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Aforismi, frasi e citazioni sugli Anni '80

Raccolta di aforismi, frasi e citazioni sugli anni '80. In Italia gli anni ottanta sono ricordati come anni di ottimismo, di spensieratezza, di edonismo, e la maggior parte dei giovani di allora ricorda con nostalgia quel periodo.

Tra i tanti eventi che hanno caratterizzato gli anni che vanno dal 1980 al 1989, si possono ricordare i seguenti: nel 1982 la Nazionale italiana vince il mondiale di calcio in Spagna; appaiono i primi home computer e si diffondono i videogiochi con titoli storici come Pac-man, Donkey Kong e Super Mario Bros; nel 1983 esce il Compact Disc, che in pochi anni soppiantano i dischi in vinile; nascono il synthpop e la New wave che hanno come maggiori rappresentanti i Duran Duran, gli Spandau Ballet, i Depeche Mode, i New Order e i Pet Shop Boys; si diffonde la subcultura giovanile dei cosiddetti paninari; nel 1989 viene abbattuto il Muro di Berlino, considerato il simbolo della guerra fredda, che da questo momento è considerata storicamente finita. 

Su Aforismario trovi altre raccolte di citazioni correlate a questa sull'edonismo, il consumismo, la spensieratezza e il Novecento. [I link sono in fondo alla pagina].
Oggi basterebbe la metà dell'entusiasmo che avevamo noi, vecchi yuppies
degli anni '80, per tirare un po' su questa Italia. (Jerry Calà)
Dentro o fuori la televisione? / meglio artefatto e volgare / o meglio coglione? / il risultato è il tuo cosmetico / efficacia ne ha tanta / se la mia pelle è nel 2000 / e la tua è ancora anni '80 / non sai che non si esce vivi dagli anni '80 / non si esce vivi dagli anni '80.
Afterhours, Non si esce vivi dagli anni 80, 1999

[Negli anni ottanta] tutto ciò che arrivava da oltreoceano era considerato il top, gli Stati Uniti erano il simbolo di una società libera, moderna, in corsa verso il futuro. E naturalmente anche noi in Italia non volevamo essere da meno, perciò ecco nascere Burghy, la versione nostrana di McDonald’s. Fu subito un successone, tanto che i punti vendita si moltiplicarono in fretta e quello di piazza San Babila diventò addirittura il ritrovo preferito di un gruppo di ragazzi che indossavano il Moncler, i jeans Americanino e le cinture del Charro con la fibbia tonda in metallo: i famosi paninari.
Marco Bianchi, Il gusto della felicità , 2019

Quando andavo a scuola, quasi tutti, dalle elementari alle superiori, avevano lo zaino Invicta. Dico “quasi” perché c’era anche qualcuno con il Seven, l’unico e coraggioso antagonista, che sembrava fosse stato creato apposta per alimentare un’altra delle grandi querelle che hanno animato i decenni Ottanta e Novanta, tipo: Lorella Cuccarini o Heather Parisi? Duran Duran o Spandau Ballet? Dallas o Dynasty? Maradona o Platini?
Marco Bianchi, ibidem

Negli anni Ottanta [...] mancava quasi completamente la cultura dell’alimentazione sana, nessuno si prendeva la briga di leggere le etichette degli alimenti o si interrogava sulla loro provenienza. L’unica cosa che contava era che un cibo fosse una novità e che possibilmente arrivasse dagli Stati Uniti, e il Billy, con quella furbetta Y finale che faceva tanto America, centrava tutti gli obiettivi.
Marco Bianchi, Il gusto della felicità , 2019

Non penso che siano i nostri film degli anni '80 ad aver fatto male ai ragazzi: noi infondevamo ottimismo. Oggi pare sia sbagliato anche essere ottimisti
Jerry Calà, su GQ.com, 2014

Oggi basterebbe la metà dell'entusiasmo che avevamo noi, vecchi yuppies degli anni '80, per tirare un po' su questa Italia.
Jerry Calà, su GQ.com, 2014

