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Le più significative Poesie sulla Morte

Raccolta delle più belle poesie sulla morte. Per rendere più coinvolgente la lettura di questa raccolta poetica, sono state selezionate da Aforismario soltanto le poesie più intense ed emozionanti sulla morte, scritte dai più grandi poeti del mondo. Le poesie sono in ordine alfabetico secondo il nome dell'autore. Per semplice comodità di lettura, le poesie più lunghe sono state riportate in prosa, segnando l'a capo dei versi con l'apposita barra [/]. 
Su Aforismario trovi anche una grande raccolta di poesie brevi ma intense e una selezione delle più belle poesie sulla vita. [Trovi i link in fondo a questa pagina].

Sommario
  • Charles Baudelaire: Una carogna
  • Giuseppe Gioachino Belli: Er caffettiere fisolofo
  • Aleksandr Blok: Tutto muore al mondo...
  • Giorgio Caproni: Congedo del viaggiatore cerimonioso
  • Vincenzo Cardarelli - Alla Morte
  • Giosuè Carducci: Pianto antico
  • Sergio Corazzini: Il mio cuore - L’addio
  • Aldo Fabrizi: Er mortorio [in romanesco con traduzione in italiano]
  • Ugo Foscolo: Alla sera
  • Giovanni Giudici - Descrizione della mia morte
  • Hermann Hesse: Cimitero di campagna - Il viandante alla Morte
  • Nazim Hikmet: Il raggio è riempito di miele
  • Antonio Machado - E morirà con te il magico mondo
  • Carlo Michelstaedter - Il canto delle crisalidi
  • Giovanni Pascoli: L'aquilone
  • Cesare Pavese: Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
  • Giovanni Raboni - Fra l’età in cui si muore
  • Wisława Szymborska - Bagaglio del ritorno - Nulla è in regalo - Sulla morte senza esagerare
  • Fëdor Tjutčev: Pacificazione primaverile
  • Totò: 'A livella
  • Giuseppe Ungaretti - Inno alla Morte
  • Diego Valeri - Transitorietà
  • Boris Vian: Non vorrei crepare
Foto di Giorgio Caproni
Io son giunto alla disperazione, calma, senza sgomenti.
Scendo. Buon proseguimento. (Giorgio Caproni)

Una carogna
Charles Baudelaire (1821-1867) - Poeta, scrittore e critico letterario francese.
Per leggere questa poesia vai alla pagina dedicata alle Poesie di Baudelaire

Er caffettiere filosofo
Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863) - Poeta italiano

L’ommini de sto Monno sò ll’istesso
che vvaghi de caffè nner mascinino:
c’uno prima, uno doppo, e un antro appresso,
tutti cuanti però vvanno a un distino.
Spesso muteno sito, e ccaccia spesso
er vago grosso er vago piccinino,
e ss’incarzeno tutti in zu l’ingresso
der ferro che li sfraggne in porverino.
E ll’ommini accusí vviveno ar Monno
misticati pe mmano de la sorte
che sse li ggira tutti in tonno in tonno;
e mmovennose oggnuno, o ppiano, o fforte,
senza capillo mai caleno a ffonno
pe ccascà nne la gola de la Morte.

Tutto muore al mondo...
Aleksandr Blok (1880-1921) - Poeta russo.

Tutto muore al mondo, madre e giovinezza:
la donna tradisce e l'amico scompare.
Impara ad assaporare una nuova dolcezza,
contemplando il freddo circolo polare.
Prendi la tua barca, salpa verso il polo
fra mura di ghiaccio, e in silenzio oblìa
come l'uomo ama, lotta e muore solo:
dimentica il paese dell'umana follia.
E all'anima stanca insegna, mentre lento
s'impossessa del sangue il brivido del gelo,
che non le serve a nulla questo pianeta spento,
perché i raggi vengono dal cielo.

