Frasi e citazioni di Roland Barthes

Selezione di frasi e citazioni di Roland Barthes (Cherbourg, 1915 - Parigi, 1980), saggista, critico letterario, linguista e semiologo francese.
Foto di Roland Barthes
Io desidero il mio desiderio, e l'essere amato non è altro che il suo accessorio.
(Roland Barthes)

Il grado zero della scrittura
Le Degré zéro de l'écriture, 1953

La lingua è al di qua della Letteratura. Lo stile è quasi al di là: le immagini, il lessico, il fraseggiare di uno scrittore, nascono dal suo corpo e dal suo passato e a poco a poco diventano gli automatismi stessi della sua arte.

Non esiste linguaggio scritto senza ostentazione.

Ogni parola poetica è un oggetto inatteso, un vaso di Pandora da cui s’involano tutte le virtualità del linguaggio; essa è perciò prodotta e consumata con una particolare curiosità, per una specie di sacra golosità.

La Letteratura è come il fosforo: brilla di più nel momento in cui tenta di morire.

Saggi critici
1964

La letteratura non permette di camminare, ma permette di respirare.
[La littérature ne permet pas de marcher, mais elle permet de respirer].

Il sistema della moda
Système de la mode, 1967

Ogni nuova moda è rifiuto di ereditare, è sovvertimento contro l'oppressione della vecchia moda; la moda si vive come un diritto, il diritto naturale del presente sul passato.

L'impero dei segni
L'Empire des signes, 1970

Cos'è il nostro viso se non una citazione?
[Qu'est-ce donc notre visage, sinon une citation?].

Lo specchio non capta altro se non altri specchi, e questo infinito riflettere è il vuoto stesso. 

Miti d'oggi
Mythologies, 1970

L’anarchia dei costumi e dei comportamenti superficiali è un eccellente alibi per l’ordine: l’individualismo è un mito borghese che permette di vaccinare con una libertà inoffensiva l’ordine e la tirannia di classe

È noto che la guerra contro l’intelligenza viene sempre condotta in nome del buon senso

La scienza va dritta e veloce per la sua strada; ma le rappresentazioni collettive non stanno al passo, sono arretrate di secoli, mantenute stagnanti nell’errore dal potere, dalla grande stampa e dai valori d’ordine.

L’universo è una cassaforte di cui l’umanità cerca la combinazione.
[L'univers est un coffre-fort dont l'humanité cherche le chiffre].

Musica Practica
1970

Ci sono due tipi di musica: quella che si ascolta, quella che si suona.

S/Z
1970

Quelli che trascurano di rileggere si condannano a leggere sempre la stessa storia.

Il piacere del testo
Le Plaisir du texte, 1973 - Selezione Aforismario

Il testo che scrivi deve darmi la prova di desiderarmi. Questa prova esiste: è la scrittura. La scrittura è questo: la scienza dei godimenti del linguaggio, il suo kamasutra (di questa scienza non c'è che un trattato: la scrittura stessa).

Mi viene presentato un testo. Il testo mi annoia. Si direbbe che balbetta. Il balbettio del testo è solo quella schiuma di linguaggio che si forma sotto l'effetto di un  semplice  bisogno  di scrittura.

Sarebbe meglio fare la triste, stupida, tragica storia di tutti i piaceri a cui le società obbiettano o rinunciano: c'è un oscurantismo del piacere.

Si direbbe che l'idea di piacere non lusinghi più nessuno. La nostra società sembra al tempo stesso assennata e violenta; in ogni modo: frigida.

Per sfuggire all'alienazione della società presente non rimane che questa via: la fuga in avanti.

Barthes di Roland Barthes
Roland Barthes par Roland Barthes, 1975

La fantasia aiuta a superare ogni momento di veglia o di insonnia; è un piccolo romanzo tascabile che puoi aprire ovunque senza che nessuno ci veda nulla.

Frammenti di un discorso amoroso
Fragments d'un discours amoureux, 1977 - Selezione Aforismario

Nella mia vita, io incontro milioni di corpi; di questi milioni io posso desiderarne delle centinaia; ma, di queste centinaia, io ne amo uno solo. L’altro di cui io sono innamorato mi designa la specialità del mio desiderio.

Nell'incontro, io mi meraviglio per aver trovato qualcuno che, con pennellate consecutive e ogni volta precise, porta a termine senza cedimenti il quadro del mio fantasma; io sono come un giocatore la cui fortuna non si smentisce e che al primo colpo gli fa mettere la mano sul pezzo che va a completare il puzzle del suo desiderio.

Io desidero il mio desiderio, e l'essere amato non è altro che il suo accessorio.

Quello che l'amore mette a nudo in me è l’energia. Tutto ciò che faccio ha un senso (posso perciò vivere senza lamentarmi), ma questo senso è una finalità inafferrabile: esso non è altro che la coscienza della mia forza. Le inflessioni dolenti, colpevoli, tristi, tutto il reattivo della mia vita d’ogni giorno è sconvolto.

A ogni istante dell’incontro, io scopro nell’altro un altro me stesso.
[A chaque instant de la rencontre, je découvre dans l'autre un autre moi-même].

La passione amorosa è un delirio; ma il delirio non è poi così straordinario; tutti ne parlano e ormai non fa più paura. Enigmatica è semmai "la perdita di delirio": dove porta?).

L'amore-passione non è "ben visto"; lo si considera come una malattia di cui bisogna guarire; non gli si attribuisce, come una volta, un potere di arricchimento.

