Frasi e citazioni di Roberto Giovanni Timossi
Selezione di frasi e citazioni di Roberto Giovanni Timossi (Genova, 1953), filosofo italiano. Noto per i suoi studi critici sull'ateismo, Timossi è specializzato in studi di logica, teologia filosofica e filosofia della scienza.
La fede autentica non rifiuta mai il confronto con la ragione e non teme la critica razionale, ma li affronta serenamente, avvalendosi sempre del conforto della Rivelazione. (Roberto Giovanni Timossi) |
Prove logiche dell'esistenza di Dio
da Anselmo d'Aosta a Kurt Gödel. Storia critica dell'argomento ontologico
© Marietti, 2005 - Selezione Aforismario
Tra credenti, deisti, atei e agnostici sussiste un unico terreno per un possibile confronto: quello delle argomentazioni logiche, ossia quel denominatore comune a tutte le menti umane di qualsiasi tempo e di qualsiasi formazione culturale che è il ragionamento logico.
Le prove logiche dell'esistenza di Dio rappresentano il supremo tentativo umano di estendere i limiti della ragione oltre i confini dell'esperienza possibile.
Ormai è largamente accettato anche dalle scienze naturali che non tutto può essere provato tramite le sole osservazioni empiriche dirette e che vi sono delle verità conseguibili con l'ausilio della dimostrazione logica.
La vita umana, in particolare, dipende dalla risposta alla domanda sulla realtà di Dio: che ne siamo o non ne siamo consapevoli, in base alla risposta che ciascuno di noi dà a tale interrogativo cambia totalmente il significato della nostra esistenza.
Anche l'ateo e l'agnostico, se sono degli onesti e non superficiali cercatori della verità, non possono non sentire il dovere di verificare attentamente ogni argomento a favore dell'esistenza di Dio che venga formulato tramite ragionamenti logici.
Ogni tentativo razionale di affermare o negare un Ente supremo rappresenta sempre e comunque una sfida alla quale nessun essere pensante può sottrarsi, se non per ignavia oppure per stoltezza o, peggio ancora, per colpevole indifferenza.
Si può non condividere la scelta di concepire il problema di Dio come l'argomento centrale della riflessione filosofica, ma non si può certo negare che tale questione è sicuramente quella maggiormente ricorrente nella storia della filosofia occidentale.
È ormai generalmente acquisito che l'idea di Dio non sorge spontaneamente nella mente di ciascun individuo, ma viene influenzata dall'ambiente esterno, tanto è vero che essa muta nello spazio (la nozione del divino di un cinese non è normalmente la stessa di un italiano) e nel tempo (il concetto di Dio degli antichi egizi era sicuramente diverso dal nostro).
La presenza degli atei costituisce forse la migliore prova di come l'esistenza di un Ente supremo sia tutt'altro che di per sé evidente e di come pertanto essa vada necessariamente dimostrata per poterla annoverare tra le conoscenze possibili.
L'esistenza di Dio non può pertanto essere data per acquisita o per immediatamente nota, ma necessita di essere dimostrata attraverso i normali strumenti della conoscenza umana: l'esperienza sensibile e il ragionamento logico.
Chi crede sente l'esigenza di comprendere con la ragione il contenuto della Rivelazione, nella convinzione che il suo Credo non potrà mai trovarsi in conflitto con l'intelligenza, anzi ne costituisce il presupposto indispensabile (credo ut intelligam).
La fede autentica non rifiuta mai il confronto con la ragione e non teme la critica razionale, ma li affronta serenamente, avvalendosi sempre del conforto della Rivelazione.
Nel segno del nulla
Critica dell'ateismo moderno © Lindau, 2015 - Selezione Aforismario
Uno spettro si aggira per il mondo globalizzato: lo spettro dell’ateismo.
L’ateismo appare sempre più come la caratteristica unificante di diverse culture e concezioni filosofiche perché sembra costituire l’unico terreno comune di indirizzi di pensiero e di azione distanti tra loro, se non addirittura contrapposti.
Nell’età del pluralismo e del relativismo dei punti di vista e delle idee, l’ateismo cerca di imporsi come l’unico postulato di ordine generale o perlomeno come una delle poche convinzioni umane davvero trasversali.
L’ateismo moderno è in primo luogo una manifestazione pratica, vale a dire un modo concreto di vivere nel quotidiano etsi Deus non daretur (come se Dio non ci fosse),
L’attuale diffuso atteggiamento ateo è sicuramente uno dei prodotti della secolarizzazione e degli effetti di uno stile di vita disincantato rispetto al trascendente, nonché predisposto dai progressi della tecnologia e dalle banalizzazioni del consumismo a cogliere maggiormente o preferibilmente le esigenze pratiche piuttosto che quelle teoretiche o di valenza superiore.
Possiamo oggi vedere bene come l’ateismo contemporaneo iniziato con il pensiero moderno abbia percorso una parabola che dall’esaltazione dell’uomo fin quasi alla divinizzazione l’ha condotto a esiti oggettivamente nichilistici.
L’ateismo attuale può essere interpretato come il segno della crisi della modernità e della postmodernità, come la condizione in cui l’essere umano alla fine si ritrova solo a tu per tu con la prospettiva del nulla.