Congedo del viaggiatore cerimonioso
Giorgio Caproni (1912-1990) - Poeta italiano

Amici, credo che sia / meglio per me cominciare / a tirar giù la valigia. / anche se non so bene l’ora / d’arrivo, e neppure / conosca quali stazioni / precedano la mia, / sicuri segni mi dicono, / da quanto m’è giunto all'orecchio / di questi luoghi, ch’io / vi dovrò presto lasciare. / Vogliatemi perdonare / quel po’ di disturbo che reco. / Con voi sono stato lieto / dalla partenza, e molto / vi sono grato, credetemi, / per l’ottima compagnia. / Ancora vorrei conversare / a lungo con voi. Ma sia. / Il luogo del trasferimento / lo ignoro. Sento / però che vi dovrò ricordare / spesso, nella nuova sede, / mentre il mio occhio già vede / dal finestrino, oltre il fumo / umido del nebbione / che ci avvolge, rosso / il disco della mia stazione. / Chiedo congedo a voi / senza potervi nascondere, / lieve, una costernazione. / Era così bello parlare / insieme, seduti di fronte: / così bello confondere / i volti (fumare, / scambiandoci le sigarette), / e tutto quel raccontare / di noi (quell’inventare / facile, nel dire agli altri), / fino a poter confessare / quanto, anche messi alle strette, / mai avremmo osato un istante / (per sbaglio) confidare. / (Scusate. È una valigia pesante / anche se non contiene gran che: / tanto ch’io mi domando perché / l’ho recata, e quale / aiuto mi potrà dare / poi, quando l’avrò con me. / Ma pur la debbo portare, / non fosse che per seguire l’uso. / Lasciatemi, vi prego, passare. / Ecco. Ora ch’essa è / nel corridoio, mi sento / più sciolto. Vogliate scusare). / Dicevo, che era bello stare / insieme. Chiacchierare. / Abbiamo avuto qualche / diverbio, è naturale. / Ci siamo – ed è normale / anche questo – odiati / su più d’un punto, e frenati / soltanto per cortesia. / Ma, cos’importa. Sia / come sia, torno / a dirvi, e di cuore, grazie / per l’ottima compagnia. / Congedo a lei, dottore, / e alla sua faconda dottrina. / Congedo a te, ragazzina / smilza, e al tuo lieve afrore / di ricreatorio e di prato / sul volto, la cui tinta / mite è sì lieve spinta. / Congedo, o militare / (o marinaio! In terra / come in cielo ed in mare) / alla pace e alla guerra. / Ed anche a lei, sacerdote, / congedo, che m’ha chiesto s’io / (scherzava!) ho avuto in dote / di credere al vero Dio. / Congedo alla sapienza / e congedo all’amore. / Congedo anche alla religione. / Ormai sono a destinazione. / Ora che più forte sento / stridere il freno, vi lascio / davvero, amici. Addio. / Di questo, sono certo: io / son giunto alla disperazione, / calma, senza sgomenti. / Scendo. Buon proseguimento.

Alla Morte
Vincenzo Cardarelli (1887-1959) - Poeta e scrittore italiano.

Morire sì,
non essere aggrediti dalla morte.
Morire persuasi
che un siffatto viaggio sia il migliore.
E in quell’ultimo istante essere allegri
come quando si contano i minuti
dell’orologio della stazione
e ognuno vale un secolo.
Poi che la morte è la sposa fedele
che subentra all’amante traditrice,
non vogliamo riceverla da intrusa,
né fuggire con lei.
Troppe volte partimmo
senza commiato!
Sul punto di varcare
in un attimo il tempo,
quando pur la memoria
di noi s’involerà,
lasciaci, o Morte, dire al mondo addio,
concedici ancora un indugio.
L’immane passo non sia
precipitoso.
Al pensier della morte repentina
il sangue mi si gela.
Morte, non mi ghermire,
ma da lontano annunciati
e da amica mi prendi
come l’estrema delle mie abitudini.

Pianto antico
Giosuè Carducci (1835-1907) - Poeta e scrittore italiano

L’albero a cui tendevi
La pargoletta mano,
Il verde melograno
Da’ bei vermigli fior,
Nel muto orto solingo
Rinverdí tutto or ora
E giugno lo ristora
Di luce e di calor.
Tu fior de la mia pianta
Percossa e inaridita,
Tu de l’inutil vita
Estremo unico fior,
Sei ne la terra fredda,
Sei ne la terra negra;
Né il sol piú ti rallegra
Né ti risveglia amor.

