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Le più belle frasi di Rudolf Nureyev

Selezione delle frasi più belle e delle citazioni più significative di Rudolf Nureyev (Irkutsk 1938 - Parigi 1993), ballerino e coreografo russo naturalizzato austriaco. Insieme a Nižinskij e Baryšnikov, Rudolf Nureyev è considerato uno dei più grandi danzatori del XX secolo. Per la sua velocità nel danzare e la propensione verso le acrobazie fu soprannominato the flying tatar, ovvero "il tataro volante".

In appendice a questa raccolta, sono riportate alcune citazioni tratte dalla "Lettera alla danza", che si trova su internet attribuita erroneamente a Nureyev. In realtà si tratta di un brano tratto dal libro La sua danza (Dancer, 2003) dello scrittore irlandese Colum McCann, che è una biografia romanzata di Nureyev.
Chi vola alto è sempre solo. (Rudolf Nureyev)
Frasi celebri
Selezione Aforismario

Ognuno dovrebbe danzare, per tutta la vita. Non essere ballerino, ma danzare.

L’unica cosa che mi accompagna è la mia danza, la mia libertà di essere.

Ognuno vorrebbe esser il più grande, ma Dio non può accordare quest'onore a tutti.

La tecnica è ciò su cui ti ritrovi quando finisci l'ispirazione.

Chi vola alto è sempre solo.

L'amicizia, come l'amore, richiede quasi altrettanta arte di una figura di danza ben riuscita. Ci vuole molto slancio e molto controllo, molti scambi di parole e moltissimi silenzi. Soprattutto molto rispetto.

Penso che i ballerini vadano pagati non per quel che fanno, ma per la paura che provano. Probabilmente, ciò che fai non è poi così difficile: lo diventa appena sali sul palcoscenico. È, comunque, la paura che ti dà la spinta.

Uno pensa sempre d'aver dato più di quel che ha ricevuto, ma per dare bisogna aver qualcosa dentro.

Ho tante case, ma non ne ho nessuna. La casa è il luogo dove c’è qualcuno che ti aspetta. Quindi la casa per me è il teatro, dove ad attendermi c'è il mio pubblico.

Se non ballo mi sento infelicissimo.

La danza è tutta la mia vita. Esiste in me una predestinazione, uno spirito che non tutti hanno. Devo portare fino in fondo questo destino: intrapresa questa via non si può più tornare indietro. È la mia condanna, forse, ma anche la mia felicità. Se mi chiedessero quando smetterò di danzare, risponderei "quando finirò di vivere".

Sono davvero vivo quando sono sul palco.

Qualsiasi cosa accada − rivoluzione, guerra, capovolgimento di ideologie, di religioni, di tutto − io devo continuare a danzare, in ogni caso, fino all'ultimo respiro.

Lettera alla danza
Colum McCann, La sua danza (Dancer, 2003)
[attribuita erroneamente a Rudolf Nureyev]

Se si prova stanchezza e fatica ballando, e se ci si siede per lo sforzo, se compatiamo i nostri piedi sanguinanti, se rincorriamo solo la meta e non comprendiamo il pieno e unico piacere di muoverci, non comprendiamo la profonda essenza della vita, dove il significato è nel suo divenire e non nell'apparire.

Chi smette perché non ottiene risultati, chi ha sempre bisogno di stimoli per amare o vivere, non è entrato nella profondità della vita, e abbandonerà ogni qualvolta la vita non gli regalerà ciò che lui desidera.

Io imparavo a danzare e danzavo perché mi era impossibile non farlo.

Io danzavo perché era il mio credo, il mio bisogno, le mie parole che non dicevo, la mia fatica, la mia povertà, il mio pianto. Io ballavo perché solo lì il mio essere abbatteva i limiti della mia condizione sociale, della mia timidezza, della mia vergogna.

Io ballavo ed ero con l’universo tra le mani.

È la legge dell’amore: si ama perché si sente il bisogno di farlo, non per ottenere qualcosa od essere ricambiati, altrimenti si è destinati all'infelicità.

Ringrazio Dio per avermi dato un corpo per danzare cosicché io non sprecassi neanche un attimo del meraviglioso dono della vita.