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Aforismi, frasi e citazioni di Paolo Milano

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Paolo Milano (Roma 1904-1988), giornalista, saggista e critico letterario italiano. Le seguenti citazioni di Paolo Milano sono tratte quasi tutte dal libro Note in margine a una vita assente, una sorta di zibaldone tratto dai suoi diari, pubblicato da Adelphi nel 1991. Ha scritto Paolo Milano: "Così come un pezzo di marmo, secondo i manuali di fisica, è buon conduttore di calore, così questo mio taccuino è buon conduttore di ansietà: assorbe le angosce che ogni giorno vi scarico, e le disperde nelle sue pagine, lontano da me".
Incontro ad ogni passo indulgenza o intolleranza,
senso di giustizia, no. (Paolo Milano)
Note in margine a una vita assente
1947/1955 (postumo, 1991) - Selezione Aforismario

Certe passioni senili nascono, non dalla concupiscenza, ma da un cieco bisogno di non essere vecchi.

Chi non ha lottato corpo a corpo, qualche giorno o qualche notte, con la propria incipiente follia?

Contentezza di certe donne quando il loro uomo è malato: a letto, per esempio, con un febbrone. Sicurezza che, almeno per qualche giorno, non potrà sfuggire alla loro presa, disertando, come di regola, il focolare per amore della strada.

Di poche massime della psicologia contemporanea riesco a non dubitare. Una è questa: i tratti più ovvi del nostro carattere sono quelli che ci sfuggono più ciecamente.

Gli infermi sono alla mercé di tutti, con in mano un'arma sola, il ricatto della pietà.

In Italia più che altrove la mascolinità di certe avvocatesse o medichesse, insomma libere professioniste, è un omaggio continuo e involontario al pregiudizio sociale che hanno sfidato.

Incontro ad ogni passo indulgenza o intolleranza, senso di giustizia, no.

Ironico sconcerto d’uno straniero di mia conoscenza, che visita la sede d’un Ente parastatale italiano, in un bel palazzo storico. Cornice sontuosa e incongrua; messinscena solenne del letargo d’una schiera di burocrati.

La massima che segue mi è così cara da tanti anni che non so più chi l'ha scritta, e vorrei averle dato io stesso l'ultimo tocco: "Tutto quel che è eccessivo è insignificante". [1]

La passione erotica, spinta oltre un certo limite, scatena fra due esseri una specie di cannibalismo fisico e morale, che avvinghia uno contro l’altro e i corpi e gli animi.

La schiettezza assoluta potenzia l'intelletto di coloro verso cui la si pratica.

La sicurezza di sé, quando la si ostenta in ogni atto, è un segno infallibile d'incertezza interiore.

Passo dinanzi all'albergo, dove nei miei verdissimi anni, detti in buona fede alla ragazza con cui stavo a letto quest’ingenua definizione della felicità: «Essere innamorato durante una rivoluzione».

Per domare le passioni, bisognerebbe toccar con mano che la moderazione è la fonte più certa di godimento; ma come si può, quando l’esperienza ci prova, al contrario, che soltanto l’eccesso stilla i piaceri più acuti - o la frode?

Per un intellettuale, il non dover passare otto ore al giorno a guadagnarsi ottusamente il pane, è la premessa d’una vita non insensata. Il talento creativo, nessuna libertà glielo può dare; ma l'otium, se non altro, gli risparmia la forma più vergognosa d’infelicità: l’impotenza servile.

Più duro ad accettare del riconoscimento della propria mediocrità è solo quello della propria bassezza d'animo: il primo ci suggerisce una certa pietà, l'altro ci forza al disprezzo di noi stessi.

Più umiliante che la fiacchezza delle membra, col passare degli anni, è la pigrizia del cuore.

Quando la mole del lavoro che ci aspetta eccede il limite massimo del ragionevole, ci si sente autorizzati a scegliere l'ozio.

Quando un uomo è entrato nella zona estrema della disperazione, niente più nella sua vita è casuale.

Quanti libri veri ci sono da leggere : belli, utili, forti. Ma bisogna avere il diritto di goderne, cioè essere uno che fa. Gli altri, come me, del piacere della lettura si vergognano, come di una vacanza di frodo.

Quanti quarantenni o cinquantenni incontro, uomini e donne, che si dibattono contro il bisogno violento di tentare un’ultima sortita, prima di interinare la morte dei sentimenti e delle illusioni.

Ripetiamoci ogni giorno fino alla nausea che si può essere assolutamente sinceri, ma oggettivamente nel falso.

Rivedere dopo tanti anni amici d’una volta, appena spruzzati di vecchiaia ma incalliti nei loro vizi di sempre, non m’incute l’angoscia del tempo che precipita: mi dà invece, attraverso la visione dell’immobile, un sentore d’eternità.

Solitudine tremenda dell’ex-comunista militante. Non vuole tornare indietro, né volendo potrebbe, ma non sa come colmare il vuoto di quella passione esclusiva e quotidiana, né di che mobiliare l’abisso della sua libertà.

Troppe volte, a grattare una donna spericolata, si scopre una ragazzetta spaurita.

Troppi giovani intelligenti, che vado incontrando, sono meravigliosamente invertebrati: pronti ad ogni istante a darsi la foggia più utile, in vista di questo o quello scopo. C’è di peggio: questa duttilità, sentita come naturale, sembra loro la forma più savia di vita.

Un attacco di gelosia può dare un eczema, mentre (cammino inverso) un dito d’alcool ti trasfigura le idee. Dove passa la linea di confine? Anzi: le due ragioni sono davvero separate? Come applicare all'intelligenza dei fatti umani criteri tali che, alla loro luce, la distinzione tra spirito e corpo non abbia più senso?

Una persona che desideri immensamente di piacere, non per interesse ma per bisogno incontenibile del suo carattere, finisce per contagiarti d’una certa simpatia.

Vergogna d’essere ammirato e onorato da chi si ha in poca stima.

Il lettore di professione
Feltrinelli 1960

Tanta letteratura critica somiglia oggi ai verbali d'una setta, scritta da letterati per altri letterati. 

Libro di Paolo Milano 
Note in margine a una vita assente 
Curatore: Laura Gonsalez 
Editore: Adelphi, Milano, 1991

Paolo Milano fu per trent'anni il critico letterario dell'"Espresso", autorevole e molto seguito per la precisione e la sobrietà dei giudizi. Molto restio a pubblicare libri, tenne a lungo un diario, sino a oggi totalmente inedito. Una sua parte, che comprende gli anni 1947-1955, fu da lui però sottoposta a un lavoro di scelta e messa a punto come un libro finito, provvisto anche di vari possibili titoli, uno dei quali è quello con cui oggi appare. Sarà una lettura preziosa: rare volte l'"aria del tempo" ha circolato con tanta libertà in un diario intellettuale di quegli anni. E insieme qui si scoprirà quella che forse era la prima vocazione di Milano: quella del chiosatore, del testimone (degli altri e di se stesso), che sa riportare un aneddoto significativo, commenta una frase sentita in una conversazione, riflette sui libri che legge, con il massimo di concisione e sempre con lucidità e spregiudicatezza.

Note
"Tutto quel che è eccessivo è insignificante": questa massima è attribuita a Charles-Maurice de Talleyrand: "Tout ce qui est excessif est insignifiant".

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