Il mio cuore
Sergio Corazzini (1886-1907) - Poeta italiano

Il mio cuore è una rossa
macchia di sangue dove
io bagno senza possa
la penna, a dolci prove
eternamente mossa.
E la penna si muove
e la carta s’arrossa
sempre a passioni nove.
Giorno verrà: lo so
che questo sangue ardente
a un tratto mancherà,
che la mia penna avrà
uno schianto stridente...
...e allora morirò.

L’addio
Sergio Corazzini (1886-1907) - Poeta italiano

Venne l’ultimo giorno... Con le stelle
si spense ogni speranza, il sole uccise
in me, ogni cosa, ogni delirio, e rise
il cielo azzurro, e le rose sorelle
nel mio rosario parvero più belle
quel dì... La donna venne, mi sorrise
mi baciò sulla fronte ardente e mise
nelle mie, le sue mani bianche e snelle.
Era il saluto estremo, allor credetti
di morire e gridai: «Vision fuggente
dimmi, mi hai amato, come io t’amai?!»
Ella un poco annoiata, e a denti stretti
disse di sì; ma l’eco, che non mente,
lugubremente mi rispose «...mai!»

Er mortorio
Aldo Fabrizi (1905-1990) - Attore, regista e sceneggiatore italiano

Appresso ar mio num vojo visi affritti,
e pe’ fa’ ride pure a ‘st’occasione
farò un mortorio con consumazione…
in modo che chi venga n’approfitti.
Pe’ incenso, vojo odore de soffritti,
‘gni cannela dev’esse un cannellone,
li nastri – sfoje all’ovo e le corone
fatte de fiori de cocuzza fritti.
Li cuscini timballi de lasagne,
da offrì ar momento de la sepportura
a tutti quelli che “sapranno” piagne.
E su la tomba mia, tutta la gente
ce leggerà ‘sta sola dicitura:
"Tolto da questo mondo troppo al dente”.

Il funerale
Aldo Fabrizi (1905-1990) - Attore, regista e sceneggiatore italiano
[Traduzione dal romanesco a cura di Aforismario]

Dietro al mio non voglio visi afflitti / e per far ridere pure in quest'occasione / farò un funerale con consumazione... / in modo che chi venga ne approfitti. / Per incenso, voglio odore di soffritti, / ogni candela dev’esse un cannellone, / i nastri – sfoglie all’uovo e le corone / fatte di fiori di zucca fritti. / I cuscini timballi di lasagne, / da offrire al momento della sepoltura / a tutti quelli che “sapranno” piangere. / E sulla tomba mia, tutta la gente / ci leggerà questa sola dicitura: / "Tolto da questo mondo troppo al dente”.

Alla sera
Ugo Foscolo (1778-1827) - Poeta e scrittore italiano

Forse perché della fatal quïete
Tu sei l'imago a me sì cara vieni
O sera! E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zeffiri sereni,
E quando dal nevoso aere inquïete
Tenebre e lunghe all'universo meni
Sempre scendi invocata, e le secrete
Vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme
Delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.


Descrizione della mia morte
Giovanni Giudici (1924-2011) - Poeta e giornalista italiano. 

Poiché era ormai una questione di ore
Ed era nuova legge che la morte non desse ingombro,
Era arrivato l’avviso di presentarmi
Al luogo direttamente dove mi avrebbero interrato.
L’avvenimento era importante ma non grave.
Così che fu mia moglie a dirmi lei stessa: prepàrati.
Ero il bambino che si accompagna dal dentista
E che si esorta: sii uomo, non è niente.
Perciò conforme al modello mi apparecchiai virilmente,
Con un vestito decente, lo sguardo atteggiato a sereno,
Appena un po’ deglutendo nel domandare: c’è altro?
Ero io come sono ma un po’ più grigio un po’ più alto.
Andammo a piedi sul posto che non era
Quello che normalmente penso che dovrà essere,
Ma nel paese vicino al mio paese
Su due terrazze di costa guardanti a ponente.
C’era un bel sole non caldo, poca gente,
L’ufficio di una signora che sembrava già aspettarmi.
Ci fece accomodare, sorrise un po’ burocratica,
Disse: prego di là – dove la cassa era pronta,
Deposta a terra su un fianco, di sontuosissimo legno,
E nel suo vano in penombra io misurai la mia altezza.
Pensai per un legno così chi mai l’avrebbe pagato,
Forse in segno di stima la mia Città o lo Stato.
Di quel legno rossiccio era anche l’apparecchio
Da incorporarsi alla cassa che avrebbe dovuto finirmi.
Sarà meno d’un attimo – mi assicurò la signora.
Mia moglie stava attenta come chi fa un acquisto.
Era una specie di garrota o altro patibolo.
Mi avrebbe rotto il collo sul crac della chiusura.
Sapevo che ero obbligato a non avere paura.
E allora dopo il prezzo trovai la scusa dei capelli
Domandando se mi avrebbero rasato
Come uno che vidi operato inutilmente.
La donna scosse la testa: non sarà niente,
Non è un problema, non faccia il bambino.
Forse perché piangevo. Ma a quel punto dissi: basta,
Paghi chi deve, io chiedo scusa del disturbo.
Uscii dal luogo e ridiscesi nella strada,
Che importa anche se era questione solo di ore.
C’era un bel sole, volevo vivere la mia morte.
Morire la mia vita non era naturale.