Cominciava un decennio, gli anni Ottanta, che per tanti versi a molti di noi sembrarono brutti, superficiali, vacui, vuoti; ma furono pur sempre l’ultimo periodo in cui l’Italia cresceva, l’economia tirava, le famiglie si arricchivano, il futuro non appariva un problema ma un’opportunità. L’ultima volta in cui siamo stati felici; anche se in modo diverso rispetto al decennio precedente.
Aldo Cazzullo, Basta piangere!,  2013

Ho sempre subito il fascino degli anni Ottanta. Anche se, all'epoca, avevo i calzettoni che si arrotolavano intorno alle caviglie, scoperte le ginocchia sbucciate; anche se tentavo di trasformarmi, pronunciando "paripapum" o "gira e spera", in una fanciulla manga; anche se l'oggetto del mio desiderio era il Camper di Barbio; anche allora, con tutti questi se, lo sapevo di appartenere a una generazione invidiata: i ventenni del 2000.
Emma Fenu, I mitici anni Ottanta, 2019

Negli anni Ottanta io sapevo sognare e credere nei sogni e non solo perché ero bambina. Era proprio l'atmosfera ad essere diversa, prima che i decenni successivi ci disilludessero, rendendoci troppo adulti tutti, perfino i più giovani.
Emma Fenu, I mitici anni Ottanta, 2019

In fin dei conti, siete tutti, come me, in qualche misura, figli degli Anni Ottanta.
Emma Fenu, ibidem

Gli anni ‘80 sono stati forse l’ultimo periodo in cui i ragazzi hanno avuto la speranza di poter fare qualcosa per il proprio futuro.
Giovanni Floris, a Che Tempo che Fa, 2014

Gli anni ‘80 sono stati molto importanti perché ci hanno permesso di pensare senza scatole precostituite e che ci hanno permesso di fare delle scelte. Ed è in fondo questo quel che fa paura.
Giovanni Floris, a Che Tempo che Fa, 2014

Bentornati nei 10 anni che hanno segnato la vostra infanzia, quando ci divertivamo con niente, un pallone o una bambola a seconda del sesso, ma anche un pezzo di gesso per disegnare una campana, o una corda da saltare. Non c'era internet, non c'era google, non c'erano telefonini, reality show, grandi fratelli. Per sapere le notizie bisognava aspettare il telegiornale, le ricerche si facevano in biblioteca, e per telefonare bisognava prima ricorrere a una macchina stranissima che convertiva le monete in gettoni, e poi trovare una cabina libera...
Fabio Paoleri (dal sito Anni 80)

Siamo stati gli ultimi bambini davvero ingenui e candidi, per cui non esistevano i doppi sensi e bastava una sguardo per farci arrossire. Con 500 lire ci sentivamo tanto ricchi da passare un intero pomeriggio in sala giochi, 10.000 lire sembravano una cifra astronomica, quando un ghiacciolo costava 150 lire e un pacchetto di figurine 50. Non c'era la playstation, al massimo Pong, con due biglie passavamo dei pomeriggi interi, mentre il "mondo reale" ci sfiorava appena, ma riuscivamo comunque a capire che non era cosí cattivo. Molti hanno denigrato questi anni '80, ma io non penso che ci sia stato tanto di meglio, dopo. 
Fabio Paoleri (dal sito Anni 80)

Anni rampanti dei miti sorridenti da wind surf / sono già diventati graffiti ed ognuno pensa a sé / forse domani a quest'ora non sarò esistito mai / e i sentimenti che senti tu se ne andranno come spray / Anni interi di pubblicità, ma cosa resterà? / Anni allegri e depressi di follia e lucidità / sembran già gli anni ottanta per noi / quasi ottanta anni fa.
Raf (Raffaele Riefoli), Cosa resterà degli anni '80, 1989

Cosa resterà di questi anni ottanta / afferrati e già scivolati via / cosa resterà e la radio canta / una verità dentro una bugia.
Raf (Raffaele Riefoli), Cosa resterà degli anni '80, 1989

