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Frasi e citazioni di Mario Tozzi

Selezione di frasi e citazioni di Mario Tozzi (Roma, 1959), geologo, divulgatore scientifico, saggista, autore e conduttore televisivo italiano.
Foto di Mario Tozzi
Conosciamo le conseguenze del nostro assurdo stile di vita, ma perseveriamo ottusamente
a replicarlo, senza prendere provvedimenti. (Mario Tozzi)

Pianeta Terra: ultimo atto
Perché saranno gli uomini a distruggere il mondo © Rizzoli, 2011

Come tutti gli altri esseri viventi che insieme a noi abitano il pianeta, siamo in balia delle sue manifestazioni vitali: eventi naturali come terremoti o tsunami non possono essere evitati. Ma a incrementare la loro portata catastrofica sono sempre i nostri errori.

Conosciamo le conseguenze del nostro assurdo stile di vita, ma perseveriamo ottusamente a replicarlo, senza prendere provvedimenti.

Siamo attratti dalla catastrofe perché ne siamo figli inconsapevoli, perché conserviamo in noi l’eco lontana di catastrofi che hanno messo a dura prova il nostro farci strada nell’evoluzione della vita sulla Terra.

Tra tutti i viventi l’uomo è l’unico che non si accontenta di vivere per perpetuare la specie: semplicemente vuole tutto, vuole sempre di più, e più ha più vorrebbe. C’è da rimanere stupiti che nel nostro Universo ci sia ancora posto per una specie simile.

Sono sicuro che la Terra continuerà verosimilmente a fare il suo mestiere di pianeta anche senza uomini e solo una collisione astronomica o il collasso della nostra stella ne concluderanno la storia. Ma saranno certamente altri animali ad assistere all’ultimo atto.

L'insostenibile leggerezza dell'uomo
Cambiare vita per salvare il pianeta (e noi stessi) © RCS, 2013 - Selezione Aforismario

Se l’attuale crisi economica è sostanzialmente una crisi ecologica, quello di cui non abbiamo bisogno è che le nazioni del mondo si facciano prendere dal panico, rinuncino a combattere il cambiamento climatico e ad arginare la deriva verso la fine delle risorse. 

Il sistema naturale e quello economico degli uomini semplicemente non possono collimare e da questa discrepanza nasce e si sviluppa, a cascata, una serie di problemi che stanno arrivando al loro acme

La domanda giusta in fondo non è davvero quanto petrolio ancora ci resta, e nemmeno quando inizierà a costare troppo: la domanda più corretta in assoluto è: quando ne avremo abbastanza del petrolio e del carbone?

Se l’età del petrolio deve inevitabilmente finire prima che il petrolio sia consumato del tutto, vale la pena allora iniziare a farne a meno il più presto possibile.

Fra tante strade possibili sul pianeta Terra, gli uomini hanno finora sempre scelto quelle di maggiore spreco e di maggior danno ambientale per il pianeta stesso e per gli altri viventi.

Homo sapiens è l’unica specie animale che più ha e più vorrebbe avere (oltre che l’unica che tifa per le squadre di calcio). 

L’economia è un sottosistema della biosfera e se non c’è biosfera sana non c’è neppure economia sana.

Le risorse si assottigliano a velocità esponenziale, e questo è un ritmo di esaurimento con cui noi uomini non vogliamo assolutamente prendere confidenza, perché non è basato sull’esperienza quotidiana.

Siamo superpredatori che distruggono l’ecosistema: nessun animale si è mai comportato così sulla Terra, perché anche un bambino capirebbe che così facendo la dispensa si esaurisce.

Per la prima volta una sola specie minaccia l’esistenza di tutte le altre, tanto che siamo arrivati a paventare una sesta estinzione di massa e rischiamo di perdere la ricchezza della vita sul pianeta.

Ogni mutamento culturale richiede tempo e volontà, due risorse che sembrano scarseggiare tanto quanto le altre, perché la sostenibilità ambientale sembra minacciare i nostri stili di vita.

Tecnobarocco
Tecnologie inutili e altri disastri © Einaudi, 2015 - Selezione Aforismario

Ogni nuova tecnologia distrugge un pezzo di cultura preesistente. Qualche volta con la scusa di conservarla, quasi sempre col pretesto di migliorarla.

