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Frasi e citazioni di Pierre Sansot

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Pierre Sansot (Antibes, 1928 - Narbonne, 2005), antropologo, sociologo e filosofo francese, noto soprattutto per il suo elogio della lentezza e della vita semplice, in netto contrasto coi ritmi frenetici e la mentalità consumistica della nostra epoca:
"Ho voluto descrivere alcuni atteggiamenti che incoraggiano questa lentezza e ci assicurano la serenità dell'anima. Andare a spasso: prendere tempo, lasciarsi guidare dai propri passi, da un paesaggio. Ascoltare: mettersi a disposizione di quanto gli altri dicono e prestare loro attenzione. La noia: non l'amore del nulla, ma riuscire ad accettare e apprezzare ciò che si ripete fino a divenire insignificante. Aspettare: perché il nostro orizzonte diventi sempre più ampio e libero da ogni ostacolo. La provincia: la parte appassita del nostro essere, la rappresentazione dell'anacronismo. Scrivere: perché a poco a poco si realizzi in noi la nostra verità".
La lentezza, ai miei occhi, equivale alla tenerezza, al rispetto,
alla grazia di cui gli uomini e la natura sono talvolta capaci.
(Pierre Sansot)
Chiedere la luna
Demander la Lune, 1995

Conservare è anche segno di prudenza popolare. Mia madre conservava pezzi di spago, buste usate, giornali vecchi, perché "non si sa mai, può sempre essere utile". Così forniti di oggetti il ​​cui uso non sembra scontato, ci si sente rassicurati, pronti a sostenere un assedio contro un possibile nemico, contro questo ostinato persecutore: la miseria.

Sul buon uso della lentezza
Du bon usage de la lenteur, Payot, 1998

L'agire in sé (che va al di là del concetto di lavoro) appare oggi come un valore superiore, come se, in mancanza dell'azione, l'individuo si sfibrasse e scomparisse. Di conseguenza i sognatori, quelli che contemplano o pregano, quelli che amano in silenzio o si accontentano del piacere di esistere, disturbano e vengono criticati.

L'azione non viene più lodata come esercizio necessario alla nostra formazione ma in quanto tale.

Esaltando l'azione nel suo significato più ampio, la si è estesa al di là dei confini del mondo e del tempo riservato al lavoro. In particolare, viene considerata una virtù fondamentale anche in quei momenti per i quali un tempo si parlava di riposo e non di tempo libero. Così l'azione finisce per invadere tutte le fasi della vita.

La lentezza non equivale all’incapacità di adottare un ritmo più rapido. Essa si riconosce dalla volontà di non accelerare i tempi, di non lasciarsi mettere fretta, ma anche di aumentare la nostra capacità di accogliere il mondo e di non dimenticarci di noi stessi strada facendo.
[La lenteur ne signifie pas l'incapacité d'adopter une cadence plus rapide. Elle se reconnaît à la volonté de ne pas brusquer le temps, de ne pas se laisser bousculer par lui, mais aussi d'augmenter notre capacité d'accueillir le monde et de ne pas nous oublier en chemin].

La lentezza non è il segno di una mente priva di agilità o di un temperamento flemmatico. Essa può significare che ciascuna delle nostre azioni è importante, che non dobbiamo affrettarci e preoccuparci di sbarazzarcene.

La lentezza, ai miei occhi, equivale alla tenerezza, al rispetto, alla grazia di cui gli uomini e la natura sono talvolta capaci.
[La lenteur, c'était, à mes yeux, la tendresse, le respect, la grâce dont les hommes et les éléments sont parfois capables].

Quelle persone tanto rapide dovrebbero, in linea di principio, accumulare un bel po' di tempo libero in cui finalmente poter vivere per sé stesse senza preoccuparsi dei compiti che gli sono stati imposti. Mi sembra invece che vivano miseramente, in una sorta di povertà, sempre alla ricerca di qualche istante in cui sentirsi liberi da una pressione logorante.

È meglio non affrettare i tempi ed evitare che siano loro a fare fretta a noi; un compito salutare, necessario in una società in cui ci spingono da tutte le parti e in cui spesso ci sottomettiamo volentieri a tale tortura.

Avanzare liberamente, lentamente, in una città indaffarata, dare valore solo alla meraviglia dell'istante in una società schiava del mercato sono atteggiamenti che suscitano la mia simpatia.

Andare a spasso non significa fermare il tempo, ma adattarlo a noi senza lasciare che ci metta fretta.

