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Aforismi, frasi e pensieri di Iginio Ugo Tarchetti

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Iginio Ugo Tarchetti (San Salvatore Monferrato 1839 - Milano 1869), scrittore italiano, tra i più importanti esponenti della Scapigliatura milanese.
La maggior parte delle seguenti citazioni di Iginio Ugo Tarchetti sono tratte da Pensieri (1869) e dal suo capolavoro: Fosca, romanzo incompiuto pubblicato postumo e terminato dall'amico Salvatore Farina.
Il tempo cancella le date impresse nel tempo, ma quelle che il dolore
ha scolpite nel cuore degli uomini non si cancellano mai.
Iginio Ugo Tarchetti)
Una nobile follia
1866-1867

Gli uomini veramente grandi non possono dubitare di un'esistenza futura, perché sentono in sé medesimi la propria immortalità.

E tacemmo di nuovo; affidammo l'espressione dei nostri pensieri al linguaggio più eloquente dell'amore, al silenzio.

Fosca
1869 - Selezione Aforismario

Dimenticare! È uccidersi, è rinunciare a quell'unico bene che possediamo realmente e impreteribilmente, al passato. Ché se si potessero dimenticare soltanto le gioie, forse l'oblio potrebbe essere giustamente desiderato; ma dei nostri dolori. noi siamo superbi e gelosi, noi li amiamo, noi li vogliamo ricordare. Sono essi che compongono la corona della vita.

Dire ciò che abbiamo sentito noi, i nostri affetti, le nostre febbri, i nostri dolori, è compito troppo superiore alla potenza della parola. Noi sentiamo di non poter essere nel vero.

Le dolcezze del mondo son bandite da una vita veramente utile, e veramente benefica. Gli alberi che dànno frutti hanno fiori modesti e spesso inodori; i grandi fiori, quelli ricchi di petali e di profumi, non sbocciano quasi mai che sulle piante sterili e velenose.
La virtù non ha fiori, ma ha frutti.

Il leggere molti libri, il meditare su molti non ha altro effetto che quello di renderci dubbiosi sulle nostre idee, incerti nei nostri pensamenti; non si sa piú a che cosa credere, e spesso si finisce col non credere piú a nulla.

Il tempo cancella le date impresse nel tempo, ma quelle che il dolore ha scolpite nel cuore degli uomini non si cancellano mai.

L'amore il più elevato non ha altro fine che quello che ha l'amore il più ignobile, se non che questo vuol andarvi direttamente, quello per vie illusorie ed oblique.

Molti confondono l'ingegno col cuore; nulla di più erroneo. È provato che gli uomini più eminenti nella vita pubblica furono quasi sempre i più tristi nella vita privata.

Non leggo né per imparare, né per pensare – aborro i libri di morale e di metafisica – leggo per dimenticare, per conoscere quali sono le gioie che il mondo dispensa ai felici e per goderne quasi di un eco. È tutto ciò che io possono fruire dell'esistenza: fuggire dalla realtà, dimenticare molto, sognare molto.

Sono convinta che ogni libro che non diverte, fallisce al suo scopo; che ogni libro che fa pensare, nuoce. L'obbiettivo di ogni lavoro letterario dovrebbe essere la fantasia – non la testa che si guasta, non il cuore che sanguina – ma l'immaginazione che si esalta e gioisce.

Un mezzo letterato, un mezzo artista, un mezzo poeta mi fanno orrore. hanno tutte le passioni sfrenate e biasimevoli dei grandi caratteri, senza averne una sola virtù. Ne hanno la vanità, l'orgoglio, l'ambizione, l'egoismo, senza un raggio di quella bontà improvvisa e passeggera che ha il genio.

Pensieri
1869 - Selezione Aforismario

A che scopo dolerci delle donne? Noi possiamo mostrare loro di conoscerle, di saperle apprezzare nel loro valore, di tenerle anche in ispregio; esse sono tuttavia ben certe che noi le ameremo sempre.

Ciò che gli uomini amano ed ammirano sopratutto nella donna, senza saperlo, è la loro fatuità.

Comprendere la vanità e il ridicolo delle cose del mondo è somma sapienza; riderne è somma forza.

Confessare altrui i propri difetti è assai meno doloroso che confessarli a sé stessi.

Diffidate degli uomini che non hanno passioni.