La dottrina ontologista, così come qualsiasi altro tentativo di proclamare l’esistenza di Dio come autoevidente, si scontra sempre con due dati oggettivi: la presenza nel mondo di persone che non credono in Dio e i diversi modi di concepire il divino.
Chi nega l’esistenza di Dio può anche essere reputato dal credente ebraico-cristiano un «insipiente», perché nelle Sacre Scritture l’ateismo è contrassegnato come un non-senso, ma resta a ogni modo il fatto che l’ateismo rappresenta una posizione razionalmente ammissibile, poiché il divino non è spontaneamente evidente alla ragione.
Comunque la si pensi, è fuori discussione che la nascita della scienza moderna ha rappresentato un cambiamento culturale di una tale portata che non poteva e non può non avere avuto ripercussioni sia nei confronti del problema razionale dell’esistenza di Dio, sia della mentalità religiosa in senso lato e di quella cristiana in particolare.
Se il problema del senso della vita ancora talvolta assilla i filosofi, nell’epoca della filosofia postmetafisica e postmoderna si tenta di risolverlo trovando una risposta all’interno del mondano ordine naturale, cioè in ciò che per la scienza non ha alcun fine teleologico o scopo ultimo.
Dal punto di vista filosofico l’ateo moderno è colui che nega l’esistenza di un Ente trascendente quale origine e fondamento di tutto quanto esiste, che crede nella sola esistenza del nostro mondo, dove gli uomini sono esseri finiti come tutti gli altri viventi, ma che possono gestire in assoluta autonomia buona parte del loro destino.
L’individuo secolarizzato è in definitiva un «uomo pratico» che non dà ascolto alle ideologie di nessun genere, tantomeno a quelle politiche, ma neppure alle religioni e alle spiegazioni metafisiche. È un «uomo autarchico», che pensa di poter decidere da solo e in autonomia ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
L’ateo è passato progressivamente dal banco dell’imputato su cui l’aveva posto il Medioevo, incolpandolo di essere un insipiente o un folle, al banco dell’accusa dal quale si scaglia soprattutto contro i credenti e i rappresentanti istituzionali delle diverse religioni, a iniziare da quella cristiana.
Dal punto di vista della selezione naturale gli esseri umani religiosi hanno un chiaro vantaggio competitivo rispetto ai non credenti, in quanto nella lotta per la sopravvivenza la fede religiosa infonde loro energia psicologica, propensione alla solidarietà di gruppo e fiducia nei propri mezzi.
L’ateismo moderno ha in ultima analisi quale obiettivo primario quello di eliminare definitivamente l’idea di Dio dalla coscienza e dalla Storia al fine di consentire all’essere umano, come singolo e come collettività, di esprimere compiutamente e liberamente se stesso.
Pressoché tutto l’ateismo finisce per essere postulatorio, per presupporre per certa la non esistenza di Dio senza davvero dimostrare la falsità delle affermazioni dei teisti o dei deisti.
A ben guardare la natura postulatoria dell’ateismo si tramuta in ultima istanza in un approccio teologico, in una forma di teologia che intende sostituire al divino l’uomo singolo oppure la specie umana.
Come non rilevare che certo ateismo sembra ricusare Dio in quanto ente assoluto per poi sostituirlo con altre modalità o concetti di assoluto, cadendo in un’evidente contraddizione e in un circolo vizioso?
L’umanesimo assoluto è autocontraddittorio e pertanto inconsistente sia sotto l’aspetto logico sia sotto quello filosofico: esso perciò rilancia indirettamente l’esigenza razionale di Dio quale fondamento dell’essere e dell’esistenza umana.
L’unico argomento dell’ateismo di una certa efficacia resta alla fine quello del male, quello cioè della sofferenza innocente e dell’indifferenza della natura.
Anche le prove antiteodicetiche non si dimostrano razionalmente in grado di confutare l’esistenza di un Dio onnipotente e buono, perché se non si può provare con certezza che il nostro è il migliore dei mondi possibili, non si può però neppure provare il contrario, ovvero che effettivamente non lo sia.
A meno che non ci venga rivelato in modo soprannaturale, non ci è consentito conoscere la maniera in cui un Dio onnipotente e provvidente può esercitare al meglio la sua onnipotenza e la sua provvidenza, quindi tantomeno siamo in grado con la sola ragione di esprimere argomenti confutatori della sua esistenza fondati sulla presenza del male.
Il nostro concetto di Dio serve in definitiva per dare conto dell’esistenza di un ordine cosmico che senza un Creatore non avrebbe potuto esistere, e contestualmente ad attribuire un senso all’esistenza umana, rendendola accettabile pure al cospetto del male.
Questo sembra del resto l’esito finale della parabola dell’ateismo contemporaneo: si parte dalla negazione di Dio per affermare maggiormente l’uomo, si dà spazio al caso per negare la presenza di un Creatore, ma si approda soltanto al nichilismo dissolutorio; si finisce cioè per nullificare qualsiasi cosa, per far sprofondare la causa umana nel vuoto esistenziale.
Note