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Frasi e citazioni di Emanuele Coccia

Selezione di frasi e citazioni di Emanuele Coccia (Fermo, 1976), filosofo italiano, professore presso l'École des hautes études en sciences sociales. Le seguenti riflessioni filosofiche di Emanuele Coccia sono tratte dai libri: La vita sensibile (2011), La vita delle piante (2018), Metamorfosi (2020), Filosofia della casa (2021).
Foto di Emanuele Coccia
La vita non è che un’unità cosmica che stringe la materia della Terra in un’intimità carnale.
Siamo tutti carne della stessa carne, indifferentemente dalla specie cui apparteniamo.
(Emanuele Coccia)

La vita sensibile
© Il Mulino, 2011

Ci consideriamo esseri razionali, pensanti e parlanti, eppure per noi vivere significa innanzitutto guardare, gustare, tastare o annusare il mondo. Sappiamo e possiamo vivere solo attraverso il sensibile.

La sensibilità è qualcosa di più di una facoltà conoscitiva. Sensibile è, in tutto e per tutto, il nostro stesso corpo. 

Siamo sensibili nello stesso grado e con la stessa intensità in cui viviamo di sensibile: siamo per noi stessi e per gli altri solo un’apparenza sensibile. 

Il nostro rapporto primario all’esistente non è un atto di contemplazione immateriale, e nemmeno un fatto pratico, morale, etico. Il nostro rapporto al mondo è vita sensibile: sensazioni, odori, immagini, e soprattutto un’ininterrotta attività di produzione di realtà sensibili.

Essere-nel-mondo significa innanzitutto essere nel sensibile, muoversi in esso, farlo e disfarlo senza interruzioni.

Solo nella vita sensibile si dà mondo, e solo come vita sensibile siamo al mondo.

Vita sensibile non è solo ciò che la sensazione risveglia in noi. È il modo in cui ci diamo al mondo, la forma in cui siamo nel mondo.

La vita delle piante
Una metafisica della mescolanza © Il Mulino 2018

Nel mondo intellettuale, la denuncia della separazione tra uomo e animale (la macchina antropologica di cui parla la filosofia) è ormai diventata un luogo comune. Nessuno, invece, sembra aver mai messo in discussione la superiorità della vita animale sulla vita vegetale, e il diritto di vita e di morte della prima sulla seconda.

Vivere è essenzialmente vivere della vita altrui: vivere nella e attraverso la vita che altri hanno saputo costruire o inventare.

Un numero infinito degli oggetti e degli strumenti di cui disponiamo deriva dalle piante (gli alimenti, i mobili, i vestiti, il carburante, i medicinali); ma, soprattutto, tutta la vita animale superiore (che ha carattere aerobico) si nutre dello scambio organico gassoso di questi esseri (l’ossigeno). Il nostro mondo è un fatto vegetale, prima di essere un fatto animale.

Non si può separare – né fisicamente né metafisicamente – la pianta dal mondo che la accoglie. Essa è la forma più intensa, radicale e paradigmatica dell’essere-nel-mondo. 

La botanica non è solo una scienza particolare: è un sapere privilegiato sul legame più stretto ed elementare che la vita possa stabilire con il mondo. È vero anche l’inverso: la pianta è il più puro osservatorio per la contemplazione del mondo nella sua interezza.

Noi non potremo mai comprendere una pianta senza aver compreso che cos’è il mondo.

[Le piante] sono prive di sensi ma non sono affatto inaccessibili: nessun altro vivente, infatti, aderisce al mondo circostante con più intensità. 

Ogni verità è legata a ogni altra verità allo stesso titolo con cui ogni cosa è legata a ogni altra cosa. 

Nel mondo tutto è mescolato con tutto, nulla è ontologicamente separato dal resto. Lo stesso vale per le conoscenze e le idee. Nel mare del pensiero, tutto comunica con tutto, ciascun sapere è in compenetrazione reciproca con tutti gli altri.

Impossibile [in filosofia] distillare un metodo unico; il solo metodo è un amore estremamente intenso per il sapere, una passione selvaggia, bruta e indocile per la conoscenza in tutte le sue forme e in tutti i suoi oggetti.

La filosofia è la conoscenza nel regno di Eros, il più indisciplinato e rozzo di tutti gli dèi. Essa non potrà mai essere una disciplina.

La filosofia è atmosferica, perché la verità esiste sempre sotto forma di atmosfera. È solo nella sua mescolanza con il resto degli elementi che ogni cosa trova la sua identità: l’atmosfera è più vera dell’essenza.

La natura atmosferica della conoscenza filosofica si manifesta nella sua forma e nella sua impossibilità di ridursi a un sapere definito da un oggetto, da un metodo o uno stile determinato, che ne escluderebbero altri.

Un film, una scultura, una canzone pop, ma anche un sasso, una nuvola, un fungo può essere filosofico con la stessa intensità di un trattato di geologia, della Critica della ragion pura o di un adagio pronunciato con la finta sprezzatura del dandy.

Metamorfosi
Siamo un'unica, sola vita © Einaudi 2020

La vita di tutte le specie è una, e una sola. Poco importa che si tratti di cani, gatti, querce, lecci, soffioni, platani, maiali, porcini, falene, streptococchi: tutte le forme di vita sono figurazioni di una medesima sostanza, modi accidentali che non smettono di crearsi l’uno dall’altro e di distruggersi l’un l’altro. 

