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Frasi e citazioni di Remo Bodei

Selezione di frasi e citazioni di Remo Bodei (Cagliari, 1938 - Pisa, 2019), filosofo e accademico italiano. È stato professore alla Scuola Normale Superiore di Pisa e ha insegnato in varie università europee e statunitensi. Le seguenti riflessioni di Remo Bodei sono tratte dai libri: Una scintilla di fuoco (2005); Immaginare altre vite (2013); Limite (2016); Dominio e sottomissione (2019).
Foto di Remo Bodei
La filosofia costituisce un antidoto contro il fast food ammannito dai mezzi
di comunicazione di massa; risponde al bisogno di capire e di ragionare. (Remo Bodei)

La filosofia nel Novecento
© Donzelli, 1997

Malgrado i ripetuti annunci è certo che la filosofia, al pari dell'arte, non è affatto 'morta'. Essa rivive anzi a ogni stagione perché corrisponde a bisogni di senso che vengono continuamente - e spesso inconsapevolmente - riformulati. A tali domande, mute o esplicite, la filosofia cerca risposte, misurando ed esplorando la deriva, la conformazione e le faglie di quei continenti simbolici su cui poggia il nostro comune pensare e sentire»

Una scintilla di fuoco
Invito alla filosofia © Zanichelli, 2005 - Selezione Aforismario

La filosofia costituisce un antidoto contro il fast food ammannito dai mezzi di comunicazione di massa; risponde al bisogno di capire e di ragionare.

La filosofia, amore per il sapere, ha in comune con l'infanzia il continuo bisogno di comprendere. Coltiva metodicamente questo atteggiamento, aiutando a conservare a lungo la volontà di capire, di non arrendersi all'opacità dell'esistenza, di prolungare la fase della meraviglia, della curiosità e della ricerca.

La filosofia è esercizio critico, capacità affinata o acquisita di soppesare in maniera metodica e paziente le argomentazioni e le prove relative a determinati problemi in vista di possibili soluzioni; è articolazione del dubbio e sospensione del giudizio quando non si raggiunge una chiara visione delle questioni; è propensione a vagliare autonomamente idee, convinzioni e norme, nella consapevolezza dei condizionamenti, dei pregiudizi e dei limiti che ogni civiltà e personalità comporta.

La filosofia insegna a non ritenersi appagati di banalità o frasi fatte o, addirittura, a non accontentarsi subito di quello che viene insegnato, trasmesso esplicitamente o insinuato da qualsiasi autorità.

Non tutti sono in grado di diventare filosofi, sebbene tutti si pongano - spesso inconsapevolmente - domande di tipo filosofico.

La filosofia è aperta a tutti gli esseri pensanti, a patto però che, in misura diversa, essi vi si impegnino, facendo brillare la luce della ragione.

Compito del filosofo è quello di elaborare nella maniera più articolata, chiara, puntuale ed autonoma il proprio pensiero, ma anche quello di insegnare "ai non-filosofi" il rifiuto di concezioni supinamente accolte.

Si può con tranquilla coscienza affermare che la filosofia non serve a nulla, che non è un mezzo per fini semplicemente utili. Ma bisogna anche aggiungere che vi sono altre cose - come la salute o la musica di Mozart - che non "servono" a niente. In questa prospettiva, la filosofia, che sembra un lusso, è invece il bene più necessario.

Anche la filosofia è "utile" non perché porti dei vantaggi immediati e tangibili, ma perché amplia gli orizzonti mentali e morali degli individui, trasformandoli.

Quando l'esistenza si impoverisce e le istituzioni appaiono lontane ed estranee, la filosofia si affaccia alla coscienza degli uomini, pronta a prestar loro aiuto, a sanare o cicatrizzare le sue ferite, a mostrare la possibilità di un cambiamento, a indicare uscite di sicurezza.

Le grandi opere di filosofia beneficiano del vantaggio prodotto dal loro scarso "successo": il passare del tempo non le invecchia. Esse sono sempre attuali o - che è lo stesso - sempre inattuali.

Solo le filosofie mediocri rispecchiano il proprio tempo, mentre le grandi filosofie lo rendono intelligibile, assieme ai tempi successivi e precedenti.