Cimitero di campagna
Hermann Hesse (1877-1962) scrittore e poeta tedesco naturalizzato svizzero

Su croci oblique pendio di edera,
leggero sole, profumo e canto d'api.
Felici voi che giacete al riparo
stretti al cuore buono della terra.
Felici voi che, lievi e senza nome,
riposate a casa nel grembo della madre!
Ma ascolta, dal volo delle api e dai bocci
canta per me bramosia di vivere e di esistere,
l'anelito alla luce di un'essenza a lungo estinta
erompe dal profondo dei sogni, alle radici,
macerie di vita, incrostate di nero,
trasmutano e reclamano il presente,
e regalmente la madre Terra
si agita in nascite incalzanti.
Soave tesoro di pace nel grembo della tomba
si culla non più greve di un sogno della notte.
Solo un fumo torbido è il sogno della morte,
e il fuoco della vita sotto vi arde.

Il viandante alla Morte
Hermann Hesse (1877-1962) scrittore e poeta tedesco naturalizzato svizzero

Anche da me giungerai un giorno,
non mi dimentichi,
s'infrange la catena
e il tormento avrà una fine.
Sembri ancora lontana ed estranea
sorella Morte,
sovrasti come stella gelida
al mio destino.
Ma un giorno ti farai vicina,
ricolma di fiamme sarai.
Vieni amata, sono qui,
prendimi, sono tuo.

Il raggio è riempito di miele
Nazim Hikmet (1901-1963) Poeta e scrittore turco naturalizzato polacco.

Il raggio è riempito di miele
i tuoi occhi son pieni di sole.
I tuoi occhi, mia rosa, saranno cenere
domani, e il miele continuerà
a riempire altri raggi.
Non mi fermo a rimpiangere i giorni passati
- salvo una certa notte d’estate –
e anche l’ultima luce dei miei occhi azzurri
ti annuncerà lieti giorni futuri.
Un giorno, madre natura dirà: “Mia creatura
hai già riso, hai già pianto abbastanza”.
E di nuovo, immensa
sconfinata, ricomincerà
la vita, senza occhi, senza parola, senza
pensiero...

E morirà con te il magico mondo
Antonio Machado (1875-1939) - Poeta e scrittore spagnolo.

E morirà con te il magico mondo
dove il ricordo serba
i respiri più puri della vita,
l’ombra candida del primo amore,
la voce che arrivò al cuore, la mano
che tu volevi trattenere in sogno,
e tutti gli amori
penetranti nell’anima e nel cielo?
E morirà con te quel mondo tuo,
la tua vecchia vita in nuovo ordine?
Incudini e crogiuoli dell’anima
lavoran per la polvere ed il vento?

Il canto delle crisalidi
Carlo Michelstaedter (1887-1910) - Filosofo e poeta italiano.

Vita, morte,
la vita nella morte;
morte, vita,
la morte nella vita.
Noi col filo
col filo della vita
nostra sorte
filammo a questa morte.
E più forte
è il sogno della vita –
se la morte
a vivere ci aita
ma la vita
la vita non è vita
se la morte
la morte è nella vita
e la morte
morte non è finita
se più forte
per lei vive la vita.
Ma se vita
sarà la nostra morte
nella vita
viviam solo la morte
morte, vita,
la morte nella vita;
vita, morte,
la vita nella morte.

