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Frasi e citazioni di Georges Perec

Selezione di frasi e citazioni di Georges Perec (Parigi, 1936 - Ivry-sur-Seine, 1982), scrittore francese. Ha detto di sé Georges Perec: "La scrittura mi protegge. Vado avanti facendomi scudo delle mie parole, delle mie frasi, dei miei paragrafi abilmente concatenati, dei miei capitoli astutamente programmati. Non manco d'ingegnosità".
Foto di Georges Perec
La vita è una donna sdraiata, con seni accostati e rigonfi, con una gran pancia liscia e molle
tra i fianchi sporgenti, con braccia sottili, cosce piene e occhi socchiusi, che nella sua
provocazione splendida e beffarda esige il nostro più fervido ardore. (Georges Perec)

Le cose
Les Choses, 1965

Avrebbero voluto che la loro storia fosse la storia della felicità; troppo spesso era solo quella di una felicità minacciata.

Volevano battersi e vincere. Volevano lottare, conquistare la felicità. Ma come lottare? Contro chi? Contro che cosa? Vivevano in un mondo strano e cangiante, l’universo variopinto della civiltà mercantile, le prigioni dell’abbondanza, gli affascinanti tranelli della felicità.

La loro vita era come una troppo lunga abitudine, come una noia quasi serena: una vita senza niente.

Nel loro ambiente, era quasi una regola desiderare sempre piú di quanto si potesse acquistare. Non erano stati loro a deciderlo: era una legge della civiltà, un dato di fatto del quale la pubblicità in generale, le riviste, l’arte delle vetrine, lo spettacolo della strada, e perfino, sotto un certo aspetto, il complesso della produzione comunemente denominata culturale, erano le espressioni piú conformi.

Uno studente anziano è qualcosa di sinistro; un fallito, un mediocre è piú sinistro ancora.

Erano stanchi. Erano invecchiati, sí. Avevano l’impressione, a volte, di non avere ancora cominciato a vivere. Ma sempre piú la loro vita gli pareva fragile, effimera, e si sentivano senza forze, come se l’attesa, l’imbarazzo, le ristrettezze li avessero logorati, come se tutto fosse stato naturale: i desideri insoddisfatti, le gioie imperfette, il tempo perso.

Specie di spazi
Espèces d'espaces, 1974

Gli spazi si sono moltiplicati, spezzettati, diversificati. Ce ne sono oggi di ogni misura e di ogni specie, per ogni uso e per ogni funzione. Vivere, è passare da uno spazio all’altro, cercando il più possibile di non farsi troppo male.

Lo spazio è un dubbio: devo continuamente individuarlo, designarlo. Non è mai mio, mai mi viene dato, devo conquistarlo.

Quando niente arresta il nostro sguardo, il nostro sguardo va molto lontano. Ma, se non incontra niente, non vede niente; non vede che quel che incontra: lo spazio è ciò che arresta lo sguardo, ciò su cui inciampa la vista: l’ostacolo: dei mattoni, un angolo, un punto di fuga: lo spazio, è quando c’ è un angolo, quanto c’è un arresto, quando bisogna girare perché si ricominci.

Come pensare il nulla? Come pensare il nulla senza mettere automaticamente qualcosa intorno a questo nulla, senza farne un buco nel quale ci si affretta a mettere qualcosa, una pratica, una funzione, un destino, uno sguardo, un bisogno, una mancanza, un sovrappiù…?

Come la sabbia scorre tra le dita, così fonde lo spazio. Il tempo lo porta via con sé e non me ne lascia che brandelli informi.

Vorrei che esistessero luoghi stabili, immobili, intangibili, mai toccati e quasi intoccabili, immutabili, radicati; luoghi che sarebbero punti di riferimento e di partenza.

Scrivere: cercare meticolosamente di trattenere qualcosa, di far sopravvivere qualcosa: strappare qualche briciola precisa al vuoto che si scava, lasciare, da qualche parte, un solco, una traccia, un marchio o qualche segno.

