Frasi e citazioni di Gualtiero Marchesi
Selezione di frasi e citazioni di Gualtiero Marchesi (Milano, 1930-2017), cuoco e gastronomo italiano, tra gli chef italiani più noti al mondo e quello che ha maggiormente contribuito allo sviluppo della cucina italiana (non a caso, molti chef italiani diventati famosi sono stati allievi di Gualtiero Marchesi). Come ha affermato lui stesso in un'intervista del 2017:
"Fin dall’inizio, la mia scelta è stata di rendere le ricette essenziali, di pulire, attualizzando la tradizione, svecchiando la cucina italiana, dandogli quel po’ di virilità, di composizione e di leggerezza in più rispetto alle sue origini matriarcali". [...] "La cucina italiana è grande se eseguita bene, quando cioè rispetta la pluralità di microclimi che distingue la Penisola. Tradizione e innovazione sono i cardini da cui non si può prescindere. La nostra cucina è una cucina che esalta, con quasi un eccesso di offerta, l’incredibile varietà di prodotti e di maniere di cucinarli".
Le seguenti riflessioni di Gualtiero Marchesi sono tratte dal libro Oltre il fornello (pubblicato nel 1986 e in un'edizione rivista e aggiornata nel 2009), che costituisce un vero e proprio gioiello di filosofia gastronomica:
"L’intento di questo libro è quello di divulgare il bagaglio tecnico di cui il cuoco fa uso quotidiano e che tuttavia si cercherebbe inutilmente nel comune ricettario. Di per sé una ricetta si limita infatti a prescrivere una sequenza di operazioni: quel che ho cercato di chiarire, invece, è ciò che sta a monte, ossia le ragioni di questi procedimenti. Così in questo trattatello di tecnologie culinarie non si troveranno ricette se non descritte per i sommi capi allo scopo di illustrare un procedimento, di analizzare un metodo, di esemplificare un principio più generale. Si troveranno invece notizie e suggerimenti su tutto ciò che può far la differenza in cucina: come ottenere il meglio da un alimento, come riconoscerne la qualità e la freschezza, come scegliere con cognizione di causa, come conciliare le esigenze del gusto e le nostre necessità nutritive".
Credo in una cucina in cui sapori delicati, consistenze e colori dei cibi compongono un’unica armonia che consenta di capire la bontà di un piatto ancor prima di averlo assaggiato. (Gualtiero Marchesi) |
Oltre il fornello
Segreti e consigli del re dei cuochi © Rizzoli, 1986/2009 - Selezione Aforismario
Le fondamenta della grande cucina restano inalterate, come i modi di operare, ma i tempi cambiano e la società richiede che l’arte culinaria si adegui ai nuovi costumi sottoposti, oggi più che mai, agli intensi ritmi che la vita odierna richiede.
Più l’attività dell’uomo è esasperatamente densa, in minor grado e minor interesse viene considerata la gastronomia. Ma è solo allora che la vera grande cucina si inserisce e diviene importante, studiando il modo di offrire un nutrimento sano, gustoso e facilmente digeribile, adatta ai tempi brevi a essa dedicati e al modo di pensare del commensale che si divide tra pranzo e affari.
Nasce spontaneo un confronto «musicale» tra compositore e creatore di ricette: entrambi, concretizzata la loro ispirazione, raramente avranno l’occasione o la necessità, di eseguire il pezzo di musica o la ricetta, e quindi non avranno nessuna ragione di effettuare variazioni al loro «manufatto» già definito e congedato al giudizio del pubblico. L’esecutore, invece, ogni volta potrà, dietro un’insindacabile spinta intellettuale, modificare la sua interpretazione perfezionandola e impreziosendola di nuove emozioni.
Mi torna in mente una frase illuminante di Béla Bartók che dice: «L’improvvisazione presuppone la conoscenza della materia». Così come non si può comporre musica senza conoscere le note, come si può far cucina senza conoscere la materia?
Quando la cucina diventa arte, mostra chiaramente anch’essa le sue origini, perché le sue radici affondano nel territorio in cui vivono e respirano condizionate dal microclima locale.
Nell’arte culinaria, ogni gesto ha una sua intrinseca giustificazione: induce determinate trasformazioni chimiche e fisiche, obbedisce a precise norme igieniche e dietetiche e possiede infine una propria logica interna, che ne fissa lo scopo ed è squisitamente gastronomica.