Le invenzioni utili sono tutte uguali, quelle inutili sono inutili ciascuna a modo suo.

Il successo di un'invenzione in sé è altamente improbabile, tanto che se ne deve subito inventare un'altra per sopperire all'insuccesso, almeno parziale, della prima. La nuova tecnologia nasce quasi sempre per rimediare ai danni delle tecnologie precedenti. E così via.

Amo la tecnologia basilare, semplice e che ci rende alta la vita, ma ho sempre maggiori difficoltà a riconoscerla nel mondo contemporaneo squassato da una tecnologia inutile, complessa e ad alto impatto ambientale.

La tecnologia moderna è una specie di totem inattaccabile.

La tecnologia sembra sempre indiscutibilmente utile: viviamo bombardati dalla notizia di scoperte scientifiche che si susseguono quotidianamente e che sembrano destinarci a un futuro illuminato dal progresso più grande mai vissuto da Homo sapiens. Ci vuole poco a rendersi conto che così non sarà, anzi che l'impatto turbotecnologico rischia di mandare definitivamente in rovina quel poco di equilibrato che ancora resiste.

La turbotecnologia serve sostanzialmente a far spendere denari e sempre di più. Per raggiungere questo scopo, di fatto, incrementa gli impatti di Homo sapiens sul pianeta e, comunque, crea una serie incredibile di problemi a catena.

Riusciamo ancora a essere vitali e felici senza il nostro usuale equipaggiamento ipertecnologico extracorporeo? Siamo sicuri di essere noi a comandare su questi apparati, o non rischiamo di appartenere loro? È progresso questo? E, se sì, dove ci sta portando?

A ben guardare, la tecnologia utile, che davvero occorre, c'è già da parecchio tempo, il resto serve a molto poco.

Credo che il livello tecnologico utile sia stato ormai raggiunto e superato e che non sia più incrementabile, se non a prezzo di disastri ambientali e ingenti spese, tali da far pensare se non sia meglio astenersi da ulteriori miglioramenti.

Oggi, diciamo a partire dagli anni Settanta, l'attività produttiva dell'uomo, sostenuta dalla turbotecnologia, è diventata un vero e proprio assalto che il pianeta non riesce più a sostenere.

Si calcola che il pianeta Terra potrebbe sopportare in modo sostenibile circa un paio di miliardi di esseri umani al livello dei consumi moderno. Due miliardi al massimo contro gli oltre sette che siamo: quello demografico è il vero problema della specie Homo sapiens.

Oggi 800 milioni di persone muoiono per fame ed 1,2 miliardi sono poveri. La tecnologia non ha aiutato tutta l'umanità, ma solo i soliti noti. In ultima analisi la turbotecnologia non ci ha reso tutti più felici, ma solo più diseguali. 

Paure fuori luogo
Perché temiamo le catastrofi sbagliate © Einaudi, 2017 - Selezione Aforismario

Le catastrofi naturali in realtà non esistono, esistono gli eventi naturali che noi, e solo noi, trasformiamo in tragedie inspiegabili, spesso anche grazie all’amplificazione mediatica che usa un linguaggio iperbolico generando solo confusione.

Se si muore per un sisma non è colpa degli dèi, ma solo dei costruttori. E se la casa viene allagata dal fiume, nel posto sbagliato si trova la casa, non il fiume.

Possiamo ragionevolmente salvarci dalle paure immotivate semplicemente attraverso la conoscenza scientifica di base, l’esercizio della memoria e assumendo comportamenti armonici con il pianeta per evitare le conseguenze catastrofiche degli eventi naturali.

Le catastrofi vere oggi si chiamano cambiamento climatico, esaurimento delle risorse, consumo del territorio, rifiuti, inquinamenti e impoverimento della vita. Ma di queste, curiosamente, non abbiamo alcun timore. Eppure sono gravi, imminenti e, soprattutto, potrebbero essere evitate se solo ci comportassimo in modo differente.

Il disastro viene inizialmente spiegato come mito e castigo divino, poi diventa opera dovuta interamente alla natura, ritenuta prepotente e violenta. Successivamente, invece, viene imputato soltanto all’uomo, a causa della sua impreparazione soprattutto culturale. 