L’Aquilone
Giovanni Pascoli (1855-1912) - Poeta italiano

C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole,
anzi d’antico: io vivo altrove, e sento
che sono intorno nate le viole.
Son nate nella selva del convento
dei cappuccini, tra le morte foglie
che al ceppo delle querce agita il vento.
Si respira una dolce aria che scioglie
le dure zolle, e visita le chiese
di campagna, ch’erbose hanno le soglie:
un’aria d’altro luogo e d’altro mese
e d’altra vita: un’aria celestina
che regga molte bianche ali sospese...
sì, gli aquiloni! È questa una mattina
che non c’è scuola. Siamo usciti a schiera
tra le siepi di rovo e d’albaspina.
Le siepi erano brulle, irte; ma c’era
d’autunno ancora qualche mazzo rosso
di bacche, e qualche fior di primavera
bianco; e sui rami nudi il pettirosso
saltava, e la lucertola il capino
mostrava tra le foglie aspre del fosso.
Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino
ventoso: ognuno manda da una balza
la sua cometa per il ciel turchino.
Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza,
risale, prende il vento; ecco pian piano
tra un lungo dei fanciulli urlo s’inalza.
S’inalza; e ruba il filo dalla mano,
come un fiore che fugga su lo stelo
esile, e vada a rifiorir lontano.
S’inalza; e i piedi trepidi e l’anelo
petto del bimbo e l’avida pupilla
e il viso e il cuore, porta tutto in cielo.
Più su, più su: già come un punto brilla
lassù lassù... Ma ecco una ventata
di sbieco, ecco uno strillo alto... — Chi strilla?
Sono le voci della camerata
mia: le conosco tutte all’improvviso,
una dolce, una acuta, una velata...
A uno a uno tutti vi ravviso,
o miei compagni! e te, sì, che abbandoni
su l’omero il pallor muto del viso.
Sì: dissi sopra te l’orazïoni,
e piansi: eppur, felice te che al vento
non vedesti cader che gli aquiloni!
Tu eri tutto bianco, io mi rammento.
solo avevi del rosso nei ginocchi,
per quel nostro pregar sul pavimento.
Oh! te felice che chiudesti gli occhi
persuaso, stringendoti sul cuore
il più caro dei tuoi cari balocchi!
Oh! dolcemente, so ben io, si muore
la sua stringendo fanciullezza al petto,
come i candidi suoi pètali un fiore
ancora in boccia! O morto giovinetto,
anch’io presto verrò sotto le zolle
là dove dormi placido e soletto...
Meglio venirci ansante, roseo, molle
di sudor, come dopo una gioconda
corsa di gara per salire un colle!
Meglio venirci con la testa bionda,
che poi che fredda giacque sul guanciale,
ti pettinò co’ bei capelli a onda
tua madre... adagio, per non farti male.

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
Cesare Pavese (1908-1950) - Scrittore e poeta italiano

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi 
questa morte che ci accompagna 
dal mattino alla sera, insonne, 
sorda, come un vecchio rimorso 
o un vizio assurdo. I tuoi occhi 
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio. 
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza, 
quel giorno sapremo anche noi 
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo. 
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. 
Sarà come smettere un vizio, 
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso. 
Scenderemo nel gorgo muti.

Fra l’età in cui si muore
Giovanni Raboni (1932-2004) - Poeta e scrittore italiano.

Fra l’età in cui si muore
giovani eroicamente
e l’altra, quella in cui la morte è
l’infinito splendore
del poco, la gloria del niente,
spolparsi da sé della vita, piano, una mattina
dopo l’altra di sole
c’è questa in cui si muore,
si muore e basta, senza scandalo, da vivi...

Bagaglio del ritorno
Wisława Szymborska (1923-2012) - Poetessa polacca.

