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Frasi e citazioni di Samuel Beckett

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Samuel Beckett (Dublino 1906 - Parigi 1989), scrittore, drammaturgo e poeta irlandese, tra le figure più rappresentative del Teatro dell'assurdo. Nel 1969 Samuel Beckett è insignito del Premio Nobel per la Letteratura "per la sua scrittura, che − nelle nuove forme per il romanzo e il dramma − nell'abbandono dell'uomo moderno acquista la sua altezza".
Le seguenti citazioni di Samuel Beckett sono tratte da lacune delle sue opere più note, tra cui: Murphy (1938), Malone Muore (1951), Molloy (1951), Aspettando Godot (1952), Finale di partita (1957).
Si nasce tutti pazzi. Alcuni lo restano. (Samuel Beckett)
Proust
Proust, 1931

L’abitudine è il ceppo che incatena il cane al suo vomito. Respirare è un’abitudine. Vivere è un’abitudine. O piuttosto, la vita è una successione di abitudini. L’abitudine è un compromesso effettuato tra l’individuo e l’ambiente che lo circonda, o tra l’individuo e le sue eccentricità organiche, la garanzia di un insensibile inviolabilità, il parafulmine della sua esistenza

L'uomo di buona memoria nulla ricorda, perché nulla dimentica.

Più pene che pane
More Pricks than Kicks - Bande et sarabande, 1934

La migliore ragione che si può dare per credere [...], è che così è più divertente. Non credere [...] è una noia.

Murphy
Murphy, 1938  

Il sole splende, non ha alternativa, niente di nuovo.  

Le donne sono straordinarie con la loro mania di far dormire gli altri nel modo in cui loro gli rifanno il letto.  

Malone Muore
Malone meur - Malone Dies, 1951

Presto, malgrado tutto, sarò del tutto morto.

Niente è più reale del niente.

Le idee si assomigliano in modo incredibile, quando si conoscono.

Conosco quelle piccole frasi che hanno l'aria di niente e che, una volta consentite, vi possono appestare tutta una lingua.

Molloy
Molloy, 1951 - Selezione Aforismario

In me ci son sempre stati due pagliacci, oltre agli altri, quello che chiede soltanto di starsene dov'è e quello che s'immagina che più lontano si stia un po' meno peggio.

Com'è difficile parlare della luna! È così scema la luna. Dev'essere proprio il culo quello che ci fa sempre vedere.

Che fine può esserci a queste solitudini in cui non ci fu mai vero chiarore, né verticalità, né solida base, ma sempre queste cose pencolanti, slittanti in un franare senza fine, sotto un cielo senza memoria di mattino né speranza di sera.

È al mattino che bisogna nascondersi. La gente si sveglia, fresca ed efficiente, assetata d'ordine, di bellezza e di giustizia, ed esige la contropartita.

Non voler dire, non sapere ciò che si vuol dire, non poter dire ciò che si crede di voler dire, e dire sempre, o quasi, ecco cosa è importante non perdere di vista, nell'ardore della stesura.

La speranza è la disposizione infernale per eccellenza, contrariamente a ciò che si è potuto credere fino ad oggi.

A forza di chiamare questa cosa la mia vita finirò per crederci. È il principio della pubblicità.

La vita, si direbbe, è fatta di recidive e anche la morte dev'essere una specie di recidiva.

Tutto ciò che si può sperare è d'essere un po' meno, alla fine, chi si era all'inizio, e in seguito.

Ce n'era uno in grado di mettersi al mio posto, di sentire quanto poco, in quel momento, ero quello che avevo l'aria di essere, e in quel poco che potenza c'era, di gomene tese da spezzarsi?

Ha un'aria da vecchio, e fa pietà vederlo andare tutto solo dopo tanti anni, tanti giorni e tante notti concessi a fondo perduto a quella voce che insorge alla nascita, e anche prima, a quell'insaziabile Come fare? Come fare?, a volte basso, un mormorio, a volte chiaro come il E da bere? del maitre, e che spesso si gonfia fino all'urlo. Per andarsene tutto solo, alla fine dei conti, o quasi, per vie ignote, al cader della notte, con un bastone.

La mia vita, la mia vita, ora ne parlo come d'una cosa finita, ora come d'una burla che dura ancora, e ho torto, perché è finita e perdura insieme, ma con quale tempo del verbo esprimerlo?

Quanto ai particolari, se ci si interessa ai particolari, non c'è da disperare, si può finire per bussare alla porta giusta, nel modo giusto. È per l'insieme che non sembra esistere una formula magica. Forse non c'è insieme, se non postumo.

Sì, è un mondo finito, malgrado le apparenze, è la sua fine che lo ha suscitato, è finendo che è cominciato, è abbastanza chiaro? E anch'io sono finito, quando ci sono, gli occhi mi si chiudono, le mie sofferenze cessano e io finisco, piegato come non possono esserlo i viventi.
Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere.
Fallisci ancora. Fallisci meglio. (Samuel Beckett)
Aspettando Godot
En attendant Godot - Waiting for Godot, 1952 - Selezione Aforismario

Si nasce tutti pazzi. Alcuni lo restano.

Ecco gli uomini! Se la prendono con la scarpa quando la colpa è del piede.

Troviamo sempre qualcosa, vero, per darci l'impressione di esistere? 

Non succede niente, nessuno viene, nessuno va, è terribile.

Non diciamo male della nostra epoca, non è più disgraziata delle altre. Non ne diciamo neanche bene. Non ne parliamo. È vero che la popolazione è aumentata...  

L'abitudine è una grande sordina.

Il nostro reale “toglierci e metterci le scarpe”, ossia la nostra vita quotidiana, non è altro che un gioco, è grottesca, futile, ed è dovuta soltanto alla speranza di passare il tempo.

La lacrime del mondo sono immutabili. Non appena qualcuno si mette a piangere, un altro, chi sa dove, smette.

Ci danno la vita a cavallo di una tomba. Il giorno splende in un istante; ed è subito notte.

Si lamenta della scarpa, quando dovrebbe lamentarsi del piede.

Estragon: "E se ci impiccassimo?".
Vladimir: "Uhm, ci darebbe un'erezione".

Estragon: "Siamo contenti. E che facciamo, ora che siamo contenti?".
Vladimiro: "Aspettiamo Godot".
Estragon: "Già, è vero".

Watt
Watt, 1953

A qualche distanza di lì, nel giorno che declinava, vide la sua panchina. Sembrava occupata. Quella panchina, proprietà indubbiamente del Comune e comunque a disposizione del pubblico in generale, non era certo sua. Ma per lui lo era.

Finale di partita
Fin de partie - Endgame, 1957

Non c'è più natura, [...] almeno nelle vicinanze.

Quel bastardo! Non esiste!

Non c'è niente di più comico dell'infelicità.

Peggio tutta
Worstward Ho, 1984

Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Fallisci ancora. Fallisci meglio.
[Ever tried. Ever failed. No matter. Try again. Fail again. Fail better].

Lettere

Niente è più grottesco del tragico.

Fonte sconosciuta
Selezione Aforismario

La donna fiuta un fallo eretto quando dista ancora dieci chilometri e si domanda: come ha fatto a vedermi?

Prima Danza. Dopo pensa. È l'ordine naturale delle cose.

Quando si è nella merda fino al collo non resta che cantare.

Rientrai a casa e mi misi a scrivere. «È mezzanotte; la pioggia batte sui vetri.» Non era mezzanotte. Non pioveva.

Tutte le arti si assomigliano – un tentativo per riempire gli spazi vuoti.

Poesie
Seguo questo corso di sabbia
My way is in the sand flowing, 1948

Seguo questo corso di sabbia che scorre / tra i ciottoli e la duna/ la pioggia d'estate piove sulla mia vita/ su me la mia vita che mi sfugge mi insegue/ e finirà il giorno del suo inizio/ caro istante ti vedo/ in questa tenda di bruma che indietreggia/ dove non dovrò più calpestare quelle lunghe soglie mobili/ e vivrò il tempo di una porta/ che si apre e si richiude.

Note
Leggi anche le citazioni degli autori irlandesi: James JoyceGeorge Bernard Shaw