 © Einaudi, 1998

Ogni vera libertà personale non può esprimersi altrimenti che nel poter scegliere il modo di rinunciarvi.

Il silenzio dei comunisti
(con Miriam Mafai e Alfredo Reichlin) © Einaudi, 2002 - Selezione Aforismario

Il comunismo è finito e l’anticomunismo continua a imperversare non come tentativo di ragione ma come insulto, non come ricerca ma come aggressione.

Cambiare idea non è la condizione per essere coerenti? Tutto sta nel come la si cambia: se io dico di avere avuto sempre ragione sono un poveretto, se spiego che con il mutare del mondo è cambiata anche la mia testa comincio a ragionare. 

La nostalgia è anche un modo giusto per distaccarsi dal passato: il passato è un punto di partenza per guardare al futuro. 

Il cambiamento è necessario, guai se non ci fosse, ma bisogna pensarlo e darne ragione. 

Vi è una differenza sostanziale tra il pacifismo e la non-violenza. La non-violenza è una posizione attiva di fronte a fatti violenti, è invenzione, è agire. È Gandhi. Il pacifismo invece può restare una negazione che non richiede iniziativa, un non fare che può esaurirsi nelle parole. È piú facile e non costa nulla.

Si può parlare giustamente dei propri meriti ricordando però anche quelli degli altri.

A partire dalla grande rivoluzione industriale fino al declino del fordismo, il lavoro è stato vissuto come la radice di ogni disegno di cambiamento sociale: il socialismo in tutte le sue scuole si è costruito su questo. Oggi il lavoro è frantumato, sfugge alle definizioni collettive e al tempo stesso rivela una nuova ricchezza nel rapporto con il sapere.

Come ottenere che lo sviluppo civile, economico, sociale non sia misurato solo sulla tecnica e sul fatturato, ma anche sull’apporto umano?

Credo sempre, forse mi sbaglio, che compito di una sinistra è anche quello di combattere la destra costruendola.

Per riformare la res publica dobbiamo prima di tutto riformare noi stessi. 

Noi rifiutiamo la menzogna, la sfacciata incoerenza fra il dire e il fare. L’irrilevanza del linguaggio indica un totale disimpegno morale. Ciò vale in ogni tempo e in ogni paese.

La costruzione dell’Europa resta per me un traguardo entusiasmante e invidio quelli che ne saranno partecipi. 

Laicamente non accetto il moralismo politico, cioè fare dipendere i comportamenti da prescrizioni esterne al soggetto, da maestri, da testi, da bibbie. Credo, però, che la politica debba pensare moralmente a sé stessa, che ciascuno debba riflettere sui propri passi. 

Le parole della politica
(con Federica Montevecchi) © Einaudi, 2008 - Selezione Aforismario

Per qualche tempo ho pensato che la politica fosse vuota perché vuote erano le sue parole.

Forse il degrado della politica e delle sue parole sta proprio nell’agire pensando di essere soli e nel pensare solo a se stessi.

Quando un ragazzo mi chiede cosa vuol dire far politica, la sola povera risposta che sento di dargli è di pensare agli altri: solo l’altro dà senso alla nostra identità.

Una caratteristica dell’irrilevanza dei discorsi di oggi è che l’interlocutore non ha piú importanza. La parola è un impegno verso qualcuno, verso qualcosa: quando l’interlocutore non è considerato o non c’è, la parola è nel vento. 

In politica, tanto a destra quanto a sinistra, un caso molto frequente di scomparsa dell’interlocutore è il cosiddetto patto dei governi verso i governati: la concretezza dei soggetti viene meno, non si sa piú chi di fatto si assume gli impegni e non si riconoscono le esistenze reali cui ci si rivolge.

Tutta la storia del sindacato è fatta di conquiste e rinunce; e le conquiste sono piú spesso di dignità che di libertà.

Ho una ripugnanza organica a ripensare il passato nei termini della fissità della memoria. Saper ripensare il passato non per riprodurre, ma guardando all’oggi, questo sí.

Giovani e popoli si ribellano. È giusto. Il bisogno del diverso, di radicalità, di rottura è ineliminabile. 

In qualunque sistema che riusciamo a formare ci sarà da ricominciare una lotta. C’è chi mi chiede se c’è uno sbocco, una finalità della lotta: per me lo sbocco è per l’appunto l’ansia di cambiamento.

