Aforismi, frasi e citazioni di Bruno Barilli

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Bruno Barilli (Fano 1880 - Roma 1952), compositore, scrittore e critico musicale italiano. I seguenti aforismi di Bruno Barilli sono tratti da Capricci di vegliardo (1951) e dai Taccuini, pubblicati postumi nel 1989.
Ha il talento di avere della fortuna, ma non ha la fortuna di avere talento.
(Bruno Barilli)
Capricci di vegliardo
1951 - Selezione Aforismario

Circolo vizioso. Questo mondo è proprio fatto per voi. Ma voi non siete fatti per me. E io non son fatto per questo mondo.

Come è stupida l'umanità civilizzata. Ancora più stupida è la civiltà meccanizzata.

Ho conosciuto parecchi e svariati assassini - voglio dire dei veri, rei e confessi assassini, come per esempio - X, Y, e zeta - ma non mi sono mai accorto che fossero più malvagi, più colpevoli, più pericolosi e più assassini del cinquanta per cento di tutte le persone dabbene che ho conosciuto e vado
conoscendo.

L'uomo d'oggi è l'uomo medio. Lui solo ha diritto di esistere.

La fine s'avvicina a gran passi, più veloce, più precipitosa che l'inverno boreale. Tutto è perduto ormai: i tacchi, la sciarpa, il cappotto insomma tutto se ne va, di contrattempo in contrattempo, fino ai miei ultimi bottoni... Ma questo problema dei bottoni si prolungherà oltre la mia vita?  Bah, sarebbe un'altra contrarietà, perché quand'è il momento, vorrei inabissarmi nell'inferno abbottonato fino al mento.

M'illumino di miseria.

Molti milioni di uomini hanno sofferto come il Redentore, ma il mondo non l'hanno salvato.

Ormai tutto è precario: salute, capacità, memoria - tutto è precario in me - anche la mia rassegnazione a questa precarietà.

Tutti, prima, han lasciato il Passato - indi, l'orribile Presente - e adesso tutti si trasferiscono, armi e bagagli, nell'Avvenire.

Taccuini
1901-1952 (postumo, 1989) - Selezione Aforismario

Ah! questa rinomata gioventù musicale di oggi! I loro saggi di scuola sono esemplari, poi finita la scuola applaudiamo i loro abilissimi peccati di gioventù; a partire di qui essi filano tutti puntualmente verso zero.

A occhi chiusi congestionato e immobile il pubblico rimane, alla fine del concerto, lungo disteso come un serpente boa dopo il pasto ... come un serpente boa che digerisce.

Cantanti − che a forza di raccomandarsi alla critica son rimasti senza voce la sera del debutto.

Case editrici − criticarle o distruggerle, o meglio scavalcarle.

Ci vogliono degli artisti che piglino lo spettacolo per i piedi e lo mettano sulla testa.

È musica noiosa, ma abbastanza complicata per scoprirlo in ritardo.

Editori − Il leone è il re degli animali, ma non troverà mai dei tartufi: per stanare i tartufi ci vuole il grugno di un maiale.

Gli artisti d'eccezione non ci sono più, c'è soltanto in via d'eccezione, qualche volta, un artista.

Ha il talento di avere della fortuna, ma non ha la fortuna di avere talento.

Il pubblico non deve comandare, perché il pubblico vuol dire abitudine; tuttavia sia permesso al pubblico di fischiare, perché fra i fischi nascono i capolavori.

Io che cerco me stesso da mattino a sera, figurarsi se voglio scovare un altr'uomo introvabile.

L'amore è quello di dare tutto di sé e della propria vita e del proprio avvenire perdere tutto – e di cercare per liberarsi di questo impegno del cuore inutilmente durante quarant'anni, senza fine, fino alla morte – questo è amore – e odio insieme.

L'arte dev'essere creazione e ricreazione incessante.

L'esercito non sopporta l'eroe, il parlamento non sopporta il dittatore, la Corte non sopporta l'aristocratico, il Teatro non sopporta l'artista.

L'italiano è un animale artistico.

La correttezza è un bel vaso sul quale starebbe bene piantato il fiore dell'intelligenza.

La cortesia − Superficiale sentimento. Lasci cadere un giornale, ti richiamano in mille, se è invece il portafoglio che ti scivola in terra nessuno ti avvertirà.

Quando in un teatro il loggione è vuoto è segno che la città non ha cervello. 

Quanto a noi, preferiamo gonfiare coi nostri polmoni le gomme dei taxi pubblici piuttosto che dar fiato alla critica compiacente di quest'arte fessa.

Quello di invecchiare è il peggiore errore che l'uomo possa commettere.

Simulatori scrocconi - Essi trovano il modo di berti l'uovo senza romperne il guscio.

Teatro - È abbandonato? Appunto a causa di questo suo carattere solitario il nostro interesse ha preso forma di mania.

Un artista vero oggi non può che rassegnarsi alla più disperata rassegnazione e presentare il conto alla posterità.

Un Pantheon di grandi uomini del giorno, tutti pieni di segatura dalla testa fino alle suole. Fai loro un buco in qualunque parte e la segatura vien fuori.

Libro di Bruno Barilli consigliato
Capricci di vegliardo
e taccuini inediti
A cura dii: Andrea Battistini e Andrea Cristiani
Editore: Einaudi, 1989

Tra frammenti impossibili, lampi, frasi interrotte, ripetizioni, scatti di ira, egli finisce per rappresentare in queste pagine, e in modo folgorante, «il tremolio del tempo». Possiamo leggerle cercando l'ombra della sua musa eccessiva e facinorosa, che esplode in brucianti invettive, in giudizi sarcastici e recriminatori di infantile e senile ferocia. O possiamo ascoltare una frammentaria e brulicante autobiografia, una discontinua e cadenzata commiserazione, che disegna - frammento per frammento e annotando gesti, umori, minimi sermoni, accuse - una contorta sequenza narrativa, che è insieme minuziosa preparazione alla morte e scongiuro, terrore ed erratica dilazione. Ma il lettore accorto baderà ancora prima a registrare le movenze, i capricci, le accensioni germinali di una scrittura dove il furore, il borborigmo, il vocalizzo, il lamento si sovrappongono e si incrociano in una delle più sorprendenti e affascinanti esperienze del Novecento: una scrittura agglomerata intorno a un personaggio discontinuo e sfuggente, Orfeo in pantofole e Giobbe, candido istrione e meraviglioso inventore di sonorità straniate e inaudite associazioni.

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