Gli anni Sessanta furono hashish e Hendrix, i Settanta cocaina e herpes, gli Ottanta Perrier e scalata sociale.
Michael Philip Des Barres, citato in Charles Shaar Murray, Jimi Hendrix: una chitarra per il secolo, 1989

Negli Ottanta, se andava bene ti beccavi uno Zucchero deluxe, un Blue’s, una donna, una duna mossa. Per il resto, ci si perdeva nella faida pietosa Duran Duran vs Spandau Ballet, che era come scegliere tra il niente e il nulla, e magari pure gli Europe, col loro final countdown ultracafonal.
Andrea Scanzi, Non è tempo per noi, 2013

Raramente il cinema italiano ha saputo ridere bene come negli anni Ottanta. Soprattutto nella prima metà, con la forma aurea di Francesco Nuti e Roberto Benigni, Massimo Troisi e Carlo Verdone. E poi anche Alessandro Benvenuti. E Carlo Monni. Ma sì, pure Riccardo Pangallo. Evidentemente era tale il disgusto per l’edonismo, e chiaro l’anelito verso un’isola ridanciana incontaminata, che quei comici cresciuti nella palestra dei fine Settanta hanno trovato le chiavi giuste per raccontare quel tempo.
Andrea Scanzi, ibidem

Ovviamente c’era anche chi inseguiva pure al cinema le bassezze della nascente e sempre più florida tivù commerciale. Il cinepanettone nasce di fatto con Vacanze di Natale, anno 1983, bruttino ma dal successo smisurato e comunque superiore alla sua depravazione (pur’essa di successo) successiva.
Andrea Scanzi, ibidem

Mi ricordo le cinture del Charro. Cinture da cowboy mancati, cafone e orrende, che ci si vergognava a indossare anche negli anni Ottanta, però guai a dirlo. Si dovevano avere, portate su jeans anch’essi rigorosamente di marca.
Andrea Scanzi, ibidem

Il Commodore 64. Un computer così lento che, mentre si accendeva, nel frattempo ti era passata tutta la vita davanti. 
Andrea Scanzi, ibidem

Mi ricordo le Timberland, irrinunciabili per il bagaglio del paninaro perfetto assieme al giubbotto di jeans, le suddette cinture del Charro, le felpe daltoniche della Best Company e il più blasonato piumino Moncler, che ti faceva sentire un omino Michelin felicemente ridicolo e teoricamente sexy. Molto teoricamente.
Andrea Scanzi, Non è tempo per noi, 2013

Gli anni ’80 godono di pessima stampa: la Thatcher, Reagan, Craxi… Invece è negli anni ’80 che l’Italia si è risollevata dal terrorismo, dalle paure tremende di un paese sull'orlo della guerra civile.
Enrico Vanzina, su Sentieriselvaggi, 2013

[Anni Ottanta] Si tratta di un'epoca abitualmente considerata superficiale e vuota ma in fondo in quel periodo non si parlava né di crisi, né di "spread". Erano gli anni in cui stava per cominciare l'edonismo della cosiddetta "Milano da bere".
Enrico Vanzina, intervista su Cinespresso, 2014

Quegli anni sono stati gli ultimi spensierati; i momenti plumbei erano ancora lontani.
Enrico Vanzina, ibidem

Negli anni Ottanta si rideva. Si rideva molto di più. Si rideva al lavoro, a scuola, con gli amici e soprattutto si rideva in TV. Quegli anni erano un’epoca favolosa. L’Italia vinceva i Campionati del mondo in Spagna, la musica la facevano i DJ e il suo ritmo dance pulsava dalle radio e dalle discoteche. Perfino il papa sciava in quegli anni. Ci si sentiva liberi, sarebbe caduto il muro di Berlino.
Fabio Volo, La strada verso casa, 2013

[Negli anni Ottanta] il culto del corpo aveva generato un’esplosione di palestre, corsi di aerobica per donne, body building per uomini, centri di abbronzatura. Bisognava avere un fisico scolpito, color bronzo, da portare in giro in vestiti firmati e occhiali a specchio.
Fabio Volo, ibidem