Immaginare altre vite
Realtà, progetti, desideri © Feltrinelli, 2013

In quanto anelli di una catena, tramiti tra il passato e il futuro, vite provvisoriamente incastrate tra i morti del passato e quelli del futuro, nel breve tempo loro concesso, gli individui trascorrono l’esistenza senza riuscire ad afferrarne il senso complessivo. Per lo più si limitano a inserire il pilota automatico, sperando di essere guidati senza eccessivi sbandamenti o choc traumatici.

Tendiamo spesso a dimenticare che siamo ospiti della vita. 

Per “meritare la propria nascita”, ognuno deve diventare contemporaneo di se stesso, deve imparare a orientarsi con sufficiente consapevolezza specie nello scegliere quale strada prendere nella vita.

Da sempre, generalmente, quel che siamo non ci basta: qualcosa manca e i desideri ne vanno in cerca. Per sfuggire agli orizzonti ristretti entro cui sarebbe confinata la nostra vita, ci serviamo dell’immaginazione quale antidoto alla povertà e alla finitezza di ogni esperienza individuale. 

Grazie all’immaginazione, ciascuno può vivere altre vite, alimentate non solo dal confronto con persone e situazioni reali, ma anche da modelli veicolati da testi letterari e dai media. 

A partire dall’infanzia le fiabe, i racconti di viaggio e di avventura, le poesie, i romanzi, i libri di storia, i testi filosofici, il teatro, il cinema, la televisione, Internet (o, a livello popolare e in periodi diversi, le canzoni, il feuilleton, i fumetti, i fotoromanzi e i videogiochi) ci stanano dalla chiusura in noi stessi, ci mostrano le infinite possibilità dell’esistenza e, attivando germi che esistono in noi solo in forma invisibile, fanno passare dal negativo al positivo le lastre fotografiche del nostro paesaggio interiore.

Al pari di molte esperienze dirette, la lettura o il teatro spalancano nuovi mondi, ossigenano la mente, inoculano idee, passioni, sensazioni che altrimenti ci sarebbero precluse o ci resterebbero inconcepibili, sfuocate o fraintese.

Rispetto alla vita effettivamente vissuta, le vite immaginate risuonano come gli armonici naturali in musica, vibrazioni che accompagnano la nota fondamentale, arricchendone il timbro.

Nel tentativo di diventare quel che è o di costruire se stesso, ognuno cerca la pienezza e il significato della propria esistenza anche in un altrove insituabile: nel mondo dei desideri e della fantasia.

Se conoscere se stessi vuol dire accettarsi nella ricchezza delle proprie potenzialità, questo, a sua volta, significa ritagliarsi il proprio specifico ruolo.

La letteratura e la cultura in genere svolgono, come già sappiamo, un ruolo fondamentale nello “sgomitolarsi” della personalità di ciascuno. Anche senza la completa immedesimazione del lettore in qualche personaggio, alcuni libri lasciano in lui tracce profonde e possono, talvolta, trasformargli addirittura la vita, perché “la letteratura la sa lunga sugli uomini”.

L’identità non è qualcosa che è contenuto in noi fin dalla nascita, come un nocciolo o un osso che cresce e si sviluppa, in parte in maniera spontanea, in parte, per effetto dell’educazione. È un cantiere aperto, il frutto di un paziente lavoro di taglio, tessitura e ritocco.

Con diversi mezzi, i poeti, i romanzieri, i filosofi danno voce a idee, passioni e fantasie in cui poi tutti potenzialmente si riconoscono, in cui sentono non soltanto che si parla di loro, ma che si dice quello che essi stessi avrebbero voluto dire. Talvolta avvertono questi contenuti come una rivelazione e sono talmente commossi come se fossero state toccate e vibrassero in loro le corde più profonde dell’anima.

Limite
© Il Mulino, 2016

La delegittimazione dei limiti è stata sancita dal famoso slogan «Vietato vietare!» degli studenti parigini del Sessantotto. Stravolgendone il senso politico, si è, tuttavia, avallata per suo tramite la diffusa abitudine a pensare più alla soddisfazione dei desideri privati che non ai valori politici di solidarietà.

