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Aforismi, frasi e pensieri di Silvio Pellico

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Silvio Pellico (Saluzzo 1789 - Torino 1854), scrittore, poeta e patriota italiano. Il nome di Silvio Pellico è noto soprattutto per il suo libro di memorie Le mie prigioni, pubblicato nel 1832. In esso, Silvio Pellico descrive la sua esperienza di detenzione prima ai Piombi di Venezia e poi nel carcere dello Spielberg di Brno, e copre un arco di tempo che va dal 1820, anno del suo arresto per la sua adesione ai moti carbonari, fino al 1830, anno della sua scarcerazione. Le mie prigioni ebbe una grande diffusione non solo in Italia, ma anche in Europa, e il primo ministro austriaco Metternich affermò che il libro danneggiò l'immagine dell'Austria più di una battaglia persa.
Nelle sciagure (e tanto più quando le sciagure non sono somme)
l'avvilirsi non è da uomo né da cristiano. (Silvio Pellico)
Le mie prigioni
1832 - Selezione Aforismario

Avviene in prigione come nel mondo. Quelli che pongono la lor saviezza nel fremere, nel lagnarsi, nel vilipendere, credono follia il compatire, l'amare, il consolarsi con belle fantasie che onorino l'umanità ed il suo Autore.

Chi opera per sincera coscienza può errare, ma è puro innanzi a Dio.

Curioso fatto, che il vivere arrabbiato piaccia tanto! Vi si pone una specie d'eroismo. Se l'oggetto contro cui ieri si fremeva è morto, se ne cerca subito un altro. "Di chi mi lamenterò oggi? chi odierò? sarebbe mai quello il mostro?... Oh gioia! l'ho trovato.

Il vero bene sta nella coscienza e non negli oggetti esteriori.

Il vero pregare non è borbottare molte parole alla guisa de' pagani, ma adorar Dio con semplicità, sì in parole, sì in azioni, e fare che le une e le altre sieno l'adempimento del suo santo volere.

Il vivere libero è assai più bello del vivere in carcere; chi ne dubita? Eppure anche nelle miserie d'un carcere, quando ivi si pensa che Dio è presente, che le gioie del mondo sono fugaci, che il vero bene sta nella coscienza e non negli oggetti esteriori, puossi con piacere sentire la vita.

L'innocenza è veneranda, ma quanto lo è pure il pentimento!

L'uomo si reputa migliore, aborrendo gli altri.

La somma solitudine può tornar vantaggiosa all'ammendamento d'alcune anime; ma credo che in generale lo sia assai più se non ispinta all'estremo, se mescolata di qualche contatto colla società.

La sventura non degrada l'uomo, s'ei non è dappoco, ma anzi lo sublima.

L'amicizia e la religione sono due beni inestimabili! Abbelliscono anche le ore de' prigionieri, a cui più non risplende verisimiglianza di grazia!

La disgrazia di non piangere è una delle più crudeli ne' sommi dolori.

Non v'è dubbio che ogni condizione umana ha i suoi doveri. Quelli d'un infermo sono la pazienza, il coraggio e tutti gli sforzi per non essere inamabile a coloro che gli sono vicini.

Oh qual brama ha il prigioniero di veder creature della sua specie! La religione cristiana, che è sì ricca d'umanità, non ha dimenticato di annoverare fra le opere di misericordia il visitare i carcerati.

Rassegnarmi a tutto l'orrore d'una lunga prigionia, rassegnarmi al patibolo, era nella mia forza. Ma rassegnarmi all'immenso dolore che ne avrebbero provato padre, madre, fratelli e sorelle, ah! questo era quello a cui la mia forza non bastava.

Se Dio esiste, una conseguenza necessaria della sua giustizia è un'altra vita per l'uomo, che patì in un mondo così ingiusto.

Sia benedetta la Provvidenza, della quale gli uomini e le cose, si voglia o non si voglia, sono mirabili stromenti ch'ella sa adoprare a fini degni di sé.

Un giorno è presto passato, e quando la sera uno si mette a letto senza fame e senza acuti dolori, che importa se quel letto è piuttosto fra mura che si chiamino prigione, o fra mura che si chiamino casa o palazzo?

