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Aforismi, frasi e citazioni sul Dribbling

Raccolta di aforismi, frasi e citazioni sul dribbling, sulle giocate, le finte e le controfinte che consentono di "scartare" (dribblare) uno o più avversari, e che in genere sono tipiche dei grandi numeri 10, dei fantasisti e dei fuoriclasse.
Il termine "dribbling" deriva dal verbo inglese to dribble "dribblare", che in italiano si può tradurre con "gocciolare", con riferimento alla direzione rapida, imprevista e incontrollata della bava di un animale, paragonata al movimento del calciatore che effettua il dribbling: rapido nell'esecuzione, poco prevedibile e incontrollabile da parte del giocatore avversario. [Wikipedia].
Tra i più grandi dribblatori della storia del calcio, solo per citare i più famosi, vi sono Garrincha, Pelé, Rivelino, Sivori, Cruijff, George Best, Maradona, Ronaldo, Ronaldinho e Messi. Tra gli italiani si possono ricordare: Sandro Mazzola, Gianni Rivera e Roberto Baggio.
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Lo specialista del dribbling è un giocatore di poker che bluffa con tutto
il corpo e si gioca il pallone faccia a faccia col suo avversario:
chi vince se lo porta via. (Jorge Valdano - foto: Ronaldinho)
Presi la palla sull'ala sinistra, scartai un difensore, poi un altro e un altro ancora, saranno stati quattro o cinque. [...] A mano a mano che mi si presentava davanti un difensore, sembrava sempre più probabile che mi rubasse la palla e io sentivo di dover lottare per non spezzare il ritmo della corsa, come succede nei sogni quando stai cercando di scappare da qualcuno. Ma ogni volta arrivavo sulla palla per primo, la lanciavo un metro o due alle spalle dell'avversario, andavo a riprenderla e ricominciavo da capo. Alla fine un difensore riuscì a prendermi palla, ma quell'azione era stata una cosa fantastica. Era come un'esperienza extracorporea, una sequenza di sogno, come se io volassi sopra il campo e guardassi un altro giocatore.
George Best, The best, 2001

Dribbling è termine del gergo calcistico inglese. In italiano è stato tradotto scartare, cioè evitare con sveltezza, mutare improvvisamente posizione, assumerne un'altra e così tagliar fuori l'antagonista. Si dribbla con una finta appena accennata e una spinta di piede improvvisa a superare l'avversario dopo averlo sbilanciato; si dribbla trottolando ed invertendo di scatto il senso di rotazione: e ancora si dribbla con una serie più o meno spiccia di finte sornione, magari su un palmo di terra, finché l'avversario, del tutto frastornato, viene tolto di mezzo e posto in condizione di non tentare più nemmeno il contrasto o tackle.
Gianni Brera, Sivori, 1965

Evoluire trottolando su erbe fradice è impresa molto ardua se non impossibile. Non si trova attrito sul terreno e nemmeno sulla palla, che scivola come sapone bagnato. Il dribbling insistito fino alla danza è dunque tipico dei Paesi a clima secco, dove rarissimamente piove.
Gianni Brera, Sivori, 1965

Nei Paesi del Sud America, il calcio non è mai giocato a ritmo mototonsìamente alto (per il quale occorrono anche mezzi atletici non proprio abbondanti fra i latini): il gioco di laggiù è tutto guizzi e pause palleggiate o danzate.
Gianni Brera, Sivori, 1965

L'estro toreadoristico dei sudamericani si esprime nel dribbling fin quasi esasperato. Il calcio diviene allora pase de corrida: l'avversario che si avventa al contrasto assume la parte del toro, la cui offesa, provocata ad arte, bisogna schivare con destrezza pari allo stile.
Gianni Brera, Sivori, 1965

Si nasce con la disposizione a dribblare da raffinati ma, come la danza, anche il dribbling si impara con l’applicazione. Poi, si riesce ballerini da teatro dell’Opera o comuni dilettanti come se ne vedono a migliaia di migliaia nelle sale da ballo o alle feste in famiglia.
Gianni Brera, Il più bel gioco del mondo, 2007

Il dribbling è la risorsa estrema del «goleador»: meglio sarebbe triangolare con i compagni in modo da poter saltare gli avversari senza ricorrere al dribbling, che non sempre riesce e quasi sempre ritarda l’azione.
Gianni Brera, ibidem

In centrocampo non è infrequente il dribbling ma l’ideale sarebbe evitarlo con il più semplice degli schemi, che è il triangolo, ovviamente disegnato in astratto da uomo e palla.
Gianni Brera, ibidem