Gli uomini giocano colla loro felicità come i fanciulli, perduta la rimpiangono come uomini. L'idea della felicità negli uomini non può esser derivata che dalla memoria d'un bene trascorso o dal presentimento di un bene avvenire - in una vita antecedente o in una vita futura - giacchè non vi è nulla quaggiù d'onde essi abbiano potuto attingere questo concetto.

Gli uomini non ripongono mai la loro felicità in ciò che sono, ma in ciò che sperano di divenire; e non so se sia per questa illusione che essi non possono mai raggiungere la felicità, o se, appunto perché sanno di non poterla mai raggiungere, la ripongono volentieri in questa illusione.

Gli uomini portano una maschera - le donne due.

I pensatori e i filosofi di tutte le epoche e di tutti i paesi parlano dei loro tempi, come di tempi eccezionalmente scellerati. È logico arguire che gli uomini siano stati scellerati in ogni tempo.

I prosperi e i fortunati sono raramente, o male, uomini religiosi. Gli sventurati soltanto corrono a gettarsi ai piedi degli altari e cercano nella speranza d'un'esistenza futura un compenso ai mali di questa. Io mi sono spesso rivolto una domanda angosciosa: È l'agiatezza che rende i prosperi ingrati alla divinità, o è la sventura che ha creato ai miseri il bisogno di fabbricarsi questa chimera e di credervi? La fede - poichè ella è solo degli infelici - non sarebbe che un inganno creato dalla sventura?

Il legame più potente che ci unisce alla donna è quello della maternità.

In molta parte delle donne la resistenza è vanità, o mancanza d'opportunità, o artificio; prova evidente di ciò, che cedono quasi sempre alla sorpresa.

La bontà nella donna è debolezza, nell'uomo carattere; però più frequente in quella che in questo.

La donna è un capolavoro abortito, il grande errore della creazione.

La giustizia di sé è nell'istante, quella degli uomini nel tempo, quella di Dio nell'eternità.

La grandezza è solitaria. Si direbbe anzi che la solitudine è condizione della grandezza.

La malignità è cattiveria impotente.

La nostra società ha fatto della donna un puro strumento di piacere. Ogni donna non è considerata oggi mai che sotto questo punto di vista. Esse stesse mostrano di non considerarsi sotto un aspetto diverso. Non si pretende da esse né ingegno, né virtù, né amicizia, non si chiede che dell'amore e del piacere. Apprezzamento triste e degradante che esse tuttavia non temono, o non comprendono.

La prudenza è la maschera dell'astuzia. - O nessuna delle due è virtù, o entrambe.

L'amore è Dio, Dio è l'universo, e l'universo è amore.

Le donne hanno interesse a mostrarsi incapaci di sentire l'amicizia; mettono gli uomini nella necessità di non chieder loro che dell'amore.

Le donne non annettono teoricamente alla loro virtù un atomo di quella importanza che vi annettono gli uomini semplici e coscienziosi. Esse conoscono meglio di noi il valore di ciò che danno. È difficile che un uomo onesto possa essere tanto ammirato e desiderato da esse come un libertino.

Le donne non hanno un carattere proprio finché non amano; non hanno che un istinto provvidenziale di piegarsi, d'informarsi a quello dell'uomo. Per ciò esse sono quasi sempre quali gli uomini le fanno.

L'essenza di tutti i libri, di tutte le tradizioni, di tutte le storie, si riduce a questo: una moglie che inganna il marito, un marito che inganna la moglie, o una moglie e un marito che si ingannano a vicenda.

L'ingenuità nella donna è più pericolosa della malizia.

L'uomo può portare nei suoi affetti, nei suoi doveri, nelle sue azioni, molte forze che la natura non ha dato alla donna. Il difetto essenziale della donna è l'incompletazione, dell'uomo l'esuberanza.

Mi avviene talora di trovare una data, un nome o un pensiero, o inciso su corteccia di albero, o scritto su parete o su margine di libro, come troverei una croce o una lapide che mi additasse una solitaria sepoltura, ma con una commozione più dolce e più confortante.

Nelle religioni di tutti i paesi, nelle tradizioni di tutti i popoli la prima notizia che si ha della donna accenna ad una seduzione. Le tradizioni bibliche sono in ciò piene di molta sapienza. La prima donna si fa sedurre, la prima volta, dal più vile degli animali, da un rettile.