L’esperienza che ciascuno ha della morte è, evidentemente, sempre quella della morte altrui, che rafforza, di norma, il sentimento di incredulità sulla propria.

Solo quando si è trovata la soluzione, si scopre a posteriori la necessità del procedere verso di essa.

Si potrebbe dire che la felicità del pensiero consiste [...] nell’oltrepassare confini sempre più remoti, nell’allontanarsi dalle ipotesi di partenza in modo tale che – a cammino concluso, guardando indietro – si possa misurare l’ampiezza del tragitto percorso e meravigliarsi del fatto che mai si sarebbe previsto di pervenire dove si è giunti.

Dominio e sottomissione
Schiavi, animali, macchine, Intelligenza Artificiale 
© Il Mulino, 2019 - Selezione Aforismario

La gestione ottimale del tempo della vita da parte di ognuno è probabilmente la conquista più preziosa ma anche la più difficile, non solo per quanto riguarda la vita intera, ma soprattutto la quotidianità, dove occorre saggezza per stabilire «l’ordine del giorno».

Vivere è un’arte e non una scienza.

Con una sbrigativa economia di rapina che tenta di prendere al volo tutte le occasioni che si presentano per timore che non capitino più, molti finiscono per immergersi nel presente puntuale, un’attitudine che contrasta diametralmente con la serenità del classico carpe diem.

In una società in cui la memoria soggettiva si infiacchisce, tendiamo a vivere alla giornata, anche perché il flusso ininterrotto di notizie induce a privilegiare l’ultimo aggiornamento, in maniera tale che i più recenti strati di senso finiscono per occultare i precedenti.

Oggi, il presente sembra avere spesso invaso il campo di tutte le tre dimensioni del tempo.

Almeno un’intera generazione si trova così (in diversa misura secondo i luoghi) ad affrontare un’esistenza precaria a causa dell’abbassamento dell’orizzonte delle attese: si sente, in molti casi, abbandonata a una rassegnazione senza desideri, perché sa che, pur proponendosi delle mete, probabilmente non otterrà nulla. Non fidandosi delle speranze, è quindi intimamente convinta che il ‘sottovivere’ costituisca la tattica più praticabile per sopravvivere. 

La difficoltà di individuare i contorni del futuro retroagisce sul presente producendo, in molti, demotivazione e disimpegno.

Oggi – vivendo spesso momenti sconnessi, che per il loro veloce succedersi la coscienza non coltivata non fa in tempo a integrare sufficientemente in sé stessa – il pensiero corre maggiormente il rischio di ottundersi, l’immaginazione di spegnersi, i sentimenti di sfumare nell’indistinto, le passioni di diventare brade.

Riprendendo l’imperativo inglese pull yourself together!, che nel linguaggio corrente significa «tirati su!», «riprenditi!», «datti un contegno!», ma il cui senso letterale è «ricomponiti!», occorre interrompere periodicamente lo scorrere spontaneo del tempo cronologico e ritagliarsi uno spazio di tempo qualitativo al fine di «rimettere in sesto» il nostro pensare frammentato e il nostro vivere sbilanciato.

Il pensare sospende il fluire del tempo dell’orologio, inserisce pause nel divenire, fa silenzio attorno a noi e ci introduce – se e quando vogliamo – in un tempo qualitativamente diverso, che, al pari di quello della musica, distribuisce i suoi contenuti secondo una differente scansione: dà un senso e un ritmo del tutto interno al loro sviluppo e rende vivo il passato reinserendolo in un presente volto al futuro, collega la memoria a una prospettiva.

Nell’epoca dell’accesso elettronico immediato alle banche dati, a Internet o ai social media in genere, la possibilità di articolare il proprio pensiero – semplificato e sconnesso dalle forme di più degradata comunicazione istantanea – viene ritrovata perfino nella lettura di un libro, meglio se cartaceo, nel deep reading o, appunto, nella meditazione.

Note
Leggi anche le citazioni dei filosofi italiani: Giorgio Agamben - Dario Antiseri - Edoardo Boncinelli - Salvatore Natoli