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Frasi e citazioni di Pierre Bourdieu

Selezione di frasi e citazioni di Pierre Bourdieu (Denguin, 1930 - Parigi, 2002), sociologo e antropologo francese.
Foto di Pierre Bourdieu
L'amore è anche un modo di amare il proprio destino nell'altro
e di sentirsi amati nel proprio destino. (Pierre Bourdieu)

La distinzione
La distinction, 1979

L'amore è anche un modo di amare il proprio destino nell'altro e di sentirsi amati nel proprio destino.
[L’amour est aussi une manière d’aimer en un autre son propre destin et de se sentir aimé dans son propre destin].

Lezione sulla lezione
Leçon sur la leçon, 1982

Se c’è una verità è che la verità è una questione di lotta.

Questioni di sociologia
Questions de sociologie, 1980

La vera azione politica consiste nel servirsi della conoscenza del probabile per rafforzare le possibilità del possibile.
[L'action politique véritable consiste à se servir de la connaissance du probable pour renforcer les chances du possible].

Sulla televisione
Sur la télévision, 1996 - Selezione Aforismario

"Essere," diceva Berkeley, "è essere percepiti." Per alcuni dei nostri filosofi (e dei nostri scrittori), essere significa essere visti alla televisione.

Lo schermo televisivo è divenuto oggi una sorta di specchio di Narciso, un luogo di esibizione narcisistica.

I fatti di cronaca, che sono sempre stati il materiale privilegiato della stampa scandalistica, alla ricerca del sensazionale; il sangue e il sesso, il dramma e il delitto hanno sempre fatto vendere, e il dominio dell'auditel ha riportato alla ribalta, nei titoli dei telegiornali, proprio questi ingredienti, che lo scrupolo di rispettabilità imposto dal modello della stampa scritta seria aveva sino a poco fa indotto a relegare ai margini o a evitare del tutto. 

Il fatto di cronaca è una specie di materia prima elementare, rudimentale, dell'informazione, una cosa molto importante perché interessa tutti senza preoccupare nessuno.

Vi è un gran numero di persone che non leggono alcun quotidiano, che sono legate anima e corpo alla televisione come unica fonte di informazione. La televisione ha una sorta di monopolio di fatto sulla formazione dei cervelli di una parte cospicua della popolazione.

La televisione invita alla "drammatizzazione", nel doppio senso del termine: mette in scena, in immagini, un evento e ne amplifica l'importanza, la gravita, nonché il carattere drammatico, tragico. 

Paradossalmente, il mondo dell'immagine è dominato dalle parole. La foto non è nulla senza la didascalia che dice cosa si deve leggere: il "legendum", equivalente, in molti casi, a leggende vere e proprie, che fanno vedere ciò che vogliono.

I giornalisti si interessano allo straordinario, a ciò che rompe con l'ordinario, a ciò che non è quotidiano - i quotidiani devono offrire quotidianamente qualcosa di extraquotidiano, e non è facile... 

È una necessità terribile: quella imposta dalla corsa allo scoop. Per essere i primi a vedere e a far vedere qualcosa, si è pronti più o meno a tutto, e siccome ci si copia a vicenda per anticipare gli altri, per far prima degli altri, o per distinguersi da loro, si finisce per fare tutti la stessa cosa.

I pericoli politici inerenti all'uso ordinario della televisione derivano dal fatto che l'immagine ha questo di specifico: può produrre quello che i critici letterali chiamano l'"effetto di realtà", può far vedere e far credere a ciò che fa vedere. 

I fatti di cronaca, gli incidenti più o meno gravi possono essere investiti di implicazioni politiche, etiche ecc. capaci di suscitare sentimenti forti, spesso negativi, come il razzismo, la xenofobia, l'odio-terrore dello straniero.

"Con i buoni sentimenti," diceva Gide, "si fa cattiva letteratura", ma, potremmo aggiungere, "si fa audience".

Contre-feux
1998

È infinitamente più facile prendere posizione a favore o contro un’idea, un valore, una persona, un’istituzione o una situazione, che analizzare ciò che realmente è, in tutta la sua complessità.

Il dominio maschile
La domination masculine, 1998

La forza dell'ordine maschile si misura dal fatto che non deve giustificarsi: la visione androcentrica si impone in quanto neutra e non ha bisogno di enunciarsi in discorsi miranti a legittimarla.

È prerogativa dei dominanti essere in grado di far riconoscere il loro modo d'essere particolare come universale.

L'ordine sociale funziona come un'immensa macchina simbolica tendente a ratificare il dominio maschile sul quale esso si fonda.

La differenza biologica tra i sessi, cioè tra il corpo maschile e femminile, e, in modo particolare, la differenza anatomica tra gli organi sessuali può così apparire come la giustificazione naturale della differenza socialmente costruita tra i generi.

Quando i dominati applicano a ciò che li domina schemi che sono il prodotto del dominio o, in altri termini, quando i loro pensieri e le loro percezioni sono strutturati conformemente alle strutture stesse del rapporto di dominio che subiscono, i loro atti di conoscenza, sono, inevitabilmente, atti di riconoscenza, di sottomissione.

La forza particolare della sociodicea maschile è data dal fatto che essa accumula e condensa due operazioni: legittima un rapporto di dominio inscrivendolo in una natura biologica che altro non è per parte sua se non una costruzione sociale naturalizzata

La pretesa "femminilità” non è spesso altro che una forma di compiacenza nei confronti delle attese maschili, reali o supposte, soprattutto in materia di esaltazione dell'ego.

Le donne esistono innanzitutto per e attraverso lo sguardo degli altri, cioè in quanto oggetti accoglienti, attraenti, disponibili. Da loro ci si attende che siano "femminili", cioè sorridenti, simpatiche, premurose, sottomesse, discrete, riservate se non addirittura scialbe.

Continuamente sotto lo sguardo degli altri, le donne sono condannate a provare costantemente lo scarto tra il corpo reale, cui sono incatenate, e il corpo ideale cui si sforzano senza sosta di avvicinarsi.

Abbozzo di una autoanalisi
Esquisse pour une auto-analyse, 2004 (postumo)

Sono tanti gli intellettuali che mettono in discussione il mondo; sono pochissimi gli intellettuali che mettono in discussione il mondo intellettuale.
[Il y a beaucoup d'intellectuels qui mettent en question le monde; il y a très peu d'intellectuels qui mettent en question le monde intellectuel].

Note
Leggi anche le citazioni dei sociologi francesi: Raymond AronJean BaudrillardPierre Sansot