Ci stiamo allontanando dall'ascolto. Con queste nuove tecnologie abbiamo a che fare con individui che si scambiano informazioni, più raramente emozioni.

La cultura non è un lusso, un divertimento come spesso si è detto, ma un compito per essere sé stessi e per far diventare sé stessi gli altri.

Un uomo libero è un individuo che prende coscienza dei bisogni che gravano su di lui e che cerca di contrastarli, o meglio di utilizzarli per fiorire.

L'infinita diversità dei volti mi riempie di felicità.

Penso che la vita, per quanto mi riguarda, sia una possibilità che non mi sarà data una seconda volta: e non perché la vita ci regali qualche cosa e neppure perché su di un'ideale bilancia la somma dei piaceri superi quella dei dolori, ma perché, in ogni istante, mi rendo conto della fortuna di essere vivo, di vedere la luce ogni mattina, e le ombre ogni sera,

Il gusto della conversazione
Le goût de la conversation, 2003

Ciò che mi meraviglia delle pratiche della conversazione è che esse non sono caratterizzate da un progetto preciso, non si sottomettono a una determinata idea e, allo stesso tempo, suscitano un’impressione di senso e di coerenza.

Per quel che mi riguarda, auspico che una conversazione mi sorprenda, mi porti verso terre sconosciute, a rischio di perdermi; che mi faccia ritrovare me stesso e scoprire gli altri.

La conversazione non è solamente un passatempo piacevole destinato a rilassarci dal lavoro, alleggerire i nostri problemi. È molto di più: un’occasione di intrecciare la nostra esistenza con altre esistenze.

Una conversazione riuscita, a mio avviso, sarà vivace, con un pizzico di leggerezza (senza frivolezza) e di serietà (senza tensione).

Una conversazione può ritenersi riuscita se mi lascia il corpo riposato, la mente disposta a vivere con i miei simili, l’animo disponibile al flusso del mondo.

La gente semplice è scossa dalla vita e deve sottomettersi all’urgenza e alle esigenze di coloro che la dominano. Non s’affretta ad assaporare i piaceri che gli sono concessi ma li degusta religiosamente.

La leggerezza non è da confondere con la frivolezza. Essa non dissimula la preoccupazione di esistere, le sfortune degli uomini e la propria miseria interiore. Però non sovraccarica di tormenti le spalle dei nostri simili. L’esistenza ci porta a riflettere, questo non significa necessariamente che ci faccia apparire in pubblico pensierosi e cupi. Ci sarà tempo di interrogarsi sul senso della vita, in solitudine o in presenza di qualche amico stretto. 

Il successo è alla moda – anche se il fallimento continua ad affascinarci. 

Gli esseri leggeri si riconoscono dalla fluidità della parola e anche dalla vivacità del loro atteggiamento, particolarmente dalla maniera di farci un sorriso e di salutarci amichevolmente. Se essi ci pesano così poco, è per non metterci in imbarazzo e non contrariarci con una presenza troppo insistente.

L’uomo serio ci spaventa e irrigidisce per il suo rigore, rimproverandoci tacitamente di avere una propensione alla vita tanto spensierata. Nei confronti di queste persone, così concentrate sulla loro importanza, che avanzano con un passo pesante da senatori, tentenniamo nel volteggiare, giocare a nascondino con le parole, intimoriti dall’aspettativa di chi ci sta ascoltando.

Il pedante crede di sapere tutto: con discrezione sveliamogli quanto la sua cultura sia limitata, approssimativa, tanto da soffocarlo al punto di non saper parlare in prima persona.

Il presuntuoso che si vanta dei propri meriti: elogiamo un più discreto commensale che non ostenta le sue qualità.

Il nostro buonumore vuol dire che ci sentiamo appagati, che non desideriamo null’altro che quel preciso momento: la grazia di non so quale dio ci ha fatto visita.

Le passeggiate ci invitano a procedere con la nostra andatura, a ritornare a volte sui nostri passi, a spingerci alla deriva dove ne sentiamo il desiderio.

La bellezza non mi sopporta
La beauté m'insupporte, 2004

Essere premurosi significa andare oltre sé stessi.
[Etre prévenant, c'est aller au-devant de soi].

Nel mondo troviamo soltanto quello che ci mettiamo dentro.

Quel che resta
Ce qu'il reste, 2006 (postumo)

Vi è qualcosa di più grave dell'ignoranza: è credere di sapere ciò che non si sa.

Note
Vedi anche frasi e citazioni di: Marc AugéSerge LatoucheDavid Le Breton