La vita non è che un’unità cosmica che stringe la materia della Terra in un’intimità carnale. Siamo tutti carne della stessa carne, indifferentemente dalla specie cui apparteniamo.

La nostra vita comincia ben prima della nostra nascita e finisce molto tempo dopo la nostra morte. Il soffio vitale che è in noi non si esaurisce nel nostro cadavere, ma nutrirà tutti quelli che troveranno in esso un pasto da celebrare.

L’evoluzione è un ballo in maschera che si svolge nel corso del tempo e permette a ogni specie, di epoca in epoca, di indossare un nuovo abito, diverso da quella della specie che l’ha generata, e ai figli e alle figlie di rendersi irriconoscibili e di non riconoscere piú i propri genitori. 

Le specie non sono sostanze, non sono entità reali, ma «giochi di vita» (nel senso in cui, per quanto concerne la parola, si parlerebbe di «giochi linguistici»), configurazioni instabili e necessariamente effimere di una vita che ama passare e transitare da una forma all’altra. 

Non c’è contrapposizione tra il vivente e il non vivente. Non solo ogni essere è in un rapporto di continuità con il non vivente, ma ne è il prolungamento, la metamorfosi, l’espressione piú estrema.

In un certo senso, tutti i viventi sono lo stesso corpo, la stessa vita e lo stesso io che continua a passare di forma in forma, di soggetto in soggetto, di esistenza in esistenza.

Ogni specie decide del destino evolutivo dell’altra, è artista e opera allo stesso tempo. Noi umani, per esempio, siamo un’opera d’arte realizzata dalle scimmie che hanno deciso di modificare il proprio corpo per produrre un altro modo di vivere. Noi siamo la loro specifica performance che dura da trecentomila anni.

Portiamo in noi i nostri genitori, i nostri nonni, i loro genitori, le scimmie preumane, i pesci, i batteri, fino ai piú infinitesimi atomi di carbonio, di idrogeno, di ossigeno, di azoto, ecc. Non saremo mai omogenei, trasparenti, perfettamente riconoscibili.

Filosofia della casa
Lo spazio domestico e la felicità © Einaudi, 2021

Possiamo sostare in ufficio e peregrinare tra negozi, gironzolare nei labirinti di strade e traverse o chiuderci nei teatri e nei cinema, sedere nelle terrazze dei bar e mangiare al ristorante, correre negli stadi e nuotare nelle piscine. Ma prima o poi dovremo rientrare a casa, perché è sempre e solo grazie e dentro una casa che abitiamo questo pianeta.

Sotto, dentro, dietro la città c’è sempre una casa che ci permette di viverci. La vita che prova a coincidere con lo spazio urbano, ad abitarlo senza mediazioni, è destinata a morire: il solo cittadino vero e assoluto è il senza tetto, il clochard; è la vita vulnerabile, quella che, per definizione, è esposta alla morte.

Abitare non significa essere circondato da qualcosa né occupare una certa porzione dello spazio terrestre. Significa intrecciare una relazione talmente intensa con certe cose e certe persone da rendere la felicità e il nostro respiro inseparabili. 

Non è certo per proteggerci dalle intemperie che costruiamo case, e non è per far coincidere lo spazio con l’ordine della genealogia o del nostro gusto estetico. Ogni casa è una realtà puramente morale: costruiamo case per accogliere in una forma di intimità la porzione di mondo – fatta di cose, persone, animali, piante, atmosfere, eventi, immagini e ricordi – che rendono possibile la nostra stessa felicità.

La felicità non è un’emozione, né un’esperienza puramente soggettiva. È l’armonia arbitraria ed effimera che stringe per un attimo cose e persone in una relazione di intimità fisica e spirituale.

La modernità filosofica ha puntato tutto sulla città: il futuro del globo però non potrà che essere domestico. Abbiamo bisogno di pensare la casa: viviamo nell’urgenza di fare di questo pianeta una vera e propria dimora, o meglio di fare della nostra abitazione un vero pianeta, uno spazio capace di accogliere tutte e tutti. 

Malgrado tutto, dobbiamo tutto alle pietre. Viviamo principalmente in edifici di pietra. Non sono piú grotte, ma enormi costruzioni minerali che modelliamo nelle forme piú diverse.

La combinazione di attività umane ha trasformato la superficie geologica tanto da renderla incomparabile con il passato. Siamo su un pianeta diverso da quello che i nostri antenati hanno conosciuto, descritto, dipinto e fotografato.

Non siamo sue figlie e suoi figli e la Terra non è nostra madre. Il legame è ancora piú forte, piú radicale, piú inevitabile. Siamo carne della sua carne. La nostra vita è intimamente legata al suo corpo: viviamo nel suo corpo e del suo corpo.

Siamo a casa ovunque: tutto è abitato o è stato abitato dall’uomo, ogni porzione del globo si è trasformata in stanza, garage, cucina, sgabuzzino, bagno cosmici.

Uno dei modi per descrivere l’Antropocene è che il pianeta stesso è diventato casa.

In questo nuovo spazio, in questa casa fattasi pianeta, è impossibile non essere cosmopoliti, cosí come rivendicare una identità locale: i continenti e le nazioni sono stanze di un unico enorme appartamento. Impossibile desiderare di conquistare qualcosa: sarebbe come lanciarsi nell’imperialismo del bagno a partire dalla cucina o viceversa.

Note
Leggi anche le citazioni dei filosofi italiani: Giorgio AgambenMaurizio Ferraris - Telmo Pievani

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