Che cosa c'è di più stupido di un innamorato? Oggi l'amore-passione è svalutato. L'amore è oggi fuori moda. L'innamorato è un marginale. Egli si trova nella “de-realtà”.  

Un innamorato coniuga estremi di nevrosi e psicosi: è un tormentato e un pazzo.

L'"io-ti-amo" non è una frase: esso non trasmette un significato, bensì s'aggrappa a una situazione-limite: quella in cui il soggetto è sospeso in un rapporto speculare all'altro.

L'"io-ti-amo" è senza sfumature. Esso sopprime le spiegazioni, gli accomodamenti, le graduazioni, gli scrupoli.

L'“io ti amo” è nella mia testa, ma io lo imprigiono dietro le mie labbra.

Passato il momento della prima confessione, il "ti amo" non vuol dire più niente; esso non fa che riprendere in maniera enigmatica, tanto suona vuoto, l'antico messaggio (che forse quelle parole non
erano riuscite a comunicare).

L’imperfetto è il tempo della fascinazione.

Il soggetto ricerca, con ostinazione, la possibilità di ottenere una totale soddisfazione del desiderio implicito nella relazione amorosa e di conseguire un successo completo e come eterno di questa relazione: immagine paradisiaca del Bene Supremo da dare e da ricevere. 

Il soggetto amoroso vive ogni incontro con l'essere amato come una festa.

Il mito del “colpo di fulmine” è talmente forte (la cosa mi cade addosso senza che io me l’aspetti, senza che io lo voglia, senza che io abbia fatto la benché minima mossa), che si resta sbalorditi se si sente qualcuno “decidere” d’innamorarsi.

Non si è innamorati "che" di un'immagine. Il colpo di fulmine, quello che si chiama "invaghimento", si compie attraverso un'immagine.

L’amore è osceno perché mette la sentimentalità al posto della sessualità.

Il gesto dell'abbraccio amoroso sembra realizzare, per un momento, il sogno di unione totale con l'essere amato.

[Nell'abbraccio] tutto rimane sospeso: il tempo, la legge, la proibizione: niente si esaurisce, niente si desidera: tutti i desideri sono aboliti perché sembrano essere definitivamente appagati.

Solo chi crede di essere amato può essere geloso, e solo chi ama può tradire.

Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l'altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri.

Io posso fare tutto con il mio linguaggio, “ma non con il mio corpo”. Ciò che riesco a nascondere con il mio linguaggio, il mio corpo lo dice.

Posso modellare a mio piacimento il mio messaggio, ma non la mia voce. Qualunque cosa essa dica, dalla mia voce l’altro si accorgerà che “ho qualcosa”.

Io so che tu sai che io so: questa è la formula generale dell’imbarazzo.
[Je sais que tu sais que je sais: telle est la formule générale de la gêne].

La cultura di massa è una macchina che indica quali sono le cose da desiderare: questo è ciò che deve interessarti, dice, come se intuisse che gli uomini sono incapaci di trovare da soli chi devono desiderare. 

Mi si dice: questa specie d’amore non dà frutti. Ma come poter valutare ciò che fruttifica? Perché ciò che dà frutti è un Bene? Perché durare è meglio che bruciare?

Nella sfera amorosa, le ferite più dolorose sono causate più da ciò che si vede che non da ciò che si sa.
[Dans le champ amoureux, les blessures les plus vives viennent davantage de ce que l'on voit que de ce que l'on sait].

La coscienza di un accumulo delle sofferenze amorose trova sfogo con questa frase: «Così non può continuare».

Se un giorno dovessi decidermi di rinunciare all'altro, il violento lutto che mi colpirebbe sarebbe il lutto dell'Immaginario: era una struttura cara, e io piangerei la perdita dell'amore, non già la perdita di questa o quella persona.

Diario del lutto
Journal de deuil, 1977

Ognuno ha il suo ritmo di dolore.

La camera chiara
La Chambre claire, 1980

Davanti all'obiettivo io sono contemporaneamente: quello che io credo di essere, quello che vorrei si creda io sia, quello che il fotografo crede io sia, e quello di cui egli si serve per far mostra della sua arte.

Ciò che la fotografia riproduce all'infinito ha avuto luogo una sola volta: essa ripete meccanicamente ciò che non potrà mai più a ripetersi esistenzialmente.

Ciò che costituisce la natura della fotografia è la posa.

Non appena io mi sento guardato dall'obiettivo, tutto cambia: mi metto in un atteggiamento di 'posa', mi fabbrico istantaneamente un altro corpo, mi trasformo anticipatamente in immagine

La vita è fatta di piccole solitudini. 

L'ovvio e l'ottuso
L'Obvie et l'Obtus, 1982

È cambiato il soggetto umano: l'interiorità, l'intimità, la solitudine hanno perso il loro valore, l'individuo è sempre più diventato gregario, vuole musiche collettive, massicce, spesso parossistiche, espressione del noi, più che dell'io. 

Discorsi e articoli
Spesso gli uomini creano delle mode aberranti per vendicarsi delle donne.

La sapienza è nessun potere, un po' di sapere, un po' di intelligenza e quanto più sapore possibile.

Vi è un'età in cui si insegna ciò che si sa; ma poi ne viene un'altra in cui si insegna ciò che non si sa: questo si chiama cercare. Forse oggi è giunta l'età di un'altra esperienza: quella del disimparare.

Note
Vedi anche frasi e citazioni di: Jean BaudrillardGilles Deleuze - Michel Foucault

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