Il dribbling può tornare indispensabile, per contro, all’attaccante di punta che si trova chiuso da un avversario piazzato fra lui e la porta. Senza il dribbling, l’azione non avrebbe altro sfogo possibile se non con un ozioso passaggio all’indietro: per concludere subito a rete, dunque, è necessario compiere le mosse fintate che tolgano di mezzo l’avversario e ti consentano di effettuare il tiro con l’uno o con l’altro piede.
Gianni Brera, Il più bel gioco del mondo, 2007

Avere stile significa saper giocare bene la partita, dribblando tra istinto e razionalità.
Alessandro Del Piero, Giochiamo ancora, 2012

Il dribbling è la capacità di superare con palla l'avversario e rappresenta una soluzione che. quando riesce, dà un vantaggio immediato: la palla libera e la superiorità numerica: perciò si tratta di un'azione tecnico tattica individuale che ha grande effetto ed incisività sulla tattica collettiva.
Roberto Donadoni, Il dribbling, FIGC, 2002

Il dribbling non può prescindere dalla finta, che è un'azione il cui obiettivo è di trarre in inganno l'avversario, variandone i riferimenti percettivi, di equilibrio e allungandone quindi i tempi di reazione.
Roberto Donadoni, Il dribbling, FIGC, 2002

La libertà di poter eseguire un dribbling non è un valore assoluto: essa ha dei limiti, determinati dal fatto che in caso di insuccesso non deve emergere una situazione immediatamente pericolosa per la propria squadra: quindi in generale non si deve cercare di effettuare un dribbling quando ci troviamo senza copertura alle spalle.
Roberto Donadoni, Il dribbling, FIGC, 2002

Un dribbling utile rappresenta un'espressione notevole di intelligenza calcistica, flutto dell'estro, della fantasia e dell'inventiva personale.
Roberto Donadoni, Il dribbling, FIGC, 2002

Non sono altro che un mendicante di buon calcio. Vado per il mondo col cappello in mano, e negli stadi supplico: «Una bella giocata, per l’amor di Dio».
Eduardo Galeano, Splendori e miserie del gioco del calcio, 1997

Quando il buon calcio si manifesta, rendo grazie per il miracolo e non mi importa un fico secco di quale sia il club o il paese che me lo offre.
Eduardo Galeano, ibidem

Per fortuna appare ancora sui campi di gioco, sia pure molto di rado, qualche sfacciato con la faccia sporca che esce dallo spartito e commette lo sproposito di mettere a sedere tutta la squadra avversaria, l’arbitro e il pubblico delle tribune, per il puro piacere del corpo che si lancia verso l’avventura proibita della libertà.
Eduardo Galeano, ibidem

L'idolo. La palla lo cerca, lo riconosce, ha bisogno di lui. Nel petto del suo piede lei riposa e si culla. Lui le dà lustro, la fa parlare, e, con quella chiacchierata a due, conversano milioni di muti. I signori nessuno, i condannati a essere per sempre dei nessuno possono sentirsi qualcuno per un momento, per opera e merito di quei passaggi restituiti al millimetro, di quei dribbling che disegnano zeta sul prato, di quei gran gol di tacco o in rovesciata: quando gioca lui la squadra ha dodici giocatori.
Eduardo Galeano, ibidem

I dribbling dei giocatori uruguagi disegnavano sul campo una serie di otto che si chiamavano veroniche. I giornalisti francesi volevano conoscere il segreto di quelle magie che lasciavano di sasso gli avversari. José Leandro Andrade, attraverso l’interprete, rivelò loro la formula: i giocatori si allenavano rincorrendo galline che fuggivano disegnando delle esse. I giornalisti lo credettero e lo scrissero.
Eduardo Galeano, ibidem

La veronica non era solo una birichinata permessa, era un divertimento da esigere. Oggi è proibita o comunque guardata con grande sospetto, quest’opera di oreficeria ora è considerata un esibizionismo da egoista, che tradisce lo spirito della squadra ed è perfettamente inutile davanti ai ferrei sistemi difensivi del calcio moderno.
Eduardo Galeano, Splendori e miserie del gioco del calcio, 1997

All'inizio andai a sinistra e lui fece lo stesso; poi andai a destra e lui fece come me. Poi tornai ancora a sinistra e lui andò a comprarsi un hot dog.
Zlatan Ibrahimović, intervista, 2015 [racconto di un dribbling a un difensore del Liverpool].

