Introibo di Lacerba (di Giovanni Papini e altri)
Nel 1913 viene fondata da Giovanni Papini e Ardengo Soffici una rivista letteraria (e successivamente politica) anticonformistica e con una spiccata vena polemista, intitolata: Lacerba. Il titolo si rifà scherzosamente al poema L'Acerba di un avversario di Dante: Cecco d'Ascoli, di cui, per tutto il primo anno di pubblicazione, riprende il motto "Qui non si canta al modo delle rane".
Il primo articolo del 1° gennaio 1913 con il quale viene inaugurata la rivista, il famoso Introibo a firma di: Giovanni Papini, Ardengo Soffici, Italo Tavolato e Aldo Palazzeschi, costituisce una sorta di manifesto programmatico suddiviso in 16 punti, qui riportati integralmente.
Un pensiero che non può esser detto in poche parole non merita d'esser detto. (Introibo) |
"Qui non si canta al modo delle rane".
- Le lunghe dimostrazioni razionali non convincono quasi mai quelli che non son convinti prima − per quelli che son d'accordo bastano accenni, tesi, assiomi.
- Un pensiero che non può esser detto in poche parole non merita d'esser detto.
- Chi non riconosce agli uomini di ingegno, agli inseguitori, agli artisti il pieno diritto di contraddirsi da un giorno all'altro non è degno di guardarti.
- Tutto è nulla, nel mondo, tranne il genio. Le nazioni vadano in sfacelo ma crepino di dolore i popoli se ciò è necessario perché un uomo creatore viva e vinca.
- Le religioni, le morali, le leggi hanno la sola scusa nella fiacchezza e canaglieria degli uomini e nel loro desidero di star più tranquilli e di conservare alla meglio i loro aggruppamenti. Ma c'è un piano superiore − dell'uomo solo, intelligente e spregiudicato − in cui tutto è permesso e tutto è legittimo. Che lo spirito almeno sia libero!
- Libertà. Non chiediamo altro; chiediamo soltanto la condizione elementare perché l'io spirituale possa vivere. E anche se dovessimo pagarlo coll'imbecillità saremo liberi.
- Arte: giustificazione del mondo − contrappeso nella bilancia tragica dell'esistenza. Nostra ragione di essere, di accettare tutto con gioia.
- Sappiamo troppo, comprendiamo troppo: siamo a un bivio. O ammazzarsi − o combattere, ridere e cantare. Scegliamo questa via − per ora.
- La vita è tremenda, spesso. Viva la vita!
- Ogni cosa va chiamata col suo nome. Le cose di cui non si ha il coraggio di parlare francamente dinanzi agli altri sono spesso le più importanti nella vita di tutti.
- Noi amiamo la verità fino al paradosso (incluso) − la vita fino al male (incluso) − e l'arte fino alla stranezza (inclusa).
- Di serietà e di buon senso si fa oggi un tal spreco nel mondo, che noi siamo costretti a farne una rigorosa economia. In una società di pinzoncheri anche il cinico è necessario.
- Noi siamo inclini a stimare il bozzetto più della composizione, il frammento più della statua, l'aforisma più del trattato, il genio mancato e disgraziato ai grand'uomini olimpici e perfetti venerati dai professori.
- Queste pagine non hanno affatto lo scopo né di far piacere, né d'istruire, né di risolvere con ponderanza le più gravi questioni del mondo. Sarà questo un foglio stonato, urtante, spiacevole e personale. Sarà uno sfogo per nostro beneficio e per quelli che non sono del tutto rimbecilliti dagli odierni idealismi, riformismi, umanitarismi, cristianismi e moralismi".
- Si dirà che siamo ritardatari. Osserveremo soltanto, tanto per fare, che la verità, secondo gli stessi razionalisti, non è soggetta al tempo e aggiungeremo che i Sette Savi, Socrate e Gesù sono ancora un po' più vecchi dei sofisti, di Stendhal, di Nietzsche e di altri “disertori”.
- Lasciate ogni paura, o voi ch’entrate!
Libro consigliato
Curatore G. Luti
Editore Vallecchi, 2000
L'intera collezione della celebre rivista fondata da Giovanni Papini e Ardengo Soffici e stampata dall'editore tipografo Attilio Vallecchi, oggi introvabile nelle librerie antiquarie, è ora nuovamente disponibile in una elegante e accurata riproduzione anastatica. "Lacerba" fu pubblicata a Firenze dal 1° gennaio del 1913 fino al 22 maggio del 1915. Accanto ai fondatori, Soffici e Papini, entrarono presto a far parte della redazione Aldo Palazzeschi e Italo Tavolato, seguiti da alcuni tra i principali esponenti del Futurismo: Marinetti, Boccioni, Carrà. I più famosi artisti dell'epoca, del calibro di Picasso, Cezanne, Renoir, i russi Archipenko, Larionof, per arrivare agli italiani Severini, Rosai, arricchirono i fascicoli con le splendide illustrazioni. Lacerba riuscì in breve tempo ad attirare l'attenzione di molti scrittori e artisti che prestavano gratuitamente la loro collaborazione. "Qui non si canta al modo delle rane" era lo slogan della rivista, ripreso da un verso del poeta del Trecento Cecco d'Ascoli e stampato sulla testata di ogni fascicolo che alludeva alle intenzioni militanti della rivista.
Note
Vedi anche aforismi, frasi e citazioni di: Giovanni Papini - Ardengo Soffici - Italo Tavolato
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