Da sempre, sicuramente anche da quando eravamo bimbi, ci hanno raccomandato di mangiare lentamente, per «digerire bene», si diceva, ma in effetti questa raccomandazione nascondeva, senza saperlo, una grande verità, che era la maniera migliore di mangiare per gustare il cibo e raggiungere l’essenza insita nella materia.
Una buona masticazione non significa «girare il boccone in bocca», ma ci permette di capire il vero sapore di ciò che stiamo mangiando.
Dal momento che la natura ci impone di nutrirci, facciamolo nel migliore dei modi, con criterio e con diletto, osservando tutti quegli accorgimenti che, per quanto piccoli, conseguono il massimo allettamento del palato nel rispetto della salute.
Il cuoco, con il paniere di prodotti di cui dispone, può dar vita a una cucina «ruspante» così come a una di alta ristorazione. Se ignorasse i prodotti locali la sua cucina perderebbe il senso della stagionalità e rischierebbe di essere ripetitiva.
Quando la cucina interrompe la ricerca del passato e smette di proiettarsi nel futuro, quando non considera i prodotti del territorio e la loro stagionalità, finisce per assomigliarsi un po’ tutta.
È la leggerezza, salvo eccezioni, a connotare l’alta cucina. Leggerezza che consente di ottenere due risultati: il gusto del commensale diventa più sensibile e la salute ne guadagna.
Da parte mia credo in una cucina in cui sapori delicati, consistenze e colori dei cibi compongono un’unica armonia che consenta di capire la bontà di un piatto ancor prima di averlo assaggiato.
Comporre un menu [1] significa assecondare l’originaria vocazione del gusto per la diversità nei sapori e negli aromi: disporre, cioè, le differenti portate del pasto in una successione armoniosa e stimolante, in modo da solleticare senza sosta il palato.
Non è un caso che il buongustaio sia, per temperamento, infedele: non s’intestardisce mai su un piatto particolare, né su un ristretto novero di essi ma è sempre all’insaziabile ricerca di nuovi sapori ed emozioni.
In un menu ben congegnato, la successione delle portate è scandita da contrappunti: l’armonia dell’insieme scaturisce infatti dall’alternarsi di piatti dalle caratteristiche contrastanti, così da tener sempre desta la curiosità del palato.
Trovo che sia del tutto inutile la mania di paragonare tutto a tutti. Si finisce per non apprezzare più la singolarità di una cosa, qualunque essa sia così com’è.
Non è poi vero che «non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace», è bello ciò che è bello! Ciò che piace si rivela una scelta e niente più. È lo stesso che accade in cucina, dove non è vero che «non è buono ciò che è buono, ma è buono ciò che piace», ciò che è buono è buono! E chi stabilisce che è buono? Il gusto, ancora il gusto.
Il più delle volte il tentativo di arricchimento maschera la vera bellezza, come in cucina il tentativo di arricchire i sapori, speso naufraga nel totale insuccesso.
La cucina, vissuta nelle sue espressioni più vere è, malgrado il suo carattere frivolo, un affare terribilmente serio, la cui esecuzione impone il rispetto assoluto di alcune regole, basilari per preparare cibi buoni e sani.
Alla ricerca della qualità, è il cuoco che deve insegnare al cliente come si mangia.
L’acquisizione della cultura è paragonabile al fiume che si forma in montagna come piccolo ruscello e s’ingrossa per merito degli affluenti nella sua corsa verso il mare. Così la storia, la filosofia, l’arte, la geografia e non importa quale altra fonte che porti il suo contributo alla cultura (come gli affluenti al fiume), fa sì che la nostra personalità si formi e si esprima liberamente, definendo compiutamente il nostro modo di vivere.
Note
- "Taluno si ostina ancora a chiamare impropriamente menu la lista delle vivande (la carte dei francesi), che come menu risulterebbe invero alquanto impegnativo. Menu è, invece, la sequenza delle pietanze che compongono un pranzo". (Gualtiero Marchesi, Oltre il fornello, 1986/2009).
- Leggi anche le citazioni dei cuochi e dei gastronomi italiani: Antonino Cannavacciuolo - Carlo Cracco - Massimo Montanari