Frasi e citazioni di Augusto Del Noce
Selezione di frasi e citazioni di Augusto Del Noce (Pistoia, 1910 - Roma, 1989), politologo, filosofo e politico italiano; professore ordinario di Storia della filosofia moderna e contemporanea all'Università di Trieste e, successivamente, di Storia delle dottrine politiche e filosofia della politica all'Università di Roma La Sapienza.
"Augusto del Noce, che durante la vita non ebbe grande affermazione né sul piano accademico né su quello genericamente culturale, ci appare ora come grande filosofo, forse il più grande filosofo cattolico italiano della seconda metà del Novecento". [Giuseppe Riconda].
Ha detto di sé Augusto Del Noce: "Nato cattolico, per uscire dal cattolicesimo avrei dovuto avere delle "ragioni"; ma queste ragioni, proposte da più parti, non mi hanno mai convinto".
Il problema dell'ateismo
Il concetto di ateismo e la storia della filosofia come problema
© Il Mulino, 1963 - Selezione Aforismario
L’ateismo come realtà invadente è il fenomeno più caratteristico della nostra epoca, senza precedenti storici.
Oggi il riconoscimento della pluralità dei criteri di morale e la negazione correlativa che si possa parlare di un’etica assoluta e definitiva, sono le asserzioni prime del pensiero che si dice laico.
Consegna del nuovo laicismo è che bisogna essere tolleranti con ogni forma di pensiero, meno che con una, quella che si presenta come asserzione di una verità assoluta e definitiva.
In ogni forma di ateismo, la critica delle religioni trascendenti trova il suo argomento nella constatazione che il loro tempo storico è ormai finito (il tema del «Dio è morto»).
L’ateismo sembra aver trionfato; la storia morale del secondo dopoguerra sembra esser quella della progressiva consapevolezza di questa vittoria.
È innegabile che nella tecnica dell’evasione dei problemi concreti, molta parte del pensiero cattolico abbia raggiunto una perfezione insuperabile, così da far sorgere il dubbio se la «filosofia cristiana» non si definisca oggi... proprio per questa tecnica.
La psicanalisi, nella sua forma freudiana, in quanto non ammette oltre a sé una filosofia autonoma, contiene effettivamente un’apparenza di prova della non esistenza di Dio. Si può riassumerla così: l'uomo ha bisogno di Dio, «dunque» Dio non esiste; l’illusorietà di un’affermazione non verificabile sensibilmente si prova mettendo in luce il bisogno che l’ha provocata.
La filosofia religiosa dell’esistenza non ha in Pascal soltanto il suo inizio, ma anche il suo punto più alto.
Si può parlare a proposito di Nietzsche di crisi tragica dell’ateismo nel senso che una negazione totale, senza conservazione, del cristianesimo, la ricerca, insomma, di un anticristianesimo che non abbia più neppure alcun aspetto eretico, vuol dire negazione, oltreché dell’ateismo, anche della religiosità; e conclude a una posizione non più vivibile, quindi alla follia.
Per l’irreligione di oggi [...] non c’è alcuna ragione di porre il problema di Dio perché l’affermazione della sua esistenza è logicamente senza senso.
Per certo neopositivismo si tratta di bandire da tutti i giudizi, così teoretici come pratici, ogni riferimento al teismo o all’ateismo: presto la «questione inutile» sarà dimenticata: il fenomeno inesorabile della crescita porterà fatalmente all’eutanasia della religione.
L’irreligione naturale è sul piano storicosociale un fenomeno di massa e sul piano ideale una specie di forma a priori che impedisce la recezione così della religione trascendente come dell’ateismo, in quanto questo a suo modo mantiene ancora l’idea del «sacro».
Nell’irreligione naturale tornano i pensieri degli antichi ateisti (l’« antico », per questa mentalità, è l’Ottocento), di Feuerbach, di Marx e di Nietzsche, ma privi del loro significato tragico o rivoluzionario. Così il « Dio è morto » prende un significato alquanto diverso dall’assassinio sacramentale nietzschiano. Finisce col voler dire piuttosto: Dio era un’idea naturale in tempi di un particolare rapporto fra l’uomo e la natura. Viveva allora nell’unico posto in cui può vivere, nel cuore degli uomini.
Per l’ateo di oggi il problema dell’esistenza di Dio è una «vana curiosità».
Alla condanna del mondo cristiano in nome della morale si sostituisce nell’ateismo la constatazione che esso è condannato, in quanto oltrepassato, dalla storia.
Si è oggi davanti a una vera e propria ascesi ateistica, come ricerca della liberazione della coscienza dal fantasma di Dio, pensato come un fantasma delle culture e delle civiltà passate che proietta la sua ombra nel presente.
È scomparsa la figura romantica dell’ateo tormentato e disperato, nostalgico dei tempi della fede.
Come negazione del fondamento teologico della scienza, della morale e della politica, l’ateismo di oggi nega anzitutto ciò che per la cultura filosofica dell’ottocento era indiscusso (che Dio sia un valore) e inibisce perciò quel processo dal valore di Dio alla sua esistenza, tipico, in diverse forme, del pensiero ottocentesco.
La ricerca etica dell’ateismo è la conciliazione piena dell’uomo e della natura, sia questa vista come completa adeguazione alle possibilità creatrici della natura o all’opposto come umanizzazione di una natura liberata dal travestimento divino.
L’ateismo, insomma, rappresenterebbe il momento della «morte di Dio», preludio a quello della sua Resurrezione. Può essere quindi considerato e vissuto dal cristiano come un momento di teologia negativa.
Tramonto o eclissi dei valori tradizionali?
1971 (con Ugo Spirito)
La prima condizione perché l'eclissi [dei valori tradizionali] abbia termine è che la Chiesa riprenda la sua funzione che non è di adeguarsi al mondo, ma di contestarlo.
Il suicidio della rivoluzione
© Rusconi, 1978
La Rivoluzione, con la maiuscola e senza plurale, è quell’evento unico, doloroso come i travagli del parto, che media il passaggio dal regno della necessità a quello della libertà raffigurato.
Articoli e scritti vari
Selezione Aforismario
Certo i cattolici hanno un vizio maledetto: pensare alla forza della modernità e ignorare come questa modernità, nei limiti in cui pensa di voler negare la trascendenza religiosa, attraversi oggi la sua massima crisi, riconosciuta anche da certi scrittori laici.
Vi è l'Incontentabilità nell'affermazione di sé - e l'Incontentabilità nella negazione - l'Incontentabilità creativa e l'Incontentabilità alteriorativa - del Creatore e del Santo - guai a chi le confonde!
Sembra che il processo verso il futuro sia quello verso il successo di una cultura fisicalista-scientista-tecnologica, a cui corrisponde una morale che inverte l’imperativo kantiano e che suona quindi: «considera l’umanità in te e in altri come mezzo e non come fine»; anche in te, perché il cosiddetto tuo realizzarti, secondo la formula corrente, è subordinato al tuo farti mezzo.
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