Frasi e citazioni di don Luigi Ciotti

Selezione di frasi e citazioni di don Luigi Ciotti (Pieve di Cadore, 1945), presbitero e attivista italiano, ispiratore e fondatore del Gruppo Abele, come aiuto ai tossicodipendenti e altre varie dipendenze, e dell'associazione Libera contro i soprusi delle mafie in tutta Italia e nel mondo.
"Don Luigi Ciotti è un sacerdote che non si limita alla cura delle anime ma si batte per una maggiore giustizia sociale, per una società dove tutti, a partire dai più fragili, siano riconosciuti nella loro libertà e dignità di persone. Un sacerdote che vive il Vangelo senza dimenticare la Costituzione, le responsabilità e i doveri dell’essere cittadini. Una fede vissuta nello sforzo di saldare strada e dottrina, Terra e Cielo, dunque immersa nella storia degli esclusi e dei dimenticati: il povero e il tossicomane, il detenuto e il minore, la prostituta e il malato, l’immigrato e la vittima di mafia. Una fede come ricerca e non come rifugio". [L'amore non basta, 2020].
Ha detto don Luigi Ciotti parlando di sé e della propria attività:
"Tutto quello che ho fatto nella mia vita l’ho fatto in fondo per sentirmi vivo, per sperimentare la pienezza dell’essere. Ecco perché sono estraneo alle visioni che interpretano l’occuparsi degli altri come una scelta nel segno del sacrificio, che merita riconoscimenti e medaglie. Niente gratitudine e niente medaglie, non per me almeno: sono io che mi sento fortunato e grato di aver trovato la strada che ha reso la mia vita degna di essere vissuta".
Le seguenti riflessioni di don Luigi Ciotti sono tratte dai libri: Per un nuovo umanesimo (2019), Lettera a un razzista del terzo millennio (2019), L'amore non basta (2020), C’è bisogno di te (2023).
Foto di don Luigi Ciotti
Se oggi il male è ancora così forte è anche perché le ingiustizie si sono alleate con le nostre omissioni. Il male non è solo di chi lo commette, ma anche di chi guarda e lascia fare.
(Luigi Ciotti)

Per un Nuovo Umanesimo
Come ridare un ideale a italiani e europei © Solferino, 2019 - Selezione Aforismario

Occorre un nuovo umanesimo che ci faccia superare gli egoismi, le rivalità, le contese. Che ci liberi dalla malattia del potere che tutto corrompe se non viene assunto con coscienza e responsabilità, se non viene vissuto come servizio.

Occorre un nuovo umanesimo che ci faccia guardare al di là di noi stessi, della sfera privata, che ci spinga all’interesse per il bene pubblico, per la vita comune e condivisa, che ci faccia osare orizzonti più grandi di quelli dell’io.

Se oggi il male è ancora così forte è anche perché le ingiustizie si sono alleate con le nostre omissioni. Il male non è solo di chi lo commette, ma anche di chi guarda e lascia fare.

La democrazia vive di coscienze inquiete, di persone che amano la giustizia e ricercano la verità.

Di fronte alla crescita della sofferenza sociale non possiamo stare zitti ma soprattutto non possiamo stare inerti.

Le mafie non sono un mondo a parte, ma una parte del nostro mondo.

La forza delle mafie poggia sull’indifferenza e sull’egoismo, le malattie spirituali della nostra epoca, sull’interesse privato che divora il bene pubblico, sull’individualismo insofferente delle regole e incapace di distinguere tra libertà e arbitrio. 

Il problema non sono soltanto i poteri illegali, ma i poteri legali che si muovono illegalmente.

Prima che un fatto criminale, la mafia è un problema politico che affonda le radici nel vuoto dei diritti, nella trasformazione dei diritti in privilegi. 

Lettera a un razzista del terzo millennio
© Edizioni GruppoAbele, 2019 - Selezione Aforismario

Non viviamo in un bel mondo. Lo vedo dalla strada, luogo di povertà, di bisogni, di linguaggi, di relazioni e di domande in continua trasformazione.

Se ci si guarda attorno e non ci si lascia ingannare dai “ristoranti pieni” che periodicamente qualcuno evoca, c’è una povertà reale, crescente e diffusa. E, soprattutto, c’è la disuguaglianza, che è più intollerabile della povertà. 

Non ci si può dire cristiani e poi alzare muri, costruire comunità chiuse ed esclusive, selezionare e scartare i compagni di viaggio.