Il sogno di ogni giocatore (condiviso da ogni spettatore) è partire da metà campo, dribblare tutti e segnare. Se, entro i limiti consentiti, si può immaginare nel calcio una cosa sublime, è proprio questa. Ma non succede mai.
Pier Paolo Pasolini, Il calcio “è” un linguaggio con i suoi poeti e prosatori, su Il Giorno, 1971

Il discorso del dribbling è chiaro per chiunque abbia giocato a calcio a qualsiasi livello: se ne tenti spesso e spesso superi gli avversari, scegliendo il momento giusto per «dar via» la palla, allora sei un ottimo giocatore (se non un fuoriclasse); se invece ne tenti troppi e troppi ne sbagli, o (peggio ancora) t’intestardisci senza mai porgere l’assist al compagno, allora sei un «dribblomane». Un «veneziano».
Fiorenzo Radogna, su Corriere della Sera, 2017

Bisogna sempre saper leggere bene la partita, anche perché gli errori dell‘avversario sono spesso il risultato indiretto di scelte tattiche e tecniche invisibili all'occhio del profano o del tifoso, che si lascia ammaliare dal dribbling o dal gesto spettacolare del giocatore ma poi ignora completamente il movimento senza palla di chi copre benissimo gli spazi, impedendo agli avversari di giocare.
Arrigo Sacchi, Calcio totale, 2015

È certamente più spettacolare un giocatore che fa la rabona, che dribbla, che salta due avversari, gioca di tacco palle impossibili rispetto a uno che tiene unita la squadra muovendosi con intelligenza.
Arrigo Sacchi, Calcio totale, 2015

Non c'è niente di meglio di un buon dribbling per far saltare il fuorigioco. Come 100 anni fa, il dribbling è ancora oggi alla base del calcio.
Mario Sconcerti, Baggio vorrei che tu Cartesio e io... Il calcio spiegato a mia figlia, 1998

Le tattiche rigide servono nel calcio soprattutto a chi sa giocarlo meno. Non c'è tattica che porti più rapidamente in superiorità numerica di un uomo che salta in dribbling un altro uomo.
Mario Sconcerti, ibidem

Lo specialista del dribbling è un giocatore di poker che bluffa con tutto il corpo e si gioca il pallone faccia a faccia col suo avversario: chi vince se lo porta via. 
Jorge Valdano, Il sogno di Futbolandia, 2004

Le materie prime del dribbling sono la finta, la partenza, l'arresto, e poi via dove decide l'istinto e il coraggio da provarci. L'obiettivo è eliminare qualcuno: se ci riesce, si apre un orizzonte di spazi; se viene messo giù, c'è comunque un bottino di falli, rigori e ammonizioni; e se perde il pallone, deve sopportare le maledizioni e gli insulti della benedetta tifoseria.
Jorge Valdano, ibidem

Fintare vuol dire ingannare con eleganza; si dà al marcatore un'informazione sbagliata e la riuscita del gesto dipende da come e quanto lui se la beve. Il resto consiste nel mettersi d'accordo col pallone per fuggire insieme. La vittima rimane indietro col dolore dello sconfitto e l'umiliazione dell'uomo sedotto e abbandonato. Sarà per la prossima volta, bambolotto! 
Jorge Valdano, Il sogno di Futbolandia, 2004

I compagni mi chiamavano «veneziano». Non sapevo come mai nel calcio si definisce così chi in campo tiene molto la palla, ma ho sentito tante leggende. Alla fine quella che mi piace di più ricorda i bambini che provano a giocare a pallone nelle calli e nelle piazzette di Venezia, tra canali e acqua dappertutto: passare la palla è un’arte difficile, basta che sbagli di mezzo metro, oppure che il tuo amico non riesca a stoppare al volo, e addio pallone, trascinato dal prossimo vaporetto al largo verso le cupole di San Marco. Il «veneziano», dunque, tiene la palla!
Javier Zanetti, Giocare da uomo, 2013

«Forma» è stare bene nel corpo e nella testa, «forma» è quando tutto quel che sai fare ti riesce con facilità e naturalezza. Altre volte invece tenti un passaggio, un dribbling, una finta che conosci a menadito e non ti riesce: il meccanismo che collega il corpo alla mente, e che si chiama in gergo «forma», si è inceppato.
Javier Zanetti, ibidem

I tifosi non sanno quanto sia comune, tra noi giocatori, scusarsi per un fallo: non hai affatto l’intenzione di colpire, magari l’avversario ti dribbla per bravura, lo sgambetti d’istinto, ci resti male, alzi la mano: «È colpa mia».
Javier Zanetti, Giocare da uomo, 2013

Note
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