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"Se questo è un uomo" e altre Poesie di Primo Levi

Antologia delle poesie più belle di Primo Levi (Torino 1919-1987), compresa la struggente Se questo è un uomo, composta nel 1947. In realtà il titolo originale di questa poesia è Shemà, "che significa «Ascolta!» in ebraico. È la prima parola della preghiera fondamentale dell'ebraismo, in cui si afferma l'unità di Dio".
Ha scritto Primo Levi: "In tutte le civiltà, anche in quelle ancora senza scrittura, molti, illustri e oscuri, provano il bisogno di esprimersi in versi, e vi soggiacciono: secernono quindi materia poetica, indirizzata a se stessi, al loro prossimo o all'universo, robusta o esangue, eterna o effimera. La poesia è nata certamente prima della prosa. Chi non ha mai scritto versi? Uomo sono. Anch'io, ad intervalli irregolari, «ad ora incerta», ho ceduto alla spinta: a quanto pare, è inscritta nel nostro patrimonio genetico. In alcuni momenti, la poesia mi è sembrata più idonea della prosa per trasmettere un'idea o un'immagine. Non so dire perché, e non me ne sono mai preoccupato: conosco male le teorie della poetica, leggo poca poesia altrui, non credo alla sacertà dell'arte, e neppure credo che questi miei versi siano eccellenti. Posso solo assicurare l'eventuale lettore che in rari istanti (in media, non più di una volta all'anno) singoli stimoli hanno assunto naturaliter una certa forma, che la mia metà razionale continua a considerare innaturale".
Su Aforismario trovi anche una raccolta di citazioni di Primo Levi tratte dai suoi racconti. [Il link è in fondo alla pagina].
Se questo è un uomo (Primo Levi) [1]
Shemà (o Se questo è un uomo)
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
      Considerate se questo è un uomo
      Che lavora nel fango
      Che non conosce pace
      Che lotta per mezzo pane
      Che muore per un sì o per un no.
      Considerate se questa è una donna,
      Senza capelli e senza nome
      Senza più forza di ricordare
      Vuoti gli occhi e freddo il grembo
      Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

La tregua
Sognavamo nelle notti feroci
Sogni densi e violenti
Sognati con anima e corpo:
Tornare; mangiare; raccontare.
Finché suonava breve sommesso
Il comando dell’alba:
«Wstawa»;
E si spezzava in petto il cuore.
Ora abbiamo ritrovato la casa,
Il nostro ventre è sazio,
Abbiamo finito di raccontare.
È tempo.
Presto udremo ancora
Il comando straniero:
«Wstawa».

25 febbraio 1944
Vorrei credere qualcosa oltre,
Oltre che morte ti ha disfatta.
Vorrei poter dire la forza
Con cui desiderammo allora,
Noi già sommersi,
Di potere ancora una volta insieme
Camminare liberi sotto il sole.

Buna
Piedi piagati e terra maledetta,
Lunga la schiera nei grigi mattini.
Fuma la Buna dai mille camini,
Un giorno come ogni giorno ci aspetta.
Terribili nell'alba le sirene:
«Voi moltitudine dai visi spenti,
Sull'orrore monotono del fango
E nato un altro giorno di dolore».
Compagno stanco ti vedo nel cuore,
Ti leggo gli occhi compagno dolente.
Hai dentro il petto freddo fame niente
Hai rotto dentro l'ultimo valore.
Compagno grigio fosti un uomo forte,
Una donna ti camminava al fianco.
Compagno vuoto che non hai più nome,
Un deserto che non hai più pianto,
Cosi povero che non hai più male,
Cosi stanco che non hai più spavento,
Uomo spento che fosti un uomo forte:
Se ancora ci trovassimo davanti
Lassù nel dolce mondo sotto il sole,
Con quale viso ci staremmo a fronte?

Approdo
Felice l'uomo che ha raggiunto il porto,
Che lascia dietro sé mari e tempeste,
I cui sogni sono morti o mai nati;
E siede e beve all'osteria di Brema,
Presso al camino, ed ha buona pace.
Felice l'uomo come una fiamma spenta,
Felice l'uomo come sabbia d'estuario,
Che ha deposto il carico e si è tersa la fronte
E riposa al margine del cammino.
Non teme né spera né aspetta,
Ma guarda fisso il sole che tramonta.

Le stelle nere
Nessuno canti più d'amore o di guerra.
L'ordine donde il cosmo traeva nome è sciolto;
Le legioni celesti sono un groviglio di mostri,
L'universo ci assedia cieco, violento e strano.
Il sereno è cosparso d'orribili soli morti,
Sedimenti densissimi d'atomi stritolati.
Da loro non emana che disperata gravezza,
Non energia, non messaggi, non particelle, non luce;
La luce stessa ricade, rotta dal proprio peso,
E tutti noi seme umano viviamo e moriamo per nulla,
E i cieli si con volgo no perpetuamente invano.

Lunedì
Che cosa è più triste di un treno?
Che parte quando deve,
Che non ha che una voce,
Che non ha che una strada.
Niente è più triste di un treno.
O forse un cavallo da tiro.
È chiuso fra due stanghe,
Non può neppure guardarsi a lato.
La sua vita è camminare.
E un uomo? Non è triste un uomo?
Se vive a lungo in solitudine
Se crede che il tempo è concluso
Anche un uomo è una cosa triste.

Note
  1. Foto: tomba di Primo Levi nel Cimitero Monumentale, Torino. 174517 è il numero identificativo che Primo Levi portava tatuato sul braccio durante la prigionia, durata quasi un anno, presso il campo di concentramento nazista di Auschwitz III - Monowitz.
  2. Vedi anche: Frasi di Primo Levi

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