Il cristiano deve guardare il Cielo senza trascurare le responsabilità che lo legano alla Terra.

Dire indignazione non basta se non cerchi di essere protagonista del cambiamento: di un cambiamento vero e non di quello che dichiara di voler sovvertire tutto per lasciare che tutto resti com’è.

Ci sono frangenti della storia in cui il silenzio e l’inerzia diventano complici del male. E questo è uno di quei momenti. 

Bisogna abbandonare l’odio, ma anche smettere di stare a guardare dal balcone.

La storia insegna che le tragedie più grandi sono avvenute anche perché in tanti, in troppi, hanno voltato la testa, hanno scelto la neutralità indifferente.

Mettersi nei panni degli altri è la chiave dell’etica evangelica, ma lo è anche di una società consapevole che la vita non ha confini, così come non hanno confini i bisogni, le speranze, i diritti delle persone.

Mettersi in gioco – per se stessi e per gli altri – è sempre una scommessa, ma è una scommessa vinta in partenza, la vera ricchezza di cui possiamo disporre.

La speranza è il più impalpabile, ma anche il più essenziale dei beni comuni. Nessuno di noi può vivere senza sperare: sperare in un domani migliore, sperare che le persone che amiamo stiano bene, sperare che un sogno a cui teniamo si realizzi.

Il futuro è una strada che dovremo percorrere insieme e non sarà indifferente, per noi e per gli altri, il modo in cui lo faremo.

L'amore non basta
© Giunti, 2020 - Selezione Aforismario

L’amore è un aspetto fondamentale della vita: un’esistenza senza amore è un’esistenza vuota, arida, priva di passioni. Ma per occuparsi degli altri, l’amore è una base troppo fragile. Occorre il sentimento di giustizia, ossia una profonda empatia per le vicende umane, quel sentire sulla pelle le ferite degli altri che impedisce l’indifferenza.

Se vuoi occuparti degli altri, dell’umanità fragile e oppressa, l’amore non basta.

Nella società dell’io l’amore rischia di diventare un idolo, tanto celebrato a parole quanto calpestato nei fatti. Sì, perché l’amore dell’io è un falso amore. L’amore vero libera e ci libera, mentre l’amore dell’io vuole possedere, non ammette l’altro se non come proiezione di sé stesso, come proprietà privata.

Degli altri siamo responsabili e gli altri sono responsabili di noi.

Se Gesù fosse venuto al mondo oggi e non duemilaventi anni fa, se avesse visto le relazioni umane minacciate o distrutte dagli egoismi, forse avrebbe aggiunto una piccola variante alla sua esortazione alla fraternità: «Ama il tuo prossimo più di te stesso».

Lo spirito, come il vento, non ha forma. Prende la forma di ciò che noi facciamo, e così dà forma a ciò che siamo.

“Vocazione” è in fondo questo: più che una scelta, un essere scelti, un sentirsi strumenti di un disegno nel quale ritroviamo la nostra essenza più profonda. 

La fede è un cammino arduo se viene vissuta come una ricerca e non come un rifugio, un fatto acquisito. Come un cercare Dio per andare incontro alle persone, accoglierle, sostenerle, denunciare le ingiustizie di cui sono vittime. Come un guardare il Cielo senza dimenticare le responsabilità a cui ci chiama la terra.

Tutto rientra per me in una dimensione di fede che non si ferma agli aspetti interiori, ma chiama inevitabilmente al fare, al mettersi in gioco per gli altri.

Un cattolicesimo “in uscita” è per me anche quello di chi si affaccia fuori dalle sue certezze e osa interrogarsi sulla solidità e sincerità del proprio credere. 

La Chiesa è una realtà che può sembrare immobile e invece è in continuo fermento, in continua trasformazione, e se è vero che le resistenze al cambiamento al suo interno non mancano, neppure manca la capacità di fare, nei momenti cruciali, scelte rivoluzionarie.

L’umiltà dei grandi, l’umiltà che fa grandi.

Siamo nati sulla strada, oggi la strada siamo chiamati a ritrovarla. E naturalmente si tratterà di una strada in salita.

La fede nell’uomo è gemella della fede in Dio, anche se certi fatti portano a dubitare, a credere che la natura umana sia incorreggibile. C’è però una scintilla che non si spegne e dice che esiste un disegno provvidenziale, una natura umana capace di soffocare il peggio ed esprimere il meglio che ha in sé.