Nel grande fiume dell’interpretazione delle catastrofi tutto ritorna: ancora oggi il ruolo determinante dell’uomo viene spesso sottovalutato e si rievoca il fatalismo divino o mitologico, per passare ad addossare tutte le colpe alla natura in modo deterministico.

Uno scomodo equilibrio
Ecologia, evoluzione, storia: come prevenire la prossima pandemia © Mondadori, 2021

Siamo impreparati alle pandemie perché non consideriamo il mondo naturale e lo saccheggiamo sistematicamente, scoperchiando il vaso di Pandora dei virus e dei batteri, veri e propri profughi della distruzione ambientale provocata dalla nostra prepotenza aggressiva.

È senz’altro corretto che la verità della scienza è un errore continuamente rettificato, ma, se non ci fosse un metodo scientifico alla base delle nostre analisi della realtà (fisica), rischieremmo di non cogliere i fenomeni stessi, bensì di interpretarli sulla base del nostro angolo visuale e delle nostre convinzioni personali.

La storia di noi sapiens è, fondamentalmente, la storia dei microrganismi che ci portiamo dentro. Microrganismi che esistono da ben prima che il genere Homo si affacciasse sul palcoscenico della Terra. E che ne hanno indubbiamente indirizzato le traiettorie biologiche, evolutive e anche storiche.

Di fatto, dal punto di vista degli altri organismi viventi, noi siamo la malattia che altera l’evoluzione biologica naturale.

Se siamo ancora in vita – come specie umana – è perché batteri e virus hanno un precipuo, evidente interesse alla nostra sopravvivenza.

Milioni di persone vivono in una realtà parallela, favorita e amplificata dai social, in cui trovano reciproco conforto nella condivisione di notizie infondate.

È vero, la ricerca ha bisogno di investimenti e ha un costo, ma in questi momenti scopriamo quanto costa, invece, l’ignoranza. 

Il fatto difficile da far comprendere è che la scienza non solo non deve godere di par condicio, ma non è neanche democratica: in ambito scientifico vige il «pensiero unico», anche se scaturito da un dibattito assolutamente aperto e trasparente fra pari.

La scienza non è alla portata di tutti, esattamente come la musica, e forse il ruolo di divulgare concetti complessi e delicati spetterebbe a un «comunicatore scientifico». 

Ci riteniamo gli animali più intelligenti di tutti, quelli che una mano invisibile e divina ha posto al vertice di una piramide immaginaria che parte dai batteri e arriva a noi passando per tutti gli altri viventi. Già una sciocchezza simile la dice lunga sulle nostre conoscenze biologiche, ma il bello è che riteniamo tutti gli altri animali sostanzialmente inferiori. Il problema è che non li conosciamo affatto.

Fin dall’inizio la vita è un ladro: di luce, di aria, di cibo, di spazio, e l’unica speranza di sopravvivenza viene riposta nel caso e nel premio fortuito che l’ambiente dona a chi si trovi a essere il più adatto.

Siamo arrivati al punto che, sulla Terra, i «regni» sono ormai divenuti quattro: oltre a quello minerale, quello vegetale e quello animale, dobbiamo aggiungere il regno dei materiali prodotti dai sapiens, quasi esclusivamente negli ultimi 10.000 anni. Un quarto regno che potremmo battezzare come «artificiale», perché prodotto dall’uomo ricombinando e trasformando i materiali naturali e gli elementi e creando nuovi composti.

Tutte le comunità di viventi riconoscono un principio non scritto, che le risorse del pianeta sono finite e che esaurirle per i bisogni di una sola specie si ritorcerà contro tutti, compresa la specie che cerca di trarne vantaggio.

Surrogare la natura non è solo dannoso, è inutile. E ha reso «felici» solo pochissimi individui del genere Homo, perché tutti gli altri si sono complessivamente impoveriti.

L’uomo non è al centro dell’universo – come i risultati della sua avventura intellettuale potrebbero far pensare –, ma certo ne è uno degli aspetti più complicati e non ancora interamente svelati. 

Note
Vedi anche frasi e citazioni di: Piero AngelaStefano Mancuso