Un settore di piccole tombe al cimitero.
Noi, i longevi, lo oltrepassiamo furtivi,
come i ricchi oltrepassano i quartieri dei poveri.
Qui giacciono Zosia, Jacek e Dominik,
prematuramente sottratti al sole, alla luna,
al mutare delle stagioni, alle nubi.
Non molto hanno messo nel bagaglio del ritorno.
Frammenti di viste
in numero non troppo plurale.
Una manciata d’aria con una farfalla in volo.
Un sorso di amaro sapere sul gusto della medicina.
Piccole disobbedienze,
una delle quali mortale.
L’allegro inseguimento d’una palla per strada.
Pattinare felici sul ghiaccio sottile.
Quello laggiù e quella accanto, e quelli di lato:
prima che riuscissero a crescere fino alla maniglia,
a guastare un orologio,
a fracassare il loro primo vetro.
Malgosia, di anni quattro,
due dei quali distesa a guardare il soffitto.
Rafalek: gli mancava un mese ai cinque anni,
e a Basia le feste di Natale
con la nebbiolina del fiato nel gelo.
Che dire poi di un giorno di vita,
di un minuto, di un secondo:
buio, s’accende una lampadina, di nuovo buio?

Nulla è in regalo
Wisława Szymborska (1923-2012) - Poetessa polacca.

Nulla è in regalo, tutto è in prestito.
Sono indebitata fino al collo.
Sarò costretta a pagare per me
con me stessa,
a rendere la vita in cambio della vita.
È così che è stabilito,
il cuore va reso
e il fegato va reso
e ogni singolo dito.
È troppo tardi per impugnare il contratto.
Quanto devo
mi sarà tolto con la pelle.
Me ne vado per il mondo
tra una folla di altri debitori.
Su alcuni grava l’obbligo
di pagare le ali.
Altri dovranno, per amore o per forza,
rendere conto delle foglie.
Nella colonna Dare
ogni tessuto che è in noi.
Non un ciglio, non un peduncolo
da conservare per sempre.
L’inventario è preciso,
e a quanto pare
ci toccherà restare con niente.
Non riesco a ricordare
dove, quando e perché
ho permesso che aprissero
questo conto a mio nome.
La protesta contro di esso
la chiamiamo anima.
E questa è l’unica voce
che manca nell’inventario.

Sulla morte senza esagerare
Wisława Szymborska (1923-2012) - Poetessa polacca.

Non s’intende di scherzi,
stelle, ponti,
tessitura, miniere, lavoro dei campi,
costruzione di navi e cottura di dolci.
Quando conversiamo del domani
intromette la sua ultima parola
a sproposito.
Non sa fare neppure ciò
che attiene al suo mestiere:
né scavare una fossa,
né mettere insieme una bara,
né rassettare il disordine che lascia.
Occupata a uccidere,
lo fa in modo maldestro,
senza metodo né abilità.
Come se con ognuno di noi stesse imparando.
Vada per i trionfi,
ma quante disfatte,
colpi a vuoto
e tentativi ripetuti da capo!
A volte le manca la forza
di far cadere una mosca in volo.
Più d’un bruco
la batte in velocità.
Tutti quei bulbi, baccelli,
antenne, pinne, trachee,
piumaggi nuziali e pelame invernale
testimoniano i ritardi
del suo ingrato lavoro.
La cattiva volontà non basta
e perfino il nostro aiuto con guerre e rivoluzioni
e, almeno finora, insufficiente.
I cuori battono nelle uova.
Crescono gli scheletri dei neonati.
Dai semi spuntano le prime due foglioline,
e spesso anche grandi alberi all’orizzonte.
Chi ne afferma l’onnipotenza
è lui stesso la prova vivente
che essa onnipotente non è.
Non c’è vita
che almeno per un attimo
non sia stata immortale.
La morte
è sempre in ritardo di quell’attimo.
Invano scuote la maniglia
d’una porta invisibile.
A nessuno può sottrarre
il tempo raggiunto.

Pacificazione primaverile
Fëdor Tjutčev (1803-1873) - Scrittore e poeta russo

Oh non mettetemi 
nella terra umida!
Nascondetemi, seppellitemi
Nella folta erba!
Che il respiro del vento
Faccia ondeggiare l'erba,
Che di lontano un flauto canti,
Che luminose e placide le nubi
Fluttuino sopra di me!...

'A livella
Totò (Antonio de Curtis, 1898-1967) - Attore e poeta italiano.
Per leggere questa poesia vai alla pagina dedicata alle Poesie di Totò

Inno alla Morte
Giuseppe Ungaretti (1888-1970) - Poeta e scrittore italiano.