Occorre allora una rivoluzione culturale, una trasformazione profonda della società. Occorre una politica che si impegni a risanare democrazie malate di ingiustizia e di disuguaglianza. Occorre una rieducazione collettiva alla corresponsabilità e alla condivisione. 

C’è bisogno di te
Per costruire un mondo più bello e più giusto (con Stefano Garzaro) 
© Book on a Tree, 2023 - Selezione Aforismario

Quando si accolgono persone dipendenti da sostanze, con disturbi mentali, vittime del gioco d’azzardo, per fare qualche esempio, non basta la buona volontà, ma occorre una preparazione seria. Non si scherza, non si improvvisa con la dignità e la vita delle persone più fragili.

L’indifferenza uccide le persone.

Non basta sedersi accanto a chi sta male e mettergli una mano sulla spalla per risolvere tutto. Molte delle persone che vivono per la strada sono vittime della povertà e delle ingiustizie sociali. 

Basta un’etichetta per condannare una persona. A volte per tutta la vita.

Le persone si “salvano” da sole: se offri loro ascolto e qualche opportunità concreta, tirano fuori risorse incredibili, idee, coraggio, capacità e voglia di costruirsi il futuro con le proprie mani.

Non mi sento di dire che questa società è un paradiso. È invece una società malata, che esclude i più deboli, che uccide molte speranze.

Se le domande sbocciano in solitudine, le risposte possiamo poi trovarle nel confronto con le altre persone.

Non siamo più abituati a parlare con gli altri, abbiamo un naturale istinto a ritrarci di fronte agli sconosciuti. 

Se ti rifiuti di conoscere gli altri, di scoprire com’è la realtà, ti costruisci una fortezza che ti isola. E più si alzano i muraglioni di pietra, meno hai voglia di conoscere.

È facile emozionarsi per episodi lontani, e magari non accorgersi che un amico o un’amica ci stanno chiedendo aiuto. 

La mancanza di sensibilità per chi sta male prepara tempi bui.

Forzare la nostra natura, il nostro pensiero, pur di sentirci uguali agli altri è una stupidaggine. Se nel tuo gruppo gli amici ti deridono perché non ti ubriachi con loro il sabato sera o perché non fumi spinelli, credimi: non sei tu lo scemo, ma è il gruppo a essere sbagliato. 

La diversità può spaventare perché è imprevedibile, ti porta fuori dagli schemi, ma in fondo è preziosa, perché la diversità è avventura. 

L’integrazione è quando uno straniero entra a far parte di una società diversa dalla sua, magari perdendo le sue abitudini e le sue tradizioni. L’interazione, invece, è uno scambio reciproco, dove nessuno è considerato uno straniero, ma una persona: è uno scambio e un arricchimento per tutti, che porta crescita culturale, sociale e anche economica. Magari a partire da uno scambio di ricette o di canzoni.

Non puoi dirti cristiano e alzare muri.

Il cristianesimo, quello vero, ha le radici nel Vangelo, che ci parla di accoglienza, pace, dignità, giustizia.

Per dirti cristiano devi stare, come Gesù, dalla parte dei poveri, dei deboli, dei discriminati. Il cristiano non può assistere dalla sua finestra alle ingiustizie che vede per strada senza scendere e dire: basta!

L’ingiustizia è di chi la commette, ma anche di chi vi assiste senza far nulla o senza fare abbastanza per fermarla.

Spesso ce la prendiamo con gli altri perché fatichiamo a conoscere e accettare noi stessi, i nostri difetti e le nostre contraddizioni. E allora proiettiamo tutto fuori.

Lottare per un cambiamento vero, una conversione e non semplice transizione ecologica, vuol dire difendere la biodiversità, gli ecosistemi, la purezza delle acque che beviamo e dell’aria che respiriamo. Ma vuol dire anche battersi per un mondo più giusto, dove non siano sempre i più poveri e indifesi a pagare il prezzo per le scelte scellerate dei ricchi e potenti.

L’impegno dell’Io conta poco, se non fa parte di un cammino tutti assieme.

A chi sta alla finestra convinto di essere inutile, di non aver nulla da regalare agli altri, dico che in passato anch’io per un momento mi sono sentito così. Ma poi dalla strada mi è arrivato un richiamo: «Luigi, c’è bisogno di te!». E così sono sceso, pronto a camminare.

Note
Leggi anche le citazioni dei presbiteri italiani: Livio Fanzaga - Andrea Gallo - Lorenzo Milani

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