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Frasi e citazioni di Silvia Vegetti Finzi

Selezione di frasi e citazioni di Silvia Vegetti Finzi (Brescia, 1938), psicologa e pedagogista italiana, docente di Psicologia Dinamica presso la Facoltà di Filosofia dell'Università di Pavia dal 1975 al 2005.
Le seguenti riflessioni di Silvia Vegetti Finzi sono tratte dai libri: Il romanzo della famiglia (1992), Parlar d'amore (2003), Una bambina senza stella (2015), L'ospite più atteso (2017).
Foto di Silvia Vegetti Finzi
Quando le donne parlano d’amore attraversano cielo e terra, scavalcano mari e monti,
ignorano l’età, afferrano la felicità e tengono fronte al dolore. Perché se è difficile
vivere con gli altri, è impossibile vivere senza. (Silvia Vegetti Finzi)

Il romanzo della famiglia
Passioni e ragioni del vivere insieme © Mondadori, 1992 - Selezione Aforismario

Il matrimonio rappresenta la possibilità di dar forma al proprio destino, di iscrivere la storia personale in un modulo convalidato e condiviso. 

Accade, sempre più frequentemente, che il matrimonio, valutato a fil di logica, appaia per certi versi gratuito, immotivato, inconciliabile con la rappresentazione di sé e con la propria concezione del mondo.

La convivenza coniugale non legalizzata, in quanto patto intimo tra due persone, esprime una contrapposizione tra pubblico e privato che la società sente oscuramente come una minaccia e una offesa ai propri ordinamenti.

Il fatto di convivere senza sposarsi, quando non è temporaneo o imposto dagli eventi, ma desiderato e motivato, costituisce una scheggia di anarchia difficile da accettare per la parte più conservatrice della comunità.

Il matrimonio che appare nel momento della sua celebrazione come un punto d’arrivo, si rivela poi, quando lo si affronta concretamente, come un momento di crisi. 

Mai, come nella intimità coniugale, si rivela la debolezza propria e quella dell’altro. Quanto più gli sposi si amano, tanto più calano la guardia e, rinunciando alle loro difese psicologiche, si affidano inermi all’accettazione dell’altro.

Marito e moglie si fanno rispettivamente da madre, accogliendosi e assistendosi a vicenda. Si stabilisce in tal modo una dipendenza reciproca che contraddice il sentimento di autonomia e di autosufficienza che contraddistingue il raggiungimento della maturità.

Si dorme accanto a una persona soltanto quando la si conosce bene, quando si ha fiducia in lei e ci si può abbandonare totalmente, senza paura di esserne traditi.

Il sonno ci riporta all’infanzia, rivelando la fragilità celata dalle maschere sociali. Come nell’infanzia, richiede accanto a noi una presenza materna alla quale mostrarci così come siamo, anzi come non sappiamo di essere, perché il sonno ci sottrae a noi stessi.

Parlar d'amore
Le donne e le stagioni della vita © Rizzoli, 2003 - Selezione Aforismario

Quando le donne parlano d’amore attraversano cielo e terra, scavalcano mari e monti, ignorano l’età, afferrano la felicità e tengono fronte al dolore. Perché se è difficile vivere con gli altri, è impossibile vivere senza.

Solo quando l’amore finisce vediamo, dalle sue macerie, quanta forza di coesione avesse.

Nessuno basta a se stesso, non siamo un’isola, e interagire con gli altri è indispensabile alla nostra stessa sopravvivenza. Tuttavia non esiste una relazione che possa dirsi al riparo da un’eventuale disgregazione e la solitudine è in agguato anche tra coloro che più si corrispondono.

Tra le tante crisi che possono turbare i rapporti umani, quelle che investono la coppia detengono un potenziale distruttivo particolarmente minaccioso perché nel rapporto col partner abbiamo trasferito le illusioni e le attese dell’infanzia, i sogni dell’adolescenza, i progetti dell’età adulta.

Basta guardarsi intorno per scorgere che non contano, nella selezione amorosa, soltanto le qualità positive. Anche i difetti possono attrarre, soprattutto quando servono a rassicurarci o a preservare le nostre virtù. 

Una bambina senza stella
Le risorse segrete dell'infanzia per superare le difficoltà della vita
© Rizzoli, 2015 - Selezione Aforismario

Non è facile recuperare dal passato la nostra parte bambina, la più fragile, la più segreta. Fatta d’immagini, più che di parole, si ammanta di pudore, sfugge al sentimentalismo, si sottrae all’esposizione. Eppure è forte il desiderio di riportarla alla luce perché contiene il nocciolo della nostra identità. 