Amore, mio giovine emblema,
Tornato a dorare la terra,
Diffuso entro il giorno rupestre,
È l’ultima volta che miro
(Appiè del botro, d’irruenti
Acque sontuoso, d’antri
Funesto) la scia di luce
Che pari alla tortora lamentosa
Sull’erba svagata si turba.
Amore, salute lucente,
Mi pesano gli anni venturi.
Abbandonata la mazza fedele,
Scivolerò nell’acqua buia
Senza rimpianto.
Morte, arido fiume...
Immemore sorella, morte,
L’uguale mi farai del sogno
Baciandomi.
Avrò il tuo passo,
Andrò senza lasciare impronta.
Mi darai il cuore immobile
D’un iddio, sarò innocente,
Non avrò più pensieri né bontà.
Colla mente murata,
Cogli occhi caduti in oblio,
Farò da guida alla felicità.

Transitorietà
Diego Valeri (1887-1976) - Poeta italiano

Foglia su foglia piove
L’albero della vita.
O colorato mondo,
Come sazi e affatichi
Il nostro cuore, come
Lo sazi e inebrii!
Ciò ch’oggi è fuoco vivo
Domani sarà spento.
Presto sopra il mio tumulo
Bruno stormirà il vento;
Sul suo piccolo figlio
Si curverà la Madre.
Ch’io riveda i suoi occhi,
Che sono la mia stella.
Ogni altra cosa passa,
Alla morte s’affretta;
Solo l’eterna Madre
Sta, da cui noi venimmo.
Il suo dito lievissimo
Scrive nell’aria labile
Il nostro nome.

Non vorrei crepare
Boris Vian (1920-1959) - Scrittore, cantautore e poeta francese

Non vorrei crepare / Prima d'aver conosciuto / I cani neri del Messico / Che dormono senza sognare / Le scimmie a culo nudo / Divoratrici dei tropici / I ragni d'argento / Dal nido pieno di bolle / Non vorrei crepare / Senza sapere se la luna / Sotto la sua falsa aria di moneta / Ha un lato appuntito / Se il sole è freddo / Se le quattro stagioni / Sono davvero quattro / Senza aver provato / A portare un vestito / Lungo i grandi viali / Senza aver guardato / Dentro a un tombino / Senza aver ficcato il cazzo / Nei posti più impensati / Non vorrei crepare / Senza conoscere la lebbra / O le sette malattie / Che si prendono laggiù / Il bene e il male / Non mi farebbero penare / Se sapessi / Che ne avrò la strenna / E c'è anche / Tutto ciò che conosco / Tutto ciò che apprezzo / E che so che mi piace / Il fondo verde del mare / Dove le alghe ballano il valzer / Sulla sabbia ondulata / L'erba bruciata di giugno / La terra che si screpola / L'odore delle conifere / E i baci di colei / Che questo che quello / La bella ecco / Il mio Orsetto, Orsola / Non vorrei crepare / Prima d'aver consumato / La sua bocca con la mia bocca / Il suo corpo con le mie mani / Il resto coi miei occhi / Non dico altro bisogna pur / Mantenersi riverenti / Non vorrei crepare / Prima che abbiano inventato / Le rose eterne / La giornata di due ore / Il mare in montagna / La montagna al mare / La fine del dolore / I giornali a colori / Tutti i bambini contenti / E tante cose ancora / Che dormono nei crani / Di geniali ingegneri / Di allegri giardinieri / Di socievoli socialisti / Di urbani urbanisti / E di pensatori pensierosi / Tante cose da vedere / Da vedere e da sentire / Tanto tempo d'attendere / A cercare nel nero / E io vedo la fine / Che brulica e che s'avvicina / Con la sua gola ripugnante / E che m'apre le braccia / Di ranocchia brancicante / Non vorrei crepare / Nossignore nossignora / Prima d'aver provato / Il gusto che mi tormenta / Il gusto più forte / Non vorrei crepare / Prima di aver gustato / Il sapore della morte... 

Note
  1. Se conosci una bella poesia sulla morte che pensi meriti di essere aggiunta a questa raccolta, segnalala ad Aforismario.
  2. Vedi anche: Poesie Brevi - Poesie sulla Vita

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