A qualsiasi ora del giorno potevi accendere la televisione e trovare qualcuno che era stato messo lì per farti ridere, per distrarti un po’, per regalarti dei premi o anche solo per dirti una serie di frasi divertenti, tormentoni pronti per l’uso. Era piena di gettoni d’oro, di coriandoli, di trombette, di gonnelline luccicanti e di giacche colorate. Era piena di sorrisi splendenti, piena di labbra e di bocche che soffiavano baci ai telespettatori. Era piena di prodotti in vendita.
Fabio Volo, ibidem

Negli anni Ottanta si aveva la sensazione che si potesse comprare tutto. Anche l’allegria. I poveri potevano sembrare ricchi.
Fabio Volo, ibidem

Negli anni Ottanta era molto importante cosa indossavi, come ti vestivi, gli oggetti avevano nomi propri: le scarpe avevano un nome, la cintura aveva un nome, il giaccone aveva un nome, perfino le calze. Quello che indossavi diceva quanto valevi.
Fabio Volo, ibidem

Prima degli anni Ottanta nelle case si sentivano frasi come: “Non possiamo permettercelo” oppure “Questa è una cosa fuori dalle nostre possibilità”. Gli anni Ottanta sembrava avessero spazzato via tutto questo, insieme alla cultura del risparmio. Quello che guadagnavi spendevi, e se non bastava potevi fare un leasing. La vita non era più costruirsi un futuro ma comprare un grosso biglietto della lotteria.
Fabio Volo, ibidem

Forse è stato in quegli anni che le parole hanno iniziato a perdere il loro vero significato, a diventare maschere senza dietro un volto. Tutto era accrescitivo e superlativo.
Fabio Volo, La strada verso casa, 2013

Noi che negli anni '80...
Noi che i pattini avevano quattro ruote e si allungavano quando il piede cresceva.
Noi che ci divertivamo anche facendo "Strega Comanda Color...".
Noi che mettevamo le carte da gioco con le mollette ai raggi della bicicletta.
Noi che chi lasciava la scia più lunga nella frenata con la bici era il più forte.
Noi che passavamo ore a cercare i buchi nella camera d'aria mettendola in una bacinella.
Noi che ci sentivamo ingegneri quando riparavamo quei buchi con il "tip-top".
Noi che il Ciao si accendeva pedalando.
Noi che suonavamo il campanello per chiedere se l'amico era in casa.
Noi che facevamo a chi masticava più "Big Babol" contemporaneamente.
Noi che dopo la prima partita c'era la rivincita e poi la bella... e poi la bella della bella.
Noi che giocavamo a "Fiori, Frutta e Città" (e la città con la D era sempre Domodossola).
Noi che con 500 lire di carta ci venivano 10 pacchetti di figurine.
Noi che ci mancavano sempre quattro figurine per finire l'album Panini.
Noi che ci spaccavamo le dita per giocare a "Subbuteo".
Noi che le cassette se le mangiava il mangianastri e ci toccava riavvolgere il nastro con la penna.
Noi che litigavamo su chi fosse il più forte tra Goldrake e Mazinga (Goldrake, ovvio).
Noi che guardavamo anche "La Casa Nella Prateria" anche se metteva tristezza.
Noi che non avevamo il cellulare per andare a parlare sul terrazzo.
Noi che i messaggini li scrivevamo su dei pezzetti di carta da passare al compagno.
Noi che andavamo in cabina a telefonare.
Noi che c'era la Polaroid e aspettavi che si vedesse la foto.
Noi che a scuola ci andavamo da soli e tornavamo da soli.
Noi che le ricerche le facevamo in biblioteca, mica con Google
Noi che Internet non esisteva.
Noi che però sappiamo a memoria "Zoff Gentile Cabrini Oriali Collovati Scirea Conti Tardelli Rossi Antognoni Graziani (allenatore Bearzot)
Noi che non sapevamo che cos'era la morale, solo che era sempre quella: "Fai merenda con Girella".
Noi che sapevamo che erano le quattro perché stava per iniziare "Bim Bum Bam".
Noi che sapevamo che era pronta la cena perché c'era "Happy Days".
Che fortuna esserci stati!

Note
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