Pochi sono gli avvenimenti che non lasciano almeno una traccia scritta. Quasi tutto, una volta o l’altra, passa per un foglio di carta, una pagina di taccuino, un foglietto d’agenda o un qualunque altro supporto di fortuna.

Lo spazio sembra essere, o più addomesticato, o più inoffensivo del tempo: s’incontrano dappertutto persone con un orologio, e solo molto di rado persone con una bussola. 

Anche quando si utilizza il letto nel senso più comune, è quasi sempre segno di catastrofe il dovervi dormire in parecchi: il letto è uno strumento concepito per il riposo notturno di una o due persone, ma non di più.

Il letto è lo spazio individuale per eccellenza, lo spazio elementare del corpo (il letto-monade), quello che perfino l’uomo più oberato di debiti ha il diritto di salvare: gli ufficiali giudiziari non hanno il potere di pignorare il vostro letto.

Mi piace il mio letto. Mi piace restare steso sul mio letto e guardare placidamente il soffitto.

W o il ricordo d'infanzia
W ou le souvenir d'enfance, 1975

L’infanzia non è nostalgia, e neanche terrore o paradiso perduto o Vello d’oro, al contrario, è forse orizzonte, punto di partenza, coordinate a partire dalle quali gli assi della mia vita troveranno un orientamento.

Non so se non ho niente da dire, so che non dico niente; non so se quello che avrei da dire non venga detto perché è l’indicibile (l’indicibile non si annida nella scrittura, al contrario, è ciò che ne ha innescato il processo); so che quanto dico è bianco, neutro, è il segno definitivo di un definitivo annientamento.

Non scrivo per dire che non dirò niente, non scrivo per dire che non ho niente da dire.

Io leggo poco, ma rileggo di continuo.

Rileggo i libri che amo e amo i libri che rileggo, e ogni volta con lo stesso godimento, che rilegga venti pagine, tre capitoli o il libro intero: il godimento che deriva da una complicità, da una connivenza o, piú ancora, ancora oltre, da una parentela finalmente ritrovata.

La vita, istruzioni per l'uso
La Vie mode d'emploi, 1978,

La vita è una donna sdraiata, con seni accostati e rigonfi, con una gran pancia liscia e molle fra i fianchi sporgenti, con braccia sottili, cosce piene e occhi socchiusi, che nella sua provocazione splendida e beffarda esige il nostro più fervido ardore.
[La vie [...] est une femme étendue, avec des seins rapprochés et gonflés, avec un grand ventre lisse et mou entre les hanches saillantes, avec des bras minces, des cuisses rebondies et des yeux mi-clos, qui dans sa provocation magnifique et moqueuse exige notre ferveur la plus haute].

Risparmiami: il tuo amore mi dà le vertigini! Dobbiamo proprio convincerci che non possiamo vivere insieme però. Dobbiamo rassegnarci a un'esistenza più piatta e sbiadita. 

Vorrei che riuscissi a fartene un'abitudine, che la mia immagine invece di bruciarti ti riscaldasse, che ti consolasse invece di disperarti. È necessario. Non possiamo trovarci sempre in questa convulsione dell'anima i cui abbattimenti poi sono la morte.

La conoscenza del tutto e delle sue leggi, dell'insieme e della sua struttura, non è deducibile dalla conoscenza delle singole parti che lo compongono.

Niente serve a niente, comunque tutto accade.
[Rien ne sert de rien, cependant tout arrive].

Mi ricordo
Je me souviens, 1978

Mi ricordo che, all'indomani della morte di Gide, Mauriac ricevette questo telegramma: "Inferno non esiste. Impazza pure. Stop. Gide."

Pensare/classificare
Penser/Classer, 1985

C'è qualcosa di esilarante e di terrificante allo stesso tempo nell'idea che niente al mondo sia abbastanza unico da non rientrare in un elenco.
[Il y a dans l'idée que rien au monde n'est assez unique pour ne pas pouvoir entrer dans une liste, quelque chose d'exaltant et de terrifiant à la fois].

Note
Leggi anche le citazioni degli scrittori francesi: Raymond QueneauGeorge Steiner - Roland Topor