Non si arriva alla fede che per una sola via, per quella del dolore.

Non tutte le ingratitudini che si commettono dagli uomini debbono imputarsi esclusivamente alla loro volontà. Occorrono molte circostanze nella vita, in cui la natura o la società ci costringono ad essere ingrati, e sono assai rari quei casi in cui noi possiamo emettere un giudizio sincero e coscienzioso sopra un atto d'ingratitudine; poichè è questa fra tutte le azioni dell'uomo quella che è mossa da cause più molteplici e più imperscrutabili.

Non vi è uomo sì abbietto, che non vi possa esser donna più abbietta di lui; non vi è uomo sì nobile, che non vi possa esser donna più nobile.

Per quanto ci è dato argomentare dalla festività e dalla quiete apparente di tutti gli animali, il dolore morale sembra retaggio esclusivo dell'uomo. E suo retaggio esclusivo sono quindi il riso ed il pianto; d'onde parci poter dedurre che il sorriso non sia meno delle lacrime un'espressione del dolore.

Pochi e grandi dolori fanno l'uomo grande, piccoli e frequenti l'impiccioliscono; un fiotto lava la pietra, una serie di gocce la trapassa. Allora si ha incominciato realmente a soffrire, quando si ha imparato a tacere il proprio dolore.

Quasi tutti i grandi uomini non hanno sentito potentemente né gli affetti, né i vincoli della famiglia, perché la loro mente e il loro cuore avevano di mira tutta quanta l'umanità. Cristo rispondeva a sua madre: «donna, che v'ha di comune tra me e te?»

Quella misteriosa espiazione che tutti sentono di subire nella vita, diventa sempre più attiva e più travagliosa, quanto più la vita stessa si avvicina al suo termine - o sia che l'espiazione affretti e addolori di più il termine della vita, o che il volgersi più rapido della vita al suo fine rincrudisca esso stesso la espiazione.

Questo amore che si rafforza col progredire della vita, e sembra tanto più ingigantire quanto più si distacca da essa, ci fa fede della sua continuazione al di là della morte. Il dolore che accompagna il morire, il rimpianto che lo segue, il desiderio che lasciamo di noi morendo sembrano dirci che una sola cosa portiamo con noi dalla terra, l'amore.

Secondo l'ordine naturale delle cose nessuno muore ad un tratto, ma la natura (ove non le sia fatta violenza) ci distacca essa medesima dalla vita come un frutto maturo; ed è sì valente in questa bisogna che spesso ce ne infastidisce per modo da farci anelare alla morte come ad una dolcezza.

Si suol dire che l'amore non mira che al possedimento e che con esso finisce, e non si distingue tra la passione e l'amore. È la passione che si uccide col possedimento, ma l'amore incomincia con esso e perdura. L'una cosa è dei sensi, l'altra dell'anima. Si dovrebbe dire degli amanti: si piacciono - dei coniugi: si amano.

Strana cosa! Gli uomini piangono spesso del ridicolo.

Tutte le intelligenze superiori, tutte le nature superiori sono isolate - l'aquila vive sola, il leone solo.

Tutti i mali della società dipendono da ciò, che si amano le donne o troppo o troppo poco.

Libro di Ugo Tarchetti consigliato
Fosca
Mondadori, 2002

Commetto io un’indiscrezione nel pubblicare queste memorie? Credo di no; né una titubanza piú lunga, giustificherebbe ad ogni modo la mia colpa. Colui che le ha scritte è ora troppo indifferente alle cose del mondo, troppo sicuro di sé, perché abbia a godere dell’elogio o a soffrire del biasimo che può derivargliene. Egli sa per quale strana combinazione questo manoscritto è venuto in mio potere, né ignora il disegno che io aveva concepito di pubblicarlo. Gli basterà che io vi abbia tolte quelle indicazioni che potevano compromettere la fama di persone ancora viventi, e che il segreto della sua vita attuale sia stato rispettato. Se l’autore di queste pagine può ancora trovare nella solitudine e nell'egoismo in cui si è rifuggito, qualche parte di ciò che egli fu un tempo, non gli farà forse discaro che altri abbiano a versare, nel leggere queste memorie, quelle lacrime che egli ha certo versato nello scriverle.

Note
Vedi anche: Aforisti dell'800