Il degrado del linguaggio non è un problema di parole, ma deriva da un comportamento pratico, cioè dall’esempio.

L’esempio non nasce dalle prediche, ma dalla vita, quella che si svolge nelle scuole, negli ospedali, negli eserciti, ovunque si stia insieme.

Le scelte qualche volta sembrano difficili, ma non bisogna avere paura: si deve scegliere. 

Ogni scelta ha le sue ragioni e avere consapevolezza delle ragioni degli altri non diminuisce il valore della scelta.

Io ho sempre parlato di un individuo che non è solo: devo pensare l’individuo perché lo penso sociale, altrimenti non lo potrei pensare nemmeno come individuo, perché chiuso in se stesso egli è un’immagine vuota.

La lotta sindacale vale se ha uno sbocco politico.

Il guaio del sapere – anche il sapere ha un guaio profondo – non è tanto che molta gente non sa, quanto il fatto che quando si cerca di formare qualcuno, quando lo Stato o una comunità cercano di formare la gente, ci si accorge che quelli che si formano sono già formati e quelli che non sono formati non si riuscirà a formarli.

Nel campo del sapere è la scuola lo strumento che dovrebbe compensare e diminuire la disuguaglianza, eppure già nella scuola vediamo costruirsi una disuguaglianza drammatica: il titolo di studio, chi ce l’ha è a posto e chi non ce l’ha è fuori. 

Non si possono insegnare i valori politici: è necessario viverli.

La parola «esempio» non c’è piú nella politica, mentre è una parola essenziale: l’esempio è la cosa piú importante che si può chiedere al politico, purtroppo poi ci sono anche gli esempi negativi.

Ho sognato di essere in guerra e di avere due alternative: uccidere o essere ucciso. La mia scelta è stata di essere ucciso.

Tutto è ridotto al presente. Uso certamente una parola inadeguata, «presentismo», cioè l’incapacità di spostare la propria percezione del tempo nel futuro, e anche nel passato, nei ricordi, fuori dall’immediatezza del presente. Tutto interessa in quanto è presente, di quello che ci sarà non ci poniamo il problema, quello che c’è stato si ricorda ma in modo semplificato

Mi sento di indicare un obiettivo per il futuro: lavorare per l’unità. Lavorare per l’unità sapendo di essere diversi senza pretendere di essere uguali e rispettando le differenze che stanno alla base del progresso umano.

Frasi da discorsi e interviste
Selezione Aforismario

Adesso si scandalizzano se vedono volare pugni. Ma anche allora succedevano queste cose: però il pomeriggio, tutti insieme, facevamo la Costituzione

Non c'è niente di male ad essere indisciplinati se nell'indisciplina c'è una volontà. La cosa peggiore è quando l'indisciplina non c'è più, quando si sceglie di dare retta agli altri.

Bisogna guardare la concretezza dei fatti […] dobbiamo vedere non le idee generiche ma come si possono realizzare le cose.

La Sinistra è cattiva quando ha gli ideali perché sono ideali di Sinistra ed è cattiva quando non ha più ideali perché lascia spazio all'avventura.

La Sinistra è sempre stata capace di esprimere la protesta dei poveri, di quelli che non hanno nulla da perdere, ed è invece stata incapace di esprimere la protesta di quelli che hanno qualcosa da perdere ed hanno paura. Cos'è la Destra se non questa paura?

Credo che il male, l'intolleranza, la pulizia etnica e altro, ci siano e vadano combattuti, ma se io le chiamo "Fascismo" sono portato a rivedere le vecchie lotte e non le nuove.

Il fascismo è stato un fenomeno storico che ha avuto un inizio e una fine e farlo diventare una categoria ideologica è un errore pericoloso.

Sarebbe ora di finirla con questa damnatio memoriae per cui la storia del Novecento ruota intorno ai comunisti, agli ex comunisti ed ai comunisti o filocomunisti pentiti. C'è una grande storia che è stata rimossa: quella degli antitotalitari democratici e liberali – anticomunisti e antifascisti – che non hanno avuto bisogno di rivelazioni tardive, di omissioni generalizzate e di compiacenti assoluzioni.

Se vogliamo che le cose migliorino dobbiamo pensare che possano migliorare; la scelta è fra un mondo di possibilità e un mondo di fallimenti.

Note
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