Un'anima umana, nell'età dell'innocenza, è sempre rispettabile.

Una diffidenza moderata può esser savia: una diffidenza oltrespinta, non mai.

Dei doveri degli uomini
1834 - Selezione Aforismario

Ad amare l'umanità, è d'uopo saper mirare, senza scandalezzarsi, le sue debolezze, i suoi vizi.

All'idea del dovere l'uomo non può sottrarsi; ei non può non sentire l'importanza di questa idea. Il dovere è attaccato inevitabilmente al nostro essere; ce n'avverte la coscienza fin da quando cominciamo appena ad avere uso di ragione.

Bella è sempre la pietà verso gl'infelici; sino verso i rei. La legge può aver diritto di condannarli; l'uomo non ha mai diritto d'esultare del lor dolore, né di dipingerli con colori più neri del vero.

Il primo dei nostri doveri è l'amore della verità, e la fede in essa.

L'adempimento del dovere è talmente necessario al nostro bene, che pure i dolori e la morte, che sembrano essere il più immediato nostro danno, si cangiano in voluttà per la mente dell'uomo generoso che patisce e muore coll'intenzione di giovare al prossimo.

La coscienza dell’uomo non ha riposo se non nella verità. Chi mente, se anche non viene scoperto, ha la punizione in sé medesimo, egli sente che tradisce un dovere e che si degrada.

La gratitudine è l'anima della religione, dell'amor filiale, dell'amore a quelli che ci amano, dell'amore alla società umana, dalla quale ci vengono tanta protezione e tante dolcezze.

La verità è Dio. Amar Dio ed amare la verità sono la stessa cosa.

Non disonorare il sacro nome d'amico, dandolo ad uomo di niuna o poca virtù.

Non volerti sforzare ad avere amici. È meglio non averne alcuno che doversi pentire d'averli scelti con precipitazione. Ma quando uno n'hai trovato, onoralo di elevata amicizia.

Per credere, è d'uopo voler credere, è d'uopo amare fortemente il vero.

Per quanto ti sia caro il tuo patrimonio, l'onore, la vita, sii pronto ognora a sacrificar tutto al dovere, se tali sacrifizi egli esigesse.

Perdonando un torto ricevuto, si può cangiare un nemico in amico.

Quand'hai commesso un torto, non mentir mai per negarlo od attenuarlo. Debolezza turpe è la menzogna. Concedi d'avere errato; qui v'è magnanimità; e la vergogna che ti costerà il concedere, ti frutterà la lode de' buoni.

Tutto ciò che impari, t'applica a impararlo con quanta più profondità è possibile. Gli studi superficiali producono troppo spesso uomini mediocri e presuntuosi.

Francesca da Rimini
1815

Amore è di sospetti fabbro.

Vederti, udirti, e non amarti... umana | cosa non è.

Epistolario
1856 (postumo)

Nelle sciagure (e tanto più quando le sciagure non sono somme) l'avvilirsi non è da uomo né da cristiano.

Libro di Silvio Pellico consigliato
Le mie prigioni
Editore Mondadori, 2012

Dieci anni di carcere duro narrati in prima persona. La storia di un'anima, un libro di denuncia politica e un'opera, nella sua "sublime semplicità", di grande valore letterario. Pubblicato nel novembre 1832, Le mie prigioni si impose, per l'immediato successo e l'enorme risonanza, come un caso letterario eccezionale: il moltiplicarsi delle edizioni italiane e delle traduzioni ne fecero il libro italiano più celebre e letto nell'Europa dell'Ottocento. Nelle intenzioni dell'autore, non voleva essere né un libello antiaustriaco né la vendetta di un letterato perseguitato, ma la testimonianza della sua storia interiore, della sua maturazione morale attraverso le sofferenze, le lunghe meditazioni e letture, l'autodisciplina psicologica del carcere. La qualità più evidente e la forza più intensa di quest'opera rimase, per ogni lettore, la pacata e lucida verità che emergeva dalle sue pagine. Le mie prigioni si inserisce a pieno diritto in quel filone realistico, di forte tensione etica, alieno dagli eccessi della fantasia e del patetico.

Note
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