Per quanto lo scandaglio della psiche possa calarsi in profondità, non riuscirà mai a raggiungere il nucleo indecifrabile che ci rende un enigma per noi stessi.

Tutto ciò che siamo, persino le occasioni perdute, si trova là, nei sedimenti della memoria che, del fluire del tempo, trattiene l’essenziale.

La nostra vita non è tanto quella vissuta, quanto quella narrata, che non cessa mai di ricercare il senso del nostro destino.

Per quanto nella nostra biografia il destino possa apparire determinante, è sempre possibile reperire margini di libertà e autonomia che ci consentono, almeno in parte, di divenire protagonisti della nostra vita e autori della nostra storia.

Come i cuccioli degli animali, anche quelli umani possiedono straordinarie capacità di adattamento e in più, grazie a una fervida immaginazione creativa, possono uscire indenni, come l’araba fenice, da brucianti situazioni esistenziali.

Ognuno ha diritto di nascere sotto il segno dell’amore e di essere accompagnato, nel cammino verso la maturità, da adulti attenti e comprensivi. Tuttavia senza rischi non si cresce e chi non ha mai affrontato il dolore non ha potuto produrre anticorpi che difendano dallo sconforto e dalla disperazione.

Il corpo si conosce solo vivendolo, mettendolo alla prova. Non si cresce senza esporsi a qualche ragionevole rischio.

È importante avere ciò che serve. Quello che conta non si conta.

Nessuno basta a se stesso. Si esiste sempre per qualcuno con cui s’intreccia un dialogo che anima il pensiero. Anche quando quel «qualcuno» non ci sarà più.

Per molti bambini essere amati è una certezza e un diritto. Ricevono attenzione, considerazione, ammirazione con la stessa inconsapevolezza con cui respirano. Soltanto quando questa sicurezza viene meno, quando qualcosa turba la naturale, spontanea aspettativa che i loro desideri siano compresi e che la domanda d’amore che li sottende trovi accoglimento, perdono la fiducia iniziale.

I bambini inascoltati non si pongono domande perché la mancanza di un interlocutore inibisce la questione ancor prima di formularla. Per non soffrire evitano di pensare, si lasciano vivere, si limitano a sopravvivere.

Solo quando l’infanzia è ormai lontana ci si può mettere in contatto con la parte perduta di sé. Basta un’improvvisa associazione per ricordare grandi e piccole prevaricazioni, ingiustizie che la prospettiva rende innocue perché è bene che, come l’acqua, il tempo scorra portando con sé le scorie delle frustrazioni insolubili.

È difficile per un bambino sottrarsi alla pressione dell’ambiente e, in particolare, ai pregiudizi che la famiglia nutre nei suoi confronti perché li ha sempre uditi e, inavvertitamente, lo costituiscono, lo determinano.

«Se la vita è un grande palazzo, la felicità abita nell’anticamera» recita una saggezza antica. Le donne lo sanno e forse per questo si compiacciono per tutta la vita del sogno d’amore, nella forma della speranza prima, della ricerca poi, del rimpianto infine. 

Strano, ma si ricordano soprattutto le esperienze negative e le storie che non si sono vissute, come se la felicità non lasciasse solchi nella memoria.

L'ospite più atteso
Vivere e rivivere le emozioni della maternità © Einaudi, 2017 - Selezione Aforismario

Benché sorretta da disposizioni mentali e affettive plasmate attraverso secoli di cultura e di storia, la maternità è un’opportunità, non un destino. 

Mettere al mondo un bambino, darlo alla luce, sembra un processo lineare e prevedibile, ma per noi umani non lo è perché i solchi dell’istinto sono stati cancellati dall’aratro della civiltà e tutto deve essere riscoperto e ripensato.

Nelle gestanti, la percezione corporea di contenere riattiva quella di essere state contenute, l’avere dentro suscita il ricordo dell’essere state dentro, un ricordo che rinvia alla propria madre, per cui i tempi della gravidanza sono tre: passato, presente e futuro.

La paternità inizia con una comunicazione, la maternità con un sogno.

Quando una donna rimane incinta, si attivano in lei risorse impreviste per portare a termine un’impresa senza pari: mettere al mondo un bambino. Mai, come nei nove mesi che la separano dal parto, sarà piú viva, autentica e creativa.

Ogni nuovo nato reca con sé l’augurio di un mondo migliore, accoglierlo come l’ospite piú atteso ci può aiutare a stipulare un patto di alleanza con lui e tra le generazioni per ritrovare insieme le risorse smarrite della fiducia e della speranza.

Note
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