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Aforismi e "voci" di Antonio Porchia

Selezione dei migliori aforismi e delle frasi più poetiche di Antonio Porchia (Conflenti 1885 - Olivos 1968), scrittore e aforista italo-argentino. Nel 1902, dopo la morte del padre, Antonio Porchia emigra dalla Calabria con la famiglia e si trasferisce in Argentina, per stabilirsi a Buenos Aires. Qui, dopo non pochi sacrifici, raggiunge una certa stabilità economica e lavorativa, che gli consente di dedicarsi ai suoi interessi culturali.

Nel 1938 Porchia pubblica alcuni suoi aforismi, che lui chiama "voci", sulla rivista La Fragua. L'apprezzamento ricevuto da amici e intellettuali, lo incoraggia alla pubblicazione dei suoi pensieri in un libro, che esce nel 1943 col titolo di Voces (Voci). 

Il libro suscita l'interesse del critico francese Roger Caillois, che lo traduce in francese nel 1949 e contribuisce a farlo conoscere anche in Europa. Negli anni successivi, l'opera di Porchia è tradotto in diverse lingue e riceve i giudizi positivi di noti critici e scrittori come André Breton: "Il pensiero più duttile di espressione spagnola è, per me, quello di Antonio Porchia"; Octavio Paz: "Una figura capitale della letteratura ispanoamericana. Capitale proprio per la sua marginalità"; Jorge Luis Borges, Roberto Juarroz, Henry Miller e altri.

Nella presentazione dell'edizione italiana di Voci, edita da Il Melangolo nel 1994, Ernesto Franco scrive: 
"Porchia è stato scambiato per un poeta, mentre è tutt'altro: senza dubbio un moralista, e soprattutto - non per i temi, il tono, la visione del mondo, ma per la logica concettuale - un dolente umorista. L'idea di linguaggio che sta sottesa a tutte le voci è quella di un umorismo intento a operare con "l'assurdità delle significazioni... il non senso delle designazioni'. Certo, l'effetto che ne deriva non è quello solito della battuta - il riso o il sorriso -, ma piuttosto quel lo dello spaesamento logico all'interno del fluire consueto del linguaggio quotidiano, lo scacco matto nel bel mezzo di una partita tranquilla: il giocatore incredulo riflette e deve ammettere che ciò che sta sotto i suoi occhi è possibile".
Qui di seguito sono riportate le più significative di queste "voci", che hanno la particolarità di far risuonare la loro eco nell'animo del lettore anche molto tempo dopo averle lette.

Foto di Antonio Porchia
Si vive con la speranza di arrivare a essere un ricordo. (Antonio Porchia)

Voci
Voces, 1943 - Selezione Aforismario

 A volte, di notte, accendo una luce, per non vedere.

Alcune cose diventano tanto nostre che le dimentichiamo.

Chi fa un paradiso del suo pane, della sua fame fa un inferno.

Chi mi tiene sospeso a un filo non è forte; forte è il filo.

Ci sono dolori che hanno perduto la memoria e non ricordano perché sono dolori.

Ci sono sogni che hanno bisogno di riposo.

Ciò che c'è fuori di me è una imitazione mal fatta di ciò che c'è dentro di me.

Credo che i mali dell'anima siano l'anima. Perché l'anima che si guarisce dai propri mali, muore.

Diranno che sei su una strada sbagliata, se sei sulla tua strada.

Ferire il cuore è crearlo.

Hanno pietà delle vittime, le vittime.

Il mio gran giorno venne e se ne andò, non so come. Perché non passò per l'alba venendo né per il crepuscolo andandosene.

Il ricordo è un poco di eternità.
[El recuerdo es un poco de eternidad].

Il sole illumina la notte, non la converte in luce.

Il timore della separazione è tutto ciò che unisce.

L'albero è solo, la nube è sola. Tutto è solo quando io sono solo.

L'umanità non sa ormai dove andare, perché nessuno la aspetta: neppure Dio.

L'uomo giudica tutto dal minuto presente, senza comprendere che giudica solo un minuto: il minuto presente.

L'uomo non va da nessuna parte. Tutto viene all'uomo, come il domani.

L'uomo vorrebbe essere un dio, senza la croce.

La mia voce mi dice: "Così è tutto". E l'eco della mia voce mi dice: "Così sei tu"

La perdita di una cosa ci tormenta finché non la perdiamo tutta.

Le catene che più ci incatenano sono le catene che abbiamo rotto.

Maggior pianto che piangere è veder piangere.

Mi si apre una porta, entro e mi ritrovo con cento porte chiuse.

Nessuna sorte è migliore. Perché non esiste nessuna sorte che non vorrebbe essere migliore.

Non hai nulla e mi daresti un mondo. Ti devo un mondo.

Non mi parlare. Voglio stare con te.

Nulla non è solo nulla. È anche il nostro carcere.

Ogni cosa esiste grazie al vuoto che la circonda.

Parole che mi dissero in altri tempi, le sento oggi.

Perché credi di avermi capito hai smesso di capirmi.

Poiché mi preparo solo per ciò che dovrebbe accadermi, non mi trovo preparato per ciò che mi accade. Mai.

Prima di percorrere la mia strada io ero la mia strada.

Può esserci un deserto dove c'è luce; dove c'è notte, no.

Quando mi sembra che tutto sia senza di me, quanto straordinario mi sembra tutto!

Quando non sono fra le nuvole, sono come perduto.

Quanto ho perduto lo trovo a ogni passo e mi ricorda che l'ho perduto.

Quanto meno uno crede essere, più sopporta. E se crede di essere nulla, sopporta tutto.

Se non alzi gli occhi, crederai di essere nel punto più alto.

Sei quanto hanno bisogno di te, non quanto sei.

Si vive con la speranza di arrivare ad essere un ricordo.
[Se vive con la esperanza de llegar a ser un recuerdo].

Situato su qualche lontana nebulosa faccio ciò che faccio, affinché l'universale equilibrio di cui sono parte non perda l'equilibrio.

Solo alcuni arrivano a nulla, perché il percorso è lungo.

Sono arrivato a un passo da tutto. E qui me ne rimango, lontano da tutto, di un passo.

Temere non umilia tanto come essere temuto.

Trattami come devi trattarmi, non come merito di essere trattato.

Tutti i miei pensieri sono uno solo. Perché non ho mai smesso di pensare.

Tutto è nulla, ma dopo. Dopo aver sofferto tutto.

Un cuore grande si riempie con molto poco.

Uomini e cose, salgono, scendono, si allontanano, si avvicinano. Tutto è una commedia di distanze.

Libro di Antonio Porchia consigliato
Libro di Antonio Porchia
Voci
Autore: Antonio Porchia
Traduzione: Ernesto Franco
Editore: Il Melangolo, 1994

"Il pensiero più duttile di espressione spagnola - ha scritto André Breton - è, per me, quello di Antonio Porchia". E duttile, acrobatico e leggero deve essere anche il lettore di questo libretto, opera di "una figura capitale della letteratura ispanoamericana. Capitale proprio per la sua marginalità", come ha detto Octavio Paz. Forse poeta, senza dubbio moralista, ma soprattutto dolente umorista, Antonio Porchia disegna nelle sue Voci microcosmi linguistici che valgono quanto una storia o una confessione, ma hanno la velocità di una battuta. Il senso e il non senso della nostra idea di vita e di realtà vi si incontrano per un istante e provocano nel lettore una misurata certezza nell'esistenza dell'assurdo.

Note
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