Frasi e citazioni di Gianni Vattimo
Selezione di frasi e citazioni di Gianni Vattimo (Torino, 1936 - Rivoli, 2023), filosofo e politico italiano, professore emerito di Filosofia teoretica all’Università di Torino.
Tra i massimi esponenti della corrente postmoderna, Vattimo è teorizzatore del pensiero debole, che "significa non tanto, o non principalmente, un'idea del pensiero più consapevole dei suoi limiti, che abbandona le pretese delle grandi visioni metafisiche globali, eccetera; ma soprattutto una teoria dell'indebolimento come carattere costitutivo dell'essere nell'epoca della fine della metafisica". [Credere di credere, 1996].
Se c'è qualche cosa che vi appare evidente, diffidatene, è sicuramente una balla. Di tutto potete essere certi tranne delle vostre certezze più radicate. (Gianni Vattimo) |
Le avventure della differenza
© Garzanti, 1980
Il fatto paradossale è che proprio la passione per la verità, la coscienza, nella sua ricerca del vero, è giunta a mettere in crisi se stessa: ha scoperto, appunto, di essere solo una passione come le altre.
Il pensiero debole
(con Pier Aldo Rovatti) © Feltrinelli, 1983
I concetti reggenti della metafisica - come l’idea di una totalità del mondo, di un senso unitario della storia, di un soggetto autocentrato capace eventualmente di appropriarsene - si rivelano come mezzi di disciplinamento e rassicurazione non più necessari nel quadro delle attuali capacità di disposizione della tecnica.
La debolezza del pensiero nei confronti del mondo, e dunque anche della società, è probabilmente solo un aspetto della impasse in cui il pensiero si è venuto a trovare alla fine della sua avventura metafisica.
La razionalità deve, al proprio interno, depotenziarsi, cedere terreno, non aver timore di indietreggiare verso la supposta zona d’ombra, non restare paralizzata dalla perdita del riferimento luminoso, unico e stabile, cartesiano.
Il dibattito filosofico ha oggi almeno un punto di convergenza: non si dà una fondazione unica, ultima, normativa.
Animali quarto mondo
in AA. VV., I diritti degli animali, a cura di L. Battaglia e S. Castignone
© Centro di Bioetica, Genova 1987
In un'epoca in cui l'umanità si vede sempre più minacciata nelle stesse elementari possibilità di sopravvivenza (la fame, la morte atomica, l'inquinamento) la nostra radicale fratellanza con gli animali si presenta in una luce più immediata ed evidente.
La società trasparente
© Garzanti, 1989
La crisi dell’idea di storia porta con sé quella dell’idea di progresso; se non c’è un corso unitario delle vicende umane, non si potrà neanche sostenere che esse procedono verso un fine, che realizzano un piano razionale di miglioramento, educazione, emancipazione.
L’ideale europeo di umanità è stato svelato come un ideale fra altri, non necessariamente peggiore, ma che non può, senza violenza, pretendere di valere come l’essenza vera dell’uomo, di ogni uomo.
L’intensificazione delle possibilità di informazione sulla realtà nei suoi più vari aspetti rende sempre meno concepibile la stessa idea di una realtà. Si attua forse, nel mondo dei mass media, una «profezia» di Nietzsche: il mondo vero alla fine diventa favola.
Credere di credere
© Garzanti, 1996 - Selezione Aforismario
Se deve avere un senso lo sforzo di fare il bene, di agire secondo la legge morale, bisogna che si possa ragionevolmente sperare che il bene (e cioè l'unione di virtù e felicità) si realizzi in un altro mondo, visto che in questo palesemente non si dà.
Il problema di Dio si pone in connessione con l'incontro di un limite, con il darsi di uno scacco.
Credevamo di poter realizzare la giustizia sulla terra, vediamo che non è possibile, e ricorriamo alla speranza in Dio. Incombe su di noi la morte come evenienza ineludibile, sfuggiamo alla disperazione rivolgendoci a Dio e alla sua promessa di accoglierci nel suo regno eterno. Dio si scoprirà dunque soltanto là dove si urta in qualcosa di radicalmente spiacevole?
La «fine della modernità», o comunque la sua crisi, ha portato con sé anche la dissoluzione delle principali teorie filosofiche che ritenevano di aver liquidato la religione: lo scientismo positivista, lo storicismo hegeliano e poi marxista. Oggi non ci sono più plausibili ragioni filosofiche forti per essere atei, o comunque per rifiutare la religione.
Oggi è accaduto che sia la credenza nella verità «oggettiva» delle scienze sperimentali, sia la fede nel progresso della ragione verso il suo pieno rischiaramento, appaiono credenze superate.
Tutti siamo ormai abituati al fatto che il disincanto del mondo ha prodotto anche un radicale disincanto dell'idea stessa di disincanto; o, in altri termini, che la demitizzazione si è alla fine rivolta contro se stessa, riconoscendo come mito anche l'ideale della liquidazione del mito.
La rivelazione non rivela una verità-oggetto; parla di una salvezza in corso.
Dovremmo tutti rivendicare il diritto a non essere allontanati dalla verità del Vangelo in nome di un sacrificio della ragione richiesto solo da una concezione naturalistica, umana troppo umana, e in definitiva non cristiana, della trascendenza di Dio.
Non dobbiamo più considerarci servi di Dio, ma suoi amici.
La filosofia della religione del nostro secolo è prevalentemente «esistenzialistica»: mentre san Tommaso e il Medio Evo pensavano di provare l'esistenza di Dio a partire dall'ordine del mondo, il pensiero religioso moderno cerca le prove di Dio soprattutto nella precarietà e tragicità della condizione umana.
Oggi le tante contraddizioni della scienza-tecnica, dalla devastazione ecologica ai nuovissimi problemi della bioetica, sembrano dover far riconoscere a tutti che «ormai solo un Dio ci può salvare», come dice Heidegger.
[Credere di credere]: questa mi sembra la migliore formulazione dei miei rapporti con la religione − quella cristiana cattolica nella quale sono cresciuto, e che rimane il termine di riferimento quando penso alla religione.
Se dico che credo di credere, in che cosa, della dottrina cristiana così come tutti l'abbiamo ricevuta, credo di credere? Mi considero un mezzo credente anche perché non riuscirei a rispondere in modo esauriente a questa domanda.
«Credere di credere», in fondo, vuol dire un po' tutto questo: anche forse scommettere nel senso di Pascal, sperando di vincere ma senza esserne affatto sicuri. Credere di credere o anche: sperare di credere.
Cos'è la religione oggi?
(con Giovanni Filoramo ed Emilio Gentile) © Ets, 2005
Se c'è qualche cosa che vi appare evidente, diffidatene, è sicuramente una balla. Di tutto potete essere certi tranne delle vostre certezze più radicate.
Il futuro della religione
(con Richard Rorty) © Garzanti, 2005
Come la letteratura occidentale non sarebbe pensabile senza i poemi omerici, senza Shakespeare, senza Dante, così la nostra cultura nel suo più ampio insieme non avrebbe senso se volessimo tagliarne via il Cristianesimo.
Della realtà
Fini della filosofia © Garzanti, 2012
Il filosofo è coinvolto nell’Essere di cui si pone il problema. Opera qui una sorta di principio di indeterminazione: non si può parlare dell’Essere se non partecipandovi ed essendo momento attivo della sua storia.
Verità si dà quando ci mettiamo d’accordo.
Contrariamente alla famosa frase di Marx sui filosofi che hanno solo interpretato il mondo mentre si tratta di cambiarlo, è proprio interpretando il mondo – e non pretendendo di descriverlo nella sua datità «oggettiva» – che si contribuisce al suo cambiamento.
Essere e dintorni
© La Nave di Teseo, 2018 - Selezione Aforismario
Paradosso iniziale: la filosofia, che si è tradizionalmente presentata come la scienza più “essenzialista”, anzi, come tale è nata, non può definire se stessa in termini essenziali, come se potesse dire: la filosofia è...
Perché ci ri-domandiamo che cosa significa far filosofia? Risposta: perché non lo sappiamo ancora.
Conferenze, lezioni, seminari, convegni, inviti qui e là. Sfido chiunque a dire che oggi la filosofia non si fa così, solo un “bieco metafisico” potrebbe pensarlo.
Finora i filosofi hanno creduto soltanto di interpretare il mondo, ma in verità lo stavano trasformando. Così si potrebbe riscrivere la famosa frase di Marx.
Se oggi c’è davvero un nuovo bisogno di metafisica, ciò dipende dal fatto che, paradossalmente, ci troviamo di nuovo nella condizione mitica dell’uomo primitivo: la si può esprimere con l’aforisma con cui Friedrich Nietzsche apre il primo volume di Umano, troppo umano: “I problemi filosofici assumono, oggi, quasi sotto ogni aspetto, la stessa forma interrogativa di duemila anni fa.”
Il bisogno di metafisica caratterizza tutta la storia della civiltà dell’uomo che, vivendo in comunità, necessita di legittimazione, tanto nelle relazioni con gli altri uomini, quanto nei confronti della sua coscienza morale.
Fin dalla sua nascita in Grecia, il tratto generale della filosofia è una sorta di vocazione “pedagogica” a presentarsi come una possibilità di